La protesta dei trattori scuote l’Italia (e l’Europa) e non intende fermarsi: dalla Toscana all’Abruzzo, dalla Lombardia alla Campania, dal Veneto al Lazio, dal Piemonte alla Sardegna, dalle Marche all’Emilia fino ad arrivare al Salento. La protesta del mondo agricolo italiano continua con presidi e cortei di trattori che percorrono le strade di tutta la penisola, animando la loro “avanzata” con blocchi, striscioni e azioni dimostrative, come regalare il proprio raccolto agli automobilisti in transito con pit stop al casello autostradale. Un episodio registrato nei giorni scorsi nel casertano.
A causa del rincaro generale dei costi, gli agricoltori hanno così riposto i loro attrezzi e alzato la voce, protestando contro misure pensate per rendere maggiormente sostenibile il settore agroalimentare. Mossi all’unisono da un unico scopo: farsi ascoltare dal governo e avere risposte concrete per permettere al settore agricolo di tornare a occupare un ruolo centrale nell’economia del Paese. Ma cerchiamo di fare chiarezza sulla situazione.
Protesta dei trattori, perché gli agricoltori scendono in piazza?
“Difenderemo e coltiveremo i nostri terreni per le generazioni future. W il Made in Italy!”. E ancora: “Non rovinate il lavoro più bello del mondo”. Sono solo alcune delle frasi che si leggono sui cartelli dei manifestanti ai cortei nelle strade di tutta Italia. Gli agricoltori criticano le politiche agricole europee, considerate eccessivamente ambientaliste e poco attente alle necessità dei lavoratori, sono contrari ai cosiddetti “cibi sintetici”, manifestano contro la carne coltivata e la farina di grilli, e vorrebbero pagamenti più semplici per la PAC (politica agricola comune). Al governo italiano invece propongono di mantenere alcune agevolazioni fiscali precedentemente tolte, a partire dall’Irpef sui redditi agricoli, l’esonero contributivo per gli agricoltori e quello per gli under 40, il credito d’imposta per l’acquisto di gasolio, il rifinanziamento del fondo ”Più impresa” per le difficoltà che si trovano a fronteggiare a causa dell’aumento dei costi di produzione.
Ecco il loro programma presentato in 10 punti:
- Riprogrammare il Green Deal, ovvero una “revisione completa della politica agricola europea” in quanto ritenuta un’iniziativa di estremismo ambientalista e a discapito della produzione agricola e dei consumatori.
- Vietare l’importazione di prodotti agricoli provenienti da Paesi dove non sono in vigore gli stessi regolamenti produttivi e sanitari del nostro e “garantire la libertà di impresa, anche varando leggi che combattano il dumping economico per i prodotti agricoli e alimentari”, ovvero una forma di concorrenza sleale nella quale i prodotti vengono venduti a un prezzo che non rispecchia in modo accurato il costo di produzione.
- Istituire “un tavolo tecnico di soli veri agricoltori che siano coinvolti ogni qualvolta si vari o si ritocchi una normativa che riguardi direttamente o indirettamente il settore agricolo e alimentare”.
- Abolire vincoli e incentivi per non coltivare i terreni ed eliminare “l’obbligo di non coltivare il 4% dei terreni e ogni forma di contributo volta a disincentivare la coltivazione”.
- Prevedere una “detassazione in agricoltura” che permetta di “mantenere un regime fiscale adeguato per il mondo agricolo, viste le criticità economiche causate dall’aumento esponenziale dei costi di produzione e della flessione dei mercati dei prodotti agricoli”.
- Calmierare i costi del gasolio agricolo.
- Mettere in atto “regolamenti stringenti che contrastino l’ingresso nel mercato di cibi sintetici”.
- “Ridurre o addirittura togliere l’Iva su alcuni prodotti alimentari primari”.
- “Garantire un contenimento della fauna selvatica e rispondere direttamente e in tempi brevi dei danni diretti e indiretti da essa provocati”.
- Riqualificare la figura dell’agricoltore e allevatore, a partire dalle scuole, “valorizzandola e non additandola come responsabile dell’inquinamento ambientale”.
All’ultimo punto, inoltre, viene ricordato anche quanto l’agricoltore sia una figura fondamentale per le società poiché tutore dell’ambiente e produttore di cibo e di vita.
Protesta dei trattori: il ruolo dell’Europa
La protesta dei trattori inizia a dare i primi frutti se l’Europa dichiara già un dietrofront su alcuni dei punti contestati. “I nostri agricoltori meritano di essere ascoltati”, ha detto la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, alla plenaria del Parlamento riunita a Strasburgo martedì 6 febbraio, annunciando che intende ritirare la proposta di regolamento che mira a dimezzare l’uso dei pesticidi entro il 2030 ed eliminare quelli più pericolosi. I pesticidi sono un’ampia categoria di prodotti fitosanitari che si usa principalmente per mantenere in buona salute le colture e impedire che siano attaccate da malattie e infestazioni. Il loro utilizzo, tuttavia, è legato all’inquinamento delle falde acquifere, alla riduzione della fertilità del suolo, alla diminuzione degli insetti impollinatori, all’ostacolo alla crescita e alla riproduzione naturale delle piante, oltre a potenziali rischi per la salute umana, per cui il tema è molto importante e attuale.
Quello legato ai pesticidi non è l’unico risultato che hanno ottenuto gli agricoltori facendo sentire la propria voce. La Commissione, annunciando i nuovi obiettivi climatici UE al 2040, che prevedono un taglio del 90% delle emissioni rispetto al 1990, ha evitato di indicare i target per l’agricoltura che invece erano presenti in una bozza iniziale, e che parlavano di una riduzione del 30% rispetto al 2015. Ma non si tratta ancora di un testo legislativo. Per quanto riguarda i pesticidi, invece, Von der Leyen ha specificato che la Commissione potrebbe presentare una nuova proposta molto più matura, con il coinvolgimento delle parti interessate.
[elementor-template id='142071']Le proteste negli altri Paesi
Per alcuni Paesi europei le proteste non sono una novità. Nei Paesi Bassi, già nel 2019 si erano diffuse manifestazioni a causa delle richieste del governo di dimezzare la produzione di bestiame per ridurre le emissioni di ossido di azoto. A Bruxelles, in Belgio, gli agricoltori spesso lanciano latte contro i muri o bloccano le strade con il loro bestiame. L’ultimo episodio di protesta nella capitale belga è avvenuto pochi giorni fa quando il traffico è stato interrotto da agricoltori arrabbiati. Anche in Romania, Polonia e Ungheria gli agricoltori hanno dato il via a mobilitazioni, spaventati dalle importazioni a basso costo provenienti dall’Ucraina.
In Germania, le proteste si sono diffuse già a partire da dicembre con un carattere principalmente nazionale: gli agricoltori sono arrabbiati per la graduale eliminazione delle agevolazioni fiscali sul gasolio agricolo nel tentativo di pareggiare il bilancio 2024, una mossa che, a loro avviso, li porterebbe alla bancarotta. A inizio anno, Berlino si è quasi fermata quando uno dei suoi viali centrali è stato bloccato da camion e trattori.
Poi è stata la volta della Francia, quando gli agricoltori francesi hanno occupato con i loro trattori lunghi tratti di autostrada verso Parigi, con l’obiettivo di bloccare l’accesso alla capitale. Il motivo? Sostengono di non essere pagati abbastanza e di dover rispettare un’eccessiva regolamentazione in materia di protezione ambientale. E condividono alcune delle loro preoccupazioni con i produttori del resto d’Europa, come l’aumento del costo del gasolio agricolo, i ritardi nel pagamento dei sussidi UE, la concorrenza delle importazioni più economiche e le norme ambientali. Altre sono invece di carattere nazionale, come l’aumento della burocrazia.
Si sono registrati disagi anche in tutta la Spagna. Da nord a sud della penisola continuano i blocchi stradali. Colonne di trattori impediscono la circolazione sulla principale autostrada che collega Barcellona a Madrid, e marciano diretti verso il Parlamento catalano. Gli agricoltori spagnoli rivendicano una flessibilità della normativa ambientale europea, accordi commerciali più giusti con Paesi terzi all’UE e aiuti per la crisi provocata dalla siccità.
La risposta dell’Italia alle proteste
“L’annuncio della Commissione europea del ritiro della proposta legislativa sui pesticidi è una vittoria anche italiana – ha dichiarato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni – Il governo italiano sta lavorando in Europa, con grande concretezza e buon senso, per tracciare una strada diversa da quella percorsa finora e coniugare produzione agricola, rispetto del lavoro e sostenibilità ambientale. Proseguiremo in questa direzione”. Nel frattempo, in questi giorni il Governo ha deciso di non far pagare l’Irpef agli agricoltori, anche se con alcune limitazioni (ricordiamo che l’abolizione è uno dei principali motivi della protesta, presentata nel programma dei 10 punti).
Intanto, il dietrofront dell’Europa sui pesticidi non frena la marcia dei trattori in Italia (e in Europa) che continuano la battaglia per rivendicare i loro diritti e proteggere il proprio futuro. Una protesta che è riecheggiata anche sul palco del Festival di Sanremo 2024.
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