Pizza

pizza

di GataLoca.

Della data di nascita della pizza napoletana – quella col pomodoro – poco si sa… Nel 1830 abbiamo la prima data certa, storicamente controllabile, della nascita di una pizzeria a Napoli (sotto l’Arco di Port’Alba, a Piazza Dante… che oggi, purtroppo ristrutturata, è stata trasformata in ristorante)… ma tornando indietro nel tempo, e nel campo delle “dicerie”, pare che la Regina Maria Carolina, moglie di Ferdinando I, si fece costruire un forno per le pizze a Capodimonte, e questo non è potuto avvenire se non prima del 1799, data della sua partenza per Palermo allo scoppio della Rivoluzione Partenopea, inoltre pare che le prime pizzerie fossero attive già nella seconda metà del XVIII secolo, come quelle di Zi’ Ciccio e di ‘Ntuono Testa, che toglievano le pizze dal forno e le consegnavano a giovani venditori, che giravano la città con la “stufa” in bilico sul capo attirando la clientela con frasi che esaltavano la bontà del prodotto. La pizza ebbe un tale successo che si narra che il Re Ferdinando I nel 1762 si recò personalmente alla Salita S. Teresa per gustare le pizze di ‘Ntuono Testa.

Ma quando si comincia a parlare di pizza?

Conosciuta da tempi antichissimi, ha ormai 3000 anni di storia: pane, pizze e focacce sono nate e cresciute assieme alle radici della nostra civiltà. L’uomo scoprì che sminuzzando finemente il grano e altri cereali, otteneva la farina, che impastata ad acqua e schiacciata a forma di disco, poteva essere arrostita su pietre roventi. I Greci preparavano una focaccia lievitata detta “Artos”, molto simile a quei pani che l’eruzione del Vesuvio del 79 dC ci ha lasciato intatti nei forni di Pompei. Il termine focaccia deriva dal latino “focus” (fuoco) o “focaccius” (relativo al fuoco), schiacciata di forma rotonda cotta con il fuoco oppure sotto la cenere; e questo a testimonianza del fatto che anche nella Roma Antica quella pietanza era largamente usata. Catone il Censore nel II secolo avanti Cristo, ci parla di focacce tonde condite con olio d’oliva, erbe e miele. Nel “De Coquinaria” di Apicio, il più famoso ricettario della Roma imperiale, si ha notizia di una focaccia con formaggio e aglio, con verdure e coriandolo. Dopo la caduta dell’impero romano i longobardi insediati in Italia meridionale avevano introdotto tra il Lazio e la Campania (nella zona oggi detta “dei Mazzoni”), l’allevamento delle bufale, che fornirà in seguito il latte per la fabbricazione della mozzarella.
Nel medio Evo la parola “pizza” è già di uso comune come testimoniano numerosi scritti: in un testo latino di Gaeta del 997, viene per la prima volta usato il termine “pizza” per indicare una varietà di focaccia. Nel 1535 in occasione delle nozze di Sigismondo I di Polonia e Bona Sforza, furono servite pizze bianche, pizze bagonazze e pizze fiorentine. Erano focacce dolci, assai diverse dalle due pizzelle, condite con olio e formaggio, di cui parla il novellista Giovan Battista Basile (“Lo cunto de li cuntti” 1634).
Nel 1522 arriva in Italia dal Perù il pomodoro, elemento fondamentale per la nascita della pizza napoletana, e furono proprio i napoletani a scoprirne le virtù culinarie. Infatti il pomodoro, diffusosi prima in Spagna, era ritenuto tossico e veniva usato solo come pianta ornamentale.
Ciò che non può essere assolutamente dimostrabile è l’esistenza della pizza col pomodoro prima del ‘600, giacchè Del Tufo (“Ritratto o modello delle grandezze, delizie e maraviglie della nobilissima città di Napoli” 1588), sempre attento a tutto ciò che accadeva in città fin nei minimi particolari, non ne fa menzione.
Ciò che è sicuro insomma, e il De Bourcard nel suo “Usi e costumi di Napoli” (1847) ce lo conferma, è che la pizza più classica e famosa, quella con pomodoro e mozzarella esisteva ben prima che venisse battezzata “Margherita” in onore della Regina di casa Savoia in visita a Napoli (1889), cui si deve, ad opera di “Nas’e cane”, (Raffaele Esposito) che assieme alla moglie Rosina Brandi gestiva la pizzeria di Pietro… e basta così (oggi Pizzeria Brandi ancora esistente e negli stessi locali) l’aggiunta del basilico per sottolineare il neonato tricolore italiano.

La pizza oggi: come si riconosce la vera Pizza STG (Specialità Tradizionale Garantita)

La “Pizza Napoletana” è costituita da un supporto di pasta lievitata, condita e cotta in forno a legna. Si caratterizza per l’impiego delle materie prime e per le tecniche di lavorazione:

Ingredienti:
Gli ingredienti che caratterizzano la “pizza napoletana”sono: farina di grano tenero 00, con l’eventuale aggiunta di farina tipo 0; lievito di birra, acqua naturale, pomodori pelati e/o pomodorini freschi, sale, olio d’oliva extravergine.
A questi ingredienti di base devono essere aggiunti per la “marinara” l’aglio e l’origano; per la “margherita” la mozzarella di bufala DOP, basilico fresco e pomodoro fresco.

Preparazione dell’impasto:
si mescolano farina acqua, sale e lievito, e con l’impastatrice fino al raggiungimento della consistenza desiderata, definita “punto di pasta”. Questa operazione deve durare 10 minuti.
Per ottenere un’ottimale consistenza dell’impasto è molto importante la quantità d’acqua che la farina è in grado di assorbire. L’impasto deve presentarsi al tatto non appiccicoso, morbido ed elastico.

Lievitazione:
Prima fase: l’impasto una volta estratto dall’impastatrice viene posto sul tavolo da lavoro della pizzeria dove si lascia riposare per due ore, coperto da un panno umido. Trascorse le due ore di lievitazione si passa alla formatura del panetto, tra i 180 e i 250 gr.
Seconda fase: una volta formati i panetti (staglio) avviene una seconda lievitazione in cassette per alimenti per 4 – 6 ore. Tale impasto, conservato a temperatura ambiente, è pronto per essere utilizzato entro le 6 ore successive.

Formatura della pizza:
Con un movimento dal centro verso l’esterno e con la pressione delle dita di entrambe le mani sul panetto, che viene rivoltato varie volte, il pizzaiolo forma un disco di pasta i modo che al centro lo spessore sia non superiore ai 0,3 cm e al bordo non superi il cm e 1/2, formando così il “cornicione”.

Farcitura:
Questa differisce secondo il tipo di pizza:

  • PIZZA NAPOLETANA MARINARA: Con un cucchiaio si depongono al centro della pasta i pomodori pelati frantumati (ca. 80 gr.); con un movimento a spirale i pomodori vengono sparsi su tutta la superficie centrale, si aggiunge del sale sul pomodoro, l’origano; si taglia uno spicchio d’aglio precedentemente privato della pellicola esterna a fettine e lo si depone sul pomodoro, con un’oliera a becco e sempre con movimento a spirale si distribuisce sulla superficie partendo dal centro 4-5 gr. di olio extravergine d’oliva.
  • PIZZA NAPOLETANA MARGHERITA: Con movimento a spirale si depongono sul disco di pasta i pomodori pelati frantumati, il sale, 80-100 gr di mozzarella tagliata a listelli vengono appoggiati sul pomodoro, si depongono sulla pizza alcune foglie di basilico fresco e con l’oliera si distribuiscono partendo dal centro e sempre a spirale 4 – 5 gr di olio extravergine d’oliva.

Cottura:
La cottura della Pizza Napoletana STG avviene esclusivamente nel forno a legna, dove si raggiunge una temperatura di cottura di 450° C, i tempi di cottura non devono superare i 60/90 secondi.

Caratteristiche del prodotto finale:
Dopo la cottura la pizza si presenterà con le seguenti caratteristiche: il pomodoro, persa la sola acqua in eccesso, resterà denso e consistente, la mozzarella si presenterà fusa sulla superficie della pizza, il basilico, così come l’aglio e l’origano svilupperanno un intenso aroma, apparendo alla vista non bruciati; la grandezza del disco di pasta non dovrebbe superare i 35 cm di diametro, con il bordo rialzato (cornicione), e nel suo insieme sarà morbida, elastica, facilmente piegabile “a portafogli” (o, come si dice a Napoli, “a’ libbrett”).
La pizza va consumata immediatamente, appena sfornata, negli stessi locali di produzione. L’eventuale asporto del prodotto determina la perdita del marchio.

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