In tanti si chiedono se la plastica per alimenti sia davvero sicura, considerando la diffusione di questi materiali, classificati con sigle e nomi in genere poco conosciuti. Le ricerche da anni sono impegnate a valutare e monitorare la possibile tossicità delle plastiche alimentari, soprattutto rispetto a determinate sostanze ritenute più a rischio. Ci siamo già occupati della possibile nocività dei rivestimenti antiaderenti delle stoviglie, indicando anche come scegliere le padelle migliori, per uso, durata e sicurezza. Questa volta cercheremo di saperne di più sui materiali plastici. All’interno dell’approfondimento, presenteremo alcune considerazioni del professor Enzo Spisni, fisiologo della nutrizione dell’Università di Bologna.
La plastica per alimenti è sicura?
La plastica per alimenti, generalmente ritenuta sicura, da decenni è entrata nelle cucine di tutto il mondo. I materiali ammessi per entrare a contatto diretto con gli alimenti devono superare test che ne certifichino l’idoneità e la sicurezza per i consumatori. Alcuni prodotti, infatti, potrebbero rivelarsi pericolosi o alterare il gusto dei cibi. Anche se i MOCA (materiali e oggetti a contatto con gli alimenti) non sono molti, sono invece centinaia le sostanze impiegate per realizzarli, che in Italia sono normate dal 1962.
In seguito, sono state approvate direttive europee che stabiliscono indicazioni dettagliate, come il Regolamento quadro CE 1935/2004 o il più recente 2016/1416. Le plastiche alimentari devono sempre essere marchiate e riconoscibili, contraddistinte dal simbolo con il bicchiere e la forchetta o dalla dicitura “per alimenti”. Talvolta possono essere presenti anche indicazioni precise sul corretto utilizzo degli oggetti. Se usate impropriamente, purtroppo, anche le plastiche alimentari – e in particolare alcune di esse – possono rilasciare sostanze chimiche di vario tipo, come additivi, residui o prodotti dovuti alla degradazione dei materiali.
Materiali da conoscere
Prima di capire se la plastica per alimenti è sicura, bisognerebbe conoscere meglio i materiali che entrano nelle nostre case, indentificati da sigle e numeri con significati precisi, ma che non tutti sanno interpretare. A ogni materiale è associato un numero, che possiamo trovare sul fondo del contenitore, di solito al centro del simbolo triangolare del riciclo. Le plastiche più adatte alla conservazioni di cibi sono quelle contrassegnate dai numeri 1, 2, 4 e 5, mentre quelle con i numeri 3, 6 e 7 sarebbero da usare con più attenzione, così come quelli senza numero, che corrispondono alla tipologia numero 7. Ecco una lista ordinata in base alla numerazione appena descritta.
PET (1)
Con il PET (polietilene tereftalato, numero 1) vengono realizzate bottiglie e recipienti trasparenti per acqua, bibite e cibi. Questo tipo di plastica per alimenti è sicura se impiegata per contenere prodotti freddi. Il calore, infatti, ne favorisce la degradazione, che può rilasciare sostanze nocive con l’antimonio e l’acetaldeide. Questi contenitori sono concepiti per essere essenzialmente monouso, quindi, non dovrebbero essere riutilizzati a lungo.
PE (2)
Il PE (polietilene ad alta densità o HDPE, numero 2) è una plastica per alimenti sicura e resistente, impiegata per oggetti non trasparenti come i tappi, i vasetti dello yogurt, i contenitori per il latte e anche per i detersivi. Resiste abbastanza bene ai cibi caldi ed è sempre preferibile rispetto al PET.
PVC (3)
Il PVC (polivinile o V, numero 3) è potenzialmente pericoloso, perché rilascia ftalati. Se bruciato libera diossina, anche per questo si sta cercando di sostituirlo con altri materiali. Per la sua resistenza, in genere si utilizza per realizzare banner pubblicitari, striscioni e rivestimenti da esterno. Può essere presente anche nelle pellicole trasparenti per avvolgere i cibi, anche se la sua presenza nei materiali per alimenti è sempre più rara. Sono sempre da preferire le pellicole con le diciture “Senza PVC”, “PVC free” o “Non contiene ftalati”.
LDPE (4)
La plastica LDPE (polietilene a bassa densità, numero 4) viene utilizzata per fabbricare sacchetti per congelare e guanti monouso, come quelli per maneggiare le verdure nei supermercati. Questo materiale non va impiegato ad alte temperature e non dovrebbe essere riutilizzato a lungo.
PP (5)
Il PP (polipropilene, numero 5) è una plastica per alimenti considerata sicura. Si utilizza per le bottiglie non trasparenti e per le vaschette con coperchio, sia quelle più robuste e durevoli sia quelle più economiche come quelle per il gelato. Per riutilizzare questi recipienti è bene seguire le indicazioni del produttore, anche se in genere gli oggetti più leggeri ed economici sono da intendersi come monouso.
PS (6)
Il PS (polistirolo o polistirene, numero 6), ottimo isolante termico, è impiegato soprattutto per i recipienti da asporto. Contiene stirene, un idrocarburo aromatico che può interferire sul sistema endocrino. La nocività del polistirolo non è unanimemente riconosciuta, in quanto non è certo se le sostanze nocive siano rilasciata dal materiale. Il PS, ad ogni modo, non può essere considerato una plastica per alimenti del tutto sicura.
OTHER, O (7)
Con la “O” e il numero 7 sono contrassegnate le plastiche potenzialmente più pericolose (policarbonato, resine epossidiche e melammina), che possono rilasciare sostanze nocive come il bisfenolo A e la formaldeide. Questi materiali sono utilizzati per produrre stoviglie, bicchieri, piatti e recipienti rigidi antiurto. Questi oggetti non devono mai essere scaldati o entrare a contatto con cibi molto caldi. La resina epossidica è impiegata nei rivestimenti interni delle lattine e delle scatolette, per isolare il metallo dal cibo contenuto. La Francia e il Canada hanno vietato l’utilizzo, l’esportazione e l’importazione di oggetti nei quali sono presenti questi materiali. L’Unione Europea, dal 2011, ha proibito l’uso di queste plastiche per la produzione dei biberon.
Plastica per alimenti e sostanze da evitare
In questa parte dell’approfondimento, cercheremo di saperne di più sulle sostanze dannose citate precedentemente, che possono rendere la plastica per alimenti non del tutto sicura. La principale criticità è dovuta alla loro possibile migrazione nei cibi, aspetto che può essere favorito soprattutto dalle temperature elevate e dalla presenza di grassi negli alimenti. Come sottolinea il professor Enzo Spisni, “si tratta di componenti tossici molto dannosi, anche in piccole quantità. Sono interferenti endocrini, ovvero in grado di mimare la funzione degli ormoni, influenzando negativamente l’equilibrio ormonale dell’organismo. Bastano livelli di contaminazione degli alimenti molto ridotti per causare danni rilevanti. L’esposizione del feto nel periodo prenatale sembra essere la più pericolosa, correlata a problemi di infertilità. Inoltre, ci sono interrogativi sullo sviluppo di tumori e patologie neurologiche.” La presenza anche minima di queste sostanze, quindi, può avere ripercussioni nocive da non sottovalutare, specialmente nelle fasi delicate dello sviluppo fetale, neonatale e puberale.
Effetto cocktail ed esposizione a vita
Da considerare con attenzione, inoltre, è l’alto numero dei componenti potenzialmente dannosi – che può favorire un pericoloso “effetto cocktail” – e la durata dell’esposizione alla quale siamo soggetti. Spisni aggiunge che “ancora si deve capire come e quanto può pesare un’esposizione che di fatto coincide con la vita stessa degli individui. Finora sono stati condotti esperimenti sui ratti, quasi sempre concentrati sugli adulti, o comunque sulla seconda metà della vita degli individui. Gli esseri umani, però, sono esposti continuativamente a queste sostanze, dallo stato fetale fino alla morte. ”
Resta il fatto che nella vita quotidiana molto difficilmente possiamo evitare l’esposizione a queste sostanze. Come ha riconosciuto l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), a oggi gli effetti di questi composti non sono del tutto chiari, e sono necessarie analisi più evolute e dettagliate. Per questi motivi, la plastica per alimenti non può essere considerata totalmente sicura. A tal proposito, Spisni puntualizza che “quello che sappiamo potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Ad ogni modo, sono sostanze che per quanto possibile vanno evitate. Gli ftalati, ad esempio, erano presenti nei biberon e in tutte le plastiche ammorbidite, che li rilasciavano soprattutto nei primi utilizzi. Quindi, se il biberon veniva messo in acqua calda per alcune volte prima di essere usato, in seguito il rilascio di questi componenti calava sensibilmente.”
Mai coi cibi caldi
L’intervistato mette in guardia sull’utilizzo improprio delle plastiche alimentari. “Nel caso dell’utilizzo di bicchieri o stoviglie di plastica con cibi o liquidi caldi, però, il problema rimane. I bicchieri sono marchiati secondo la temperatura che possono sopportare, ma spesso si usano oggetti non idonei alle alte temperature. Anche la carta, che è comunque trattata, non è esente da questo problema. In generale, io sconsiglio gli usa e getta per le bevande calde. Quando si può, è sempre meglio utilizzare il vetro o la ceramica.” Il professore sottolinea un’altra eventualità da considerare, che richiama alla memoria alcuni casi verificatisi in passato con i materiali considerati sicuri. “Non è escluso che la plastica per alimenti oggi ritenuta sicura, un domani si possa rivelare nociva. Da considerare, inoltre, le ricadute relative all’inquinamento dovute a un grande impiego questi materiali.” In un articolo sulla presenza di microplastiche nel mar Mediterraneo abbiamo approfondito anche questo aspetto.
Bisfenolo A
Presente in molte plastiche del gruppo 7, è un indurente utilizzato da decenni, considerato fra gli interferenti endocrini più pericolosi. Il bisfenolo A (BPA) può interferire sullo sviluppo sessuale maschile, oltre a favorire aritmie cardiache, alterazioni del sistema nervoso, danni renali e tumori. È contenuto in prodotti anche molto diversi tra loro, fra questi i contenitori trasparenti e rigidi in policarbonato, le resine che rivestono l’interno delle lattine dei cibi conservati, ma anche la carta degli scontrini e i cosmetici. A seguito dei provvedimenti sopra citati, fortunatamente, è ormai quasi del tutto assente dai biberon. Recentemente l’EFSA ha moderatamente rassicurato i consumatori su questa sostanza, sottolineando che rispetto ai livelli di esposizione non ci sono pericoli per la salute, nemmeno per i neonati, per gli adolescenti e per le donne in gravidanza, i soggetti ritenuti più a rischio. Gli studi sul BPA, tuttavia, sono ancora in corso e si attendono riscontri più completi.
Ftalati e DEHA
Gli ftalati sono sostanze usate per ammorbidire le plastiche, contenute nel PVC. Sono interferenti endocrini e possono migrare nei cibi, specialmente in quelli più ricchi di grassi. Possono danneggiare anche il fegato e i reni. La maggior parte delle pellicole trasparenti per conservare gli alimenti non contengono più queste sostanze, limitate anche nei giocattoli. Il PVC, inoltre, contiene il DEHA (di-ottil-adipato), un composto che può danneggiare le ossa, il fegato e i reni.
Formaldeide e Melammina
La formaldeide, cancerogena e genotossica, può essere contenuta nelle plastiche del gruppo 7, ma anche in prodotti non alimentari come i rivestimenti dei mobili, le vernici e i cosmetici per capelli. La melammina, insieme alla formaldeide, è impiegata per preparare resine termoindurenti utilizzate per le stoviglie e può causare danni renali e alle vie urinarie.
Stirene
È un idrocarburo aromatico contenuto nel polistirolo che ha una struttura simile a quella degli estrogeni. Può causare intossicazioni e interferenze ormonali.
Plastiche in cucina: che fare?
Valutando i rischi che un uso errato può favorire, la plastica per alimenti non può essere considerata del tutto sicura. In questa sezione presenteremo alcuni consigli per utilizzare al meglio i cosiddetti MOCA, seguendo anche le indicazioni dell’Istituto superiore di Sanità. Quando presenti, ovviamente, vanno sempre considerate le istruzioni dei produttori.
- Non inserire cibi caldi nei recipienti di plastica. Anche nel forno a microonde, è meglio non utilizzare contenitori realizzati con questi materiali.
- Non riutilizzare troppo a lungo bottiglie e contenitori vecchi, graffiati e usurati. Per lo stesso motivo, è bene lavare i recipienti con spugne non abrasive.
- Preferire sempre le pellicole senza PVC e ftalati, e non utilizzarle a contatto con cibi molto grassi.
- Consumare meno cibi in scatola, soprattutto se contenenti liquidi. Quando è possibile, preferire sempre scatolette senza bisfenolo A.
- Limitare l’uso della plastica. Molti dei materiali citati possono essere ottimamente sostituiti da recipienti in vetro o acciaio inox. Per le merende da asporto, come anche per la spesa, invece, può tornare di moda la stoffa, resistente e lavabile. Contenere il consumo di plastica fa bene alla salute e all’ambiente.
In questa direzione sta andando la Francia, che dal 2020 vieterà la produzione, la vendita e la cessione gratuita delle stoviglie monouso di plastica, che i produttori dovranno sostituire con prodotti biodegradabili. Si tratta del primo provvedimento di questo tipo a livello mondiale, che rientra nelle misure nate dopo la conferenza sul clima Cop21 di Parigi, del dicembre 2015. Nei nostri precedenti articoli, abbiamo visto come la Francia sia già all’avanguardia nella lotta contro lo spreco alimentare e contro il cibo spazzatura.
Le normative introdotte e l’iniziativa volontaria dei produttori stanno progressivamente eliminando la plastica per alimenti considerata meno sicura, anche se questi provvedimenti non sono condivisi in tutto il mondo. Pertanto, se non si può fare a meno di questi materiali è sempre meglio preferire quelli che rispettano gli standard europei.
Dopo questo approfondimento sulla plastica per alimenti, può essere interessante leggere i nostri articoli sulle sostanze potenzialmente nocive presenti nei cibi, come i nitriti, i solfiti e gli aromi. Inoltre, vi consigliamo un’intervista al professor Spisni sulle diete dannose da evitare.
Fonti:
Autorità europea per la sicurezza alimentare – EFSA
Istituto superiore di Sanità
Regolamento CE 1935/2004
Regolamento CE 2016/1416
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