La cultura della legalità si coltiva ogni giorno, nei campi e nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nelle piazze. E anche in occasioni ludiche come il celebre Carnevale di Ivrea. Questa è la convinzione della Fondazione Benvenuti in Italia, di Libera Piemonte, del Comune di Ivrea, della Fondazione dello Storico Carnevale, dell’Associazione degli Aranceri e della Prefettura di Torino che, insieme, hanno dato vita a un vero e proprio progetto denominato “Protocollo Arance Frigie” che racconta la storia degli agrumi protagonisti della tradizionale manifestazione carnevalesca.
[elementor-template id='142071']Protocollo Arance Frigie: la trasparenza come valore
Queste arance devono il loro nome al copricapo, il berretto frigio, simbolo di libertà e rivoluzione. Sono, quindi, libere per definizione: dallo sfruttamento e dalle mafie. Ecco perché era necessario trovare una modalità per certificare questa caratteristica. L’obiettivo del Protocollo Arance Frigie, siglato nel 2015, è quello di rendere trasparente l’intero processo che coinvolge gli agrumi impiegati durante la battaglia del carnevale di Ivrea. I dati relativi alla produzione, alla raccolta, al trasporto e alla commercializzazione delle arance dev’essere garantito e accessibile, nell’ottica di impiegare solo ed esclusivamente frutti “puliti”, prodotti senza che vi sia l’ombra del caporalato sulla manifestazione.
In occasione della firma del protocollo, le organizzazioni promotrici hanno sottolineato come “il Carnevale di Ivrea con la sua celeberrima battaglia delle arance rappresenta un’occasione straordinaria e concreta per confermare scelte di legalità e trasformarle in un messaggio pubblico, che stimoli una sempre maggiore presa di coscienza dell’importanza di generare un’economia rispettosa della persona e libera dalle mafie.” E proprio coerentemente con questo spirito il Protocollo Arance Frigie si è evoluto, trasformandosi in un vero e proprio progetto di sensibilizzazione e racconto del fenomeno del caporalato anche lontano dalle Regioni dove si ritiene, talvolta a torto come abbiamo visto parlando del fenomeno nel Nord Italia, essere più a rischio.
Come funziona il “Protocollo Arance Frigie”?
Dal punto di vista pratico, si richiede a tutti i produttori che riforniscono l’organizzazione del Carnevale di Ivrea di presentare una autocertificazione nella quale inserire i dati utili per ricostruire la strada percorsa dagli agrumi fino in Piemonte. Una volta raccolti i documenti, è il Comune di Ivrea che ha l’impegno di trasmettere alle fondazioni e associazioni promotrici del Protocollo tutte le informazioni per poter monitorare l’effettivo rispetto di quanto richiesto. Nel caso in cui vengano riscontrate delle irregolarità, esiste la possibilità di far riferimento alle istituzioni competenti che possono, a loro volta, rivolgersi ad altri produttori o trasportatori in grado di offrire le garanzie di trasparenza richieste.
In particolare, viene richiesto alle aziende (attualmente due) di presentare, circa quattro mesi prima del Carnevale i seguenti documenti:
- il Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC), che testimonia regolarità contributiva nei confronti di INPS e INAIL.
- una autocertificazione antimafia in cui il produttore conferma la propria estraneità da fatti illeciti, processi e altri elementi che ne possono minare credibilità e condotta legale.
- la visura camerale, un documento che riassume le principali informazioni economiche ed amministrative relative all’impresa, comprese cariche, natura giuridica e data di costituzione.
- il bilancio degli ultimi tre anni.
Tutti elementi che contribuiscono a una valutazione dell’effettiva trasparenza del viaggio delle arance frigie dalla Sicilia e dalla Calabria fino al Piemonte.
Il Protocollo si fa carovana
Tra le iniziative che arricchiscono il Protocollo Arance Frigie anche durante il resto dell’anno, ci sono molti appuntamenti che mettono al centro l’esigenza di legalità nell’intera filiera agroalimentare. Il Protocollo, in particolare, si fa carovana e, dal Piemonte, affronta un viaggio fino alla Calabria per percorrere a ritroso il percorso delle arance e andare a visitare e vedere direttamente quali sono i passaggi chiave della filiera. A questo tipo di viaggio di oltre 3.000 km hanno preso parte 17 giovani che hanno incontrato esperti, come il sociologo Marco Omizzolo, ma anche braccianti e produttori provenienti da tutte le parti del mondo. Il tutto attraverso territori differenti, da Rosarno dove opera Medici per i Diritti Umani, fino all’Agro Pontino dove le condizioni di vita e di lavoro dei migranti Sikh sono state denunciate dal premiato documentario “The Harvest” di Paco Mariani.
E dopo la battaglia? Le soluzioni antispreco
Se gli organizzatori del Carnevale di Ivrea si sono, negli anni, adoperati per allestire un progetto come quello del Protocollo delle Arance Frigie al fine di garantire uno svolgimento etico e trasparente della manifestazione, non sorprende che anche la gestione degli avanzi non sia lasciata al caso. Sono state molte, in passato, le polemiche legate allo spreco degli oltre 600 quintali di arance che vengono impiegati durante la battaglia, tuttavia il Comune della cittadina piemontese ha preso in carico anche questo aspetto. In primo luogo, è utile sottolineare che le arance frigie del carnevale di Ivrea sono esclusivamente arance non destinate al commercio: la loro destinazione finale sarebbe il macero e non il banco frutta di un mercato, né le aziende che producono spremute e succhi di frutta.
Non soltanto. A conclusione di ciascuna delle tre giornate di festa, le strade vengono pulite e i resti delle arance raccolti: i rifiuti vengono poi trasportati e scaricati nella vasca di raccolta apposita della Società Canavesana Servizi di San Bernardo da dove partono, successivamente, alla volta del centro di compostaggio di Pinerolo. Il risultato finale è che tutti gli “scarti” vengono, a conclusione di un processo di riciclo, trasformati in fertilizzante agricolo.
Un’iniziativa a tutto tondo per promuovere la cultura della legalità, della trasparenza e dell’antimafia che testimonia come, anche in manifestazioni distanti geograficamente e spiritualmente dai campi dove si coltivano le arance in Italia, si può fare molto. Siete a conoscenza di altri protocolli e progetti simili?