Giornale del cibo

Lunigiana, 20 eccellenze di nicchia che raccontano il territorio

Vi avevamo già parlato di tre agriturismi dove assaggiare le specialità della Lunigiana, come testaroli, panigacci, focaccette; o ancora, pattone, torte d’erbi, chiodo. Ma non vi avevamo ancora raccontato di alcuni prodotti molto particolari che contribuiscono a rendere ancora più unico questo territorio. Infatti, è proprio in terre di passaggio e di confine come queste, che scambi e incontri si fanno più vivaci e interessanti, dando vita a culture alimentari incredibilmente ricche, preziose testimoni di biodiversità. Scopriamo, dunque, quali sono i prodotti tipici della Lunigiana da provare almeno una volta nella vita.

Prodotti tipici della Lunigiana: 20 specialità da (ri)scoprire

La Lunigiana è solo in apparenza una terra accessibile: infatti, nessun luogo sembra più immediato, visto che vi scorre in mezzo proprio l’autostrada, con uscite quali Pontremoli o Aulla. Eppure, la sua magia si svela solo a chi, armato di tempo e curiosità, si da la pena di lasciare l’asfalto e inoltrarsi qualche chilometro per le strade secondarie, quelle di breccia e terra battuta che portano in luoghi come il Passo del Lagastrello, o i castagni di Camporaghena; o verso Zeri con i suoi agnelli e le sue patate; oppure intorno a Bagnone, alla scoperta della cipolla di Treschietto; o ancora a Fivizzano, tra i boschi in direzione del Passo del Cerreto, dove si produce l’elisir di lunga vita. Vi siete incuriositi? Iniziamo!  

Testaroli

testaroli lunigiana

I testaroli al pesto sono un piatto contadino da provare assolutamente in loco. Ma per chi volesse portarsi via con sè un po’ di Lunigiana, è possibile anche acquistarlo lo trovate fresco nelle panetterie o confezionato al supermercato, nella forma classica di un grande cerchio, da tagliare poi a casa in losanghe da circa 5 cm di larghezza e preparare con il condimento che più gradite. Infatti, oggi i testaroli sono un prodotto Presidio Slow Food: fatti semplicemente di acqua, sale e farina, mescolati in una pastella fluida cotta poi a legna per alcuni minuti, fino a formare una specie di crespella spessa, in contenitori in ghisa chiamati “testi”, da cui il nome.

Miele della Lunigiana DOP

Il miele lunigianese è stato il primo miele italiano ad ottenere il marchio DOP dall’Unione Europea. Ma chi conosce questo territorio non si stupisce, poiché sa bene che i prati e i boschi vergini, immensi e incontaminati della Lunigiana sono l’habitat ideale per lo sviluppo dell’apicoltura. L’area di produzione comprende i 14 comuni della Comunità Montana della Lunigiana, dove è stata tracciata anche la prima “Strada del Miele”: un percorso con tanto di segnaletica per visitare le aziende apistiche, assistere ai metodi di lavorazione, degustare il prodotto in ristoranti, trattorie e agriturismi. E magari anche pernottare, certi che la prima colazione sarà accompagnata dai migliori mieli del territorio. I due che hanno ottenuto il riconoscimento sono quello di castagno e quello di acacia.

Mela rotella della Lunigiana

Stava per scomparire, finché la Comunità Montana della Lunigiana non ha iniziato a farsi promotrice della sua riproduzione. Rotonda e leggermente schiacciata, la mela rotella si riconosce dal colore giallo con striature rosse. Ha un sapore molto dolce, lievemente acidulo, con una polpa bianca e consistente. Più che da sola, è da provare in accompagnamento ad alcuni piatti di cacciagione (essendo la Lunigiana una zona di caccia), come ad esempio con le carni di cinghiale: una squisitezza!

China Clementi

Nella farmacia di Fivizzano si produce e si vende ancora come nel 1883 un tonico digestivo e di piacere, la China della famiglia Clementi. Fu Giuseppe Clementi, da esperto botanico qual era, a creare un “elisir di lunga vita” partendo da un insieme di erbe officinali e da pregiate varietà di China tropicale, all’epoca considerate solo come antidoto alla malaria. Nel corso degli anni, tutti i Clementi hanno tramandato gelosamente e segretamente la sua ricetta, non modificando mai di una virgola la composizione originaria: la China Clementi invecchia in botte per due anni, ha sempre lo stesso colore che ricorda gli aranci e l’ambra, è tonica e digestiva, con un sapore deciso e intenso. La corteccia viene tritata molto finemente e messa in una soluzione idroalcolica, ma non ci è dato saperne di più, se non che l’ingrediente principale, da secoli, è la selezione attenta della materia prima.

Tutte le operazioni di alchimia si svolgono ancora oggi nel laboratorio vicino, per un risultato particolarmente salutare: la China, infatti, ha effetti benefici e proprietà curative che fanno benissimo in particolare al cuore e, in generale, al sistema nervoso; motivi per cui già nel 1911 le virtù della China furono premiate a Roma con la medaglia d’oro durante l’esposizione internazionale. Ma ad apprezzarla è stato anche un altro grande personaggio della nostra storia: Indro Montanelli, che se la faceva mandare a casa a casse, tanto che sull’etichetta di ogni bottiglia sono riportate le sue parole di lode al prodotto. Perché la China è un prodotto storico e prezioso, unico e insostituibile.

I sedani di Fivizzano

Pare che un tempo Fivizzano fosse nota nei dintorni per i suoi sedani, i sedani di Fivizzano appunto. Si vendevano sulla strada che porta al passo del Cerreto, ma oggi non ve n’è più alcuna traccia. Qualcuno ne sa qualcosa?

Farina di Castagne DOP

In Lunigiana, il castagno è talmente importante che viene chiamato l’”albero del pane”. Questi alberi, infatti, presenti su due terzi del territorio, hanno condizionato fortemente l’economia locale, garantendo la sopravvivenza di molte generazioni. Per le comunità lunigianesi, infatti, la raccolta delle castagne, è ancora un momento corale molto sentito, come ci ha raccontato Barbara Maffei, tra le produttrici di maggior successo, nell’ambito dell’imprenditoria femminile a livello regionale.

Una volta raccolte a mano, le castagne vengono essiccate nei gradili, ovvero le strutture tradizionali in pietra con graticcio di legno, alimentate costantemente a fuoco lento con legna di castagno per almeno 25 giorni. In seguito, vengono pulite dalla loro buccia esterna con macchine a battitori, ripassate a mano per eliminare le parti impure e macinate entro il 30 gennaio nei tradizionali mulini a macine di pietra. Questo metodo tradizionale di produzione rende la Farina di Castagne della Lunigiana DOP un prodotto unico, di altissima e indiscutibile qualità.

Marocca di Casola

Come abbiamo appena visto, la coltivazione del frumento in Lunigiana è sempre stata limitata, soprattutto nelle aree montane dove l’unica farina disponibile era quella di castagne anche per la preparazione del pane. La Marocca di Casola, infatti, è proprioun pane che si ottiene impastando farina di castagne setacciata fine, con farina di grano e patate lesse schiacciate. Poi si aggiungono olio extravergine, lievito sciolto nel latte, un pezzetto di pasta madre e acqua. Dopo almeno 1 ora di cottura nel forno a legna, ad una temperatura inferiore rispetto a quella del pane, le pagnottelle marrone scuro, dall’intenso profumo di castagne e gradevolmente dolci, sono pronte per il consumo. La Marocca di Casola, oggi Presidio Slow Food, viene prodotta tutto l’anno, grazie alla buona conservabilità della farina di castagne, anche se d’autunno ha il suo picco di produzione. Altri pani particolari della zona sono quello di Regnano, con le patate; quello di Vinca, con la crusca; e infine quello di Po, Agnino e Signano sempre con crusca e farina di grano tenero.

Agnello di Zeri

L’agnello di Zeri nasce dalla pecora zerasca, una razza ovina autoctona della Lunigiana. Questa pecora, molto rustica, viene allevata quasi tutto l’anno al pascolo e produce un latte ricco di proteine, di cui si nutre appunto il suo agnello. La zerasca è stata favorita nel tempo dall’isolamento geografico di questa area lunigianese ancora incontaminata. Le prime notizie della sua esistenza qui risalgono al 1845 quando l’agronomo Antonelli segnalò la presenza a Zeri di una pecora ottima per la produzione di agnelli destinati alla macellazione. Oggi è una razza a rischio di estinzione, con non più di 3000 capi, ma la sua produzione continua soprattutto per la delicatezza delle sue carni, che la rendono gradevole anche a chi abitualmente non consuma agnello.

Patata di Zeri

Ovviamente, in accompagnamento all’agnello di Zeri, non poteva mancare la patata, che sia bianca, rossa, gialla, o “zale”, quella di dimensioni più modeste, tenera, dolce e saporita, ottima per la cottura al forno.

La coltura di questa patata è stata introdotta qui nella seconda metà del 1700, con l’arrivo di alcuni tuberi portati da un contadino del posto, Biagio Grilli di Adelano, che li aveva ricevuti da agricoltori parmensi di ritorno dai territori d’oltralpe. Nel tempo si è adattata perfettamente alle altitudini di Zeri, ma soprattutto a far da contorno alla sua zerasca.

Fagiolo di Bigliolo

Nella Lunigiana più nascosta che ci sia, esiste un fagiolo molto digeribile, estremamente tenero, con una buccia tra le più sottili: è il Fagiolo di Bigliolo. Ma non ne esiste uno solo, bensì quattro varietà: il bianchetto, appunto bianco, di piccole dimensioni, di forma ovoidale, usato soprattutto per i contorni; il tondino, anch’esso piccolo, con forma leggermente tondeggiante e striature viola; e infine il due facce e il borlotto di Bigliolo, di media grandezza, con forma allungata, utilizzati entrambi soprattutto nei minestroni.

Panigacci

Fonte: facebook.com/TerreLunigiana/

Come i testaroli, anche i panigacci sono un piatto da degustare preferibilmente in loco, meglio ancora se nel loro paese originario, ovvero Podenzana, dove è stato istituito un consorzio tra ristoratori, n alternativa provateli anche all’Agriturismo specializzato “Ca’ di Rossi” di Mulazzo. La ricetta non cambia: farina, acqua e sale in teglie calde di terracotta, solo che poi, a differenza dei testaroli, non vanno né tagliati né bolliti, ma solo accompagnati con salumi e formaggi. Nel caso in cui, invece, decidiate di buttarli qualche secondo in acqua calda, saranno bolliti e perfetti con funghi, pesto o ragù.

Cipolla di Treschietto

Tanto rara quanto dolce e digeribile, è la deliziosa cipolla rosa di Treschietto, una piccola frazione della stupenda Bagnone, dove tradizionalmente veniva venduta dalle donne sotto i portici durante il giorno del mercato. Viene coltivata ancora solo da pochi pazienti agricoltori, che ne conservano gelosamente il seme. Sempre nella stessa zona, c’è anche un’altra cipolla degna di nota, quella di Bassone; qualcuno la conosce?

Mortadella della Lunigiana

Per la preparazione di questo grosso salume vengono utilizzate insieme la carne magra della coscia e della spalla, e quella grassa della groppa, della gota, della coppa e della pancetta del maiale. Il tutto viene poi macinato con pepe e spezie varie, insaccato in grossi budelli, salato e piegato a forma di U, con al centro una foglia di alloro. Si produce nel periodo invernale poiché, come tutti i salami ha bisogno di freddo, quindi da dicembre a febbraio e dopo circa 40 giorni di stagionatura è pronto in tavola.

Colli di Luni DOC

Perfetta espressione di questo territorio, i vini della DOC dei Colli di Luni sono molto versatili: i rossi, prodotti con sangiovese, ciliegiolo, lanaiolo e pollera, sono ottimi con minestre, formaggi e carni, mentre i bianchi, con vermentino e trebbiano, sono perfetti con tutti i piatti di pesce. Da sempre sulla collina che guarda il mare, una volta regno della città di Luni, la vite è fonte di ricchezza, tanto che i vini di Luni sono spesso citati fin dai tempi degli storici nell’antica Roma.

Spalla Cotta di Filattiera

La produzione di spalla cotta a Filattiera è sempre più spesso destinata al solo consumo familiare. In passato, invece, era il prodotto delle occasioni più importanti, quali matrimoni, battesimi o trebbiatura. Come tutti i salumi, si produce tra dicembre e febbraio: con il suo osso viene salata, speziata e rivestita con la pelle della vescica, avvolta in pelle grassa o nello stomaco del maiale per poi stagionare anche un anno. Al momento del suo utilizzo, la spalla viene messa in una pentola con abbondante acqua fredda e sale (circa un’ora per ogni chilo di carne), anche se c’è chi la preferisce cruda. In seguito, si serve tagliata a fette con verdure, purè di patate o salsa verde. Pensare che a Filattiera, il primo martedì di giugno, durante la Fiera del Ponte, la spalla si consuma ancora con le anguille pescate nel fiume Magra, proprio come secondo l’antica usanza.   

Focaccette

Meno note di testaroli e panigacci, anche le focaccette sono un prodotto che si può acquistare confezionato e portare a casa (sempre in caso di astinenza da questa cucina). Più diffuse nella zona di Aulla, si cuociono direttamente sul fuoco di legna di quercia per pochi secondi, quei pochi che bastano per far gonfiare l’impasto che per metà è di granoturco, ingrediente assente in testaroli e panigacci.

Caciotta della Lunigiana

In una terra ancora così devota all’allevamento, non poteva mancare anche qualche prodotto caseario. A parte altri formaggi più insoliti, come quelli dell’azienda Naturalmente Lunigiana, con nomi inventati ripresi dalla tradizione, quale il Limacada, la classica caciotta lunigianese in tavola non manca quasi mai. Prodotta secondo l’antica ricetta, lavorata interamente a mano e con l’impiego di latte proveniente solo ed esclusivamente da allevamenti locali; si consuma quasi sempre fresca, tranne una piccola parte che viene destinata alla stagionatura.

Il Piastrone di Malgrate

Nel 2014 un amico di famiglia regalò a Luciano Ferrari Vivaldi e a sua moglie Tiziana, titolari del ristorante La Torre di Malgrate, un paio di piantine di un pomodoro cuore di bue, dicendo loro: “è un pomodoro speciale questo, vedrete!” All’inizio i due non ci credettero, ma poi da quelle due piantine iniziarono effettivamente a crescere pomodori giganti, di dimensioni fuori dal comune, lasciando tutti a bocca aperta. Così, in zona hanno iniziato a studiarli, dimostrando scientificamente che si tratta di una varietà locale in via d’estinzione con ben più di 80 anni di vita.

Oggi Luciano si sta adoperando tantissimo per diffonderlo nella Piana di Malgrate affinché una varietà così antica e pregiata non vada perduta. Per fortuna ormai lo coltivano quasi tutti: non c’è contadino o famiglia in zona che non ne abbia almeno una piccola piantina. E nella stagione estiva, ovviamente, non manca mai nemmeno sul menu del ristorante La Torre, servito sempre crudo in un’insalata poco condita, poiché molto saporito di suo. Infine, forse in suo onore, la storica Mostra Nazionale del Pomodoro che si faceva nella vicina Pontremoli, dall’anno scorso è stata spostata proprio al Castello di Malgrate, dove il Piastrone ha vinto come il pomodoro più pesante e più grande di tutti.

Filetto della Lunigiana

Per questo salame, che ricorda un po’ la coppa, vengono usate solo le parti più magre del dorso: da quattro maiali vengono ricavati quattro filetti, cosparsi di sale per 12 ore, lavati con vino bianco, fasciati con budelli o cotenne e legati molto stretti. A seconda del tipo di fasciatura, varia il tempo di conservazione del prodotto, che è di 3 mesi nel caso del budello e 6 per la cotenna.

Porcini della Lunigiana

All’inizio del Novecento, una scrittrice inglese scrisse: “in nessuna cucina della Lunigiana manca mai almeno un sacchetto di funghi secchi”. Infatti, i funghi, in particolare i porcini, sono da secoli il vanto della montagna lunigianese. Andar per funghi è una delle attività principali, oltre che occasione di incontro tra persone appassionate. Oggi vengono raccolti e lavorati anche da moltissime aziende specializzate, come ad esempio Il Castagneto della Manganella di Mulazzo, vicino a Pontremoli.
Dopo questo tour enogastronomico, immagino vi sia venuta una voglia irresistibile di mangiare in Lunigiana: non vi resta che iniziare dall’inizio con un bel piatto di testaroli al pesto povero, come vi aveva consigliato Luca, ricordate?

Exit mobile version