Sono scontati i requisiti generali di freschezza, chilometro zero e soddisfazione. Ma io ho cominciato a coltivare il pomodoro soprattutto perché è impossibile chiedere a un fruttivendolo cento grammi di pomodorini a grappolo senza che questo mi rida in faccia. E mi sono stufato di comprarne mezzo chilo o un cofanetto (di plastica!) quando me ne servono quattro di numero per dare un tocco di rosso a un piatto, per esempio, di spaghetti con le vongole. Regolarmente finisce che tra un invito da amici, una pizza fuori e la preparazione di altri piatti, passa un po’ di tempo prima di riutilizzarli e io mi ritrovo a usare pomodorini semiavvizziti. Con la pianta è tutta un’altra cosa. Ne basta solo una per avere la scorta di pomodorini sempre freschi e a maturazione graduale. Bisogna tenere presente, fra l’altro, che oramai la cucina italiana non è più pomodorizzata come qualche decennio fa. Ci sono meno piatti totalmente rossi e più piatti «bianchi» contrappuntati dalla nota aspra-aromatica-cromatica di qualche pomodorino. Quindi si è ridotto l’uso del pomodoro da sugo in quantità, ma è aumentata la frequenza d’impiego di pomodorini o di filetti di pomodoro. A quel punto, il passo verso il pomodoro da insalata è stato breve, così come non poteva mancare un San Marzano o un perino per ricavarne i filetti. Mi sono limitato a queste varietà. Se devo fare un sugo continuo ad acquistarli un chilo per volta, ma capita spesso di usare con profitto tutti i pomodori sulle piante giunti al grado di maturazione ottimale e che devono essere utilizzati.
Nome botanico – Solanum lycopersicum (Fam. Solanacee).
Terreno – Dategli del terriccio di qualità, ricco di humus e mescolato per metà con terreno di campo, possibilmente letamata l’anno prima. È una buona mossa anche somministrare concime organico biologico durante la coltivazione perché le frequenti irrigazioni dilavano i nutrienti.
Vaso – Ha radici profonde e quindi necessita di spazio. Il contenitore deve avere almeno 40-45 cm di diametro e altrettanti di profondità.
Nutrimento – È una pianta avida, grande consumatrice di nutrienti. Ma se avete concimato bene il terreno prima dell’impianto, è sufficiente concimare una sola volta dopo che i primi frutti hanno cominciato a ingrossarsi. Usate stallatico pellettato o concime organico biologico seguendo le istruzioni sulla confezione. Non esagerate con la quantità perché rischiate che la pianta produca troppe foglie a discapito dei frutti. Utilissimo cospargere la superficie del vaso con cenere del caminetto che contiene potassio, un elemento chimico che dà dolcezza a tutti i frutti.
Acqua – È un buon bevitore, dategli molta acqua ma ogni 3 giorni, lasciando che il terreno si asciughi tra un’irrigazione e l’altra. La brevissima siccità fortificherà le radici. Le foglie e i frutti non amano l’acqua, quindi bagnate solo il terreno.
Esposizione – Ha bisogno di molte ore di sole al giorno.
Semina – Consiglio caldamente di rinunciare alla semina e acquistare le piantine a maggio nei vivai o nei garden center. Se proprio volete, seminatele a marzo in semenzaio al coperto, su terriccio morbido e fertile, coprendo i semi con appena un velo di terriccio e nebulizzando acqua ogni giorno.
Trapianto – Trapiantate le piantine acquistate nel vostro vaso quando la temperatura esterna media è intorno ai 22 ºC, con una minima che non scenda sotto i 20. Nello stesso periodo potete trapiantare le piantine che avete seminato, a condizione che abbiano raggiunto i 15 cm di altezza. Se vi propongono piantine innestate, prendetele senza esitazioni, anche se sono più care: sono più forti, resistenti alle avversità, produttive e longeve. Insomma, valgono il sovrapprezzo.
Cure – Tagliate con l’unghia i getti ascellari che nascono nel punto di innesto delle foglie sul fusto (internodo). Questa pratica si chiama sfemminellatura, ed è meglio effettuarla prima che i getti raggiungano i 5 cm per non infliggere alla pianta ferite ampie. Quando conterete cinque internodi, cimate la pianta, cioè tagliate con le forbici il getto apicale. Così diventerà più folta e più produttiva. Aiutatela sempre a rimanere eretta legandola (non stretta) con della raffia a una canna o, meglio, a tre canne disposte a piramide.
Consociazioni – Non va coltivato nello stesso contenitore assieme a un’altra solanacea perché non andrebbero d’accordo. Il motivo è intuibile: appartenendo alla medesima famiglia hanno un modo simile di sviluppare le radici, che sfrutterebbero la stessa fascia di terreno assorbendo gli stessi nutrienti e impoverendolo. Insomma, andrebbero in competizione debilitandosi l’un l’altra. Le altre solanacee più comuni sono le patate, le melanzane, il peperoncino, il peperone. Le piante amiche del pomodoro sono invece: lattuga, porro, cavolo, aglio, mais, basilico, ravanello e carote. Sedano, basilico e prezzemolo ne migliorano il sapore. Oltre che con le altre solanacee, non va d’accordo con cetrioli e piselli.
Varietà – Le più indicate per la coltivazione in vaso sono: Roma VF, un datterino senza semi secondo me irrinunciabile, Pepe e Small Fry (ciliegini), Principe Borghese (da serbo), Marmande (Cuore di bue), San Marzano.
Raccolta – La pianta entra in produzione alla temperatura media di 25 ºC, e continua a produrre frutti fino a ottobre-novembre. I pomodori vanno raccolti staccandoli dalla pianta con le mani quando sono ben colorati. Tenete presente che vanno avanti a maturare per qualche giorno dopo la raccolta. Ciclo Annuale.
Tratto da “Orto e Mangiato” (Sperling & Kupfer)
di Martino Ragusa