questione di umami
Secondo un’opinione diffusa, uno dei motivi del successo pizzoccheri fuori dalla Valtellina sarebbe la presenza nel grano saraceno del “quinto gusto” diverso dai quattro gusti ai quali siamo abituati – il dolce, il salato, l’amaro e l’aspro – chiamato umami dai giapponesi. Sono stati loro a individuarlo all’inizio del ‘900, prima in un’alga alimentare usata per insaporire le loro zuppe, poi in altri alimenti fra i quali il grano saraceno che proviene proprio dall’estremo oriente, precisamente dalla Manciuria. L’umami è il responsabile del sapore “di oriente” della cucina cinese e giapponese, e secondo alcune ricerche scientifiche sarebbe dovuto alla risposta di recettori specifici, posti sulle papille gustative, al sapore del glutammato naturale, un aminoacido contenuto in molti alimenti orientali, come alghe e salsa di soia, e fra questi il grano saraceno. Proprio alla piacevolezza dell’umami si deve l’abuso di glutammato monosodico artificiale, non solo nella cucina orientale, ma anche in quella nostrana. Anche se nessun italiano va in drogheria per comprare glutammato monosodico, ne mangia ugualmente in grande quantità sotto forma di dadi per brodo, minestrine pronte, cibi in scatola e tanto altro ancora, basta leggere qualche etichetta per rendersene conto.
Inutile aggiungere che tra il glutammato naturale e quello artificiale corrono le dovute differenze in termini di salubrità, e non solo per l’origine, ma anche perché in natura è dosato negli alimenti con maggiore misura e non è così onnipresente come nei supermercati.
Questa curiosità non mi ha sorpreso dal momento che apprezzo molto la “soba”, la pasta giapponese di grano saraceno.
teglio e l’accademia del pizzocchero
I pizzoccheri, comunque necessitano di un po’ di chiarezza geografica. Ci sono ichiavennaschi e i valtellinesi diversi tra loro: i chiavennaschi assomigliano agli gnocchi e compaiono nei menu dei crotti con il nome di “gnocchetti di grano saraceno” per non confonderli con i più noti valtellinesi e originari di Teglio, nelle cui campagne si coltiva da secoli e in grande quantità il grano saraceno.
Proprio nella città dei pizzoccheri ho avuto la grande occasione di assistere alla liturgia di una confraternita davvero singolare, l’Accademia del Pizzocchero. Avete capito bene: un nutrito gruppo di persone trasversale per età, professione e orientamento politico si riunisce periodicamente per discutere di pizzoccheri. Sinceramente, non credevo fosse possibile. Pensavo che dopo tanti incontri, le solite tagliatelle scure, sempre condite con il burro, patate, verze e formaggio fossero solo un pretesto per incontrarsi e parlare di altro. Invece parlano proprio di pizzoccheri, e con un entusiasmo che non potete immaginare. Riferiscono nuove scoperte di signore capaci di impastarli e tirarli in modo corretto, decretano quale sia il ristorante che meglio ne interpreta la ricetta originale, rinviano a giudizio quelli sospetti di sgarri alla qualità, bollano quelli colpevoli di eresia. I pizzoccheri si trovano in tutti i ristoranti e le trattorie di Teglio e della Valtellina. Sul sito dell’Accademia, trovate la lista dei ristoranti tellini associati.
Infine, vi segnalo che nel ricettario del giornale trovate la mia ricetta dei pizzoccheri così come l’ho imparata a Teglio in Valtellina.