Dalla repressione, resa possibile grazie alla Legge 199 del 2016 (cd. “legge contro il caporalato”), alla tutela dei lavoratori di origine italiana e straniera che operano nell’ambito dell’agricoltura. Questi gli obiettivi del primo Piano triennale di contrasto al caporalato approvato il 22 febbraio 2020, a Roma, durante un tavolo di discussione che ha coinvolto ben tre ministeri – Lavoro e Politiche Sociali, Politiche agricole alimentari e forestali, Interno –, parti sociali, forze dell’ordine ed enti locali.
Grande la soddisfazione della ministra Teresa Bellanova, impegnata da sempre nelle battaglie contro lo sfruttamento agricolo, che ha commentato così l’approvazione del piano: “per la prima volta lo Stato si dà un metodo preciso per la prevenzione e il contrasto del fenomeno. Il Piano, sul quale abbiamo lavorato con le Ministre Catalfo e Lamorgese, segna un fondamentale punto di svolta e consente la piena attuazione della legge 199/2016: repressione e prevenzione”.
Piano triennale di contrasto al caporalato: cosa prevede?
Il documento (disponibile sul sito del Ministero del Lavoro) parte da una mappatura dei territori atto sia a individuare le aree dove è più urgente un intervento sia a identificare il concreto fabbisogno di manodopera agricola. Sono riportati i dati che permettono di fotografare il fenomeno per comprendere quanto sia diffuso il lavoro non regolare in agricoltura, sia in termini percentuali (24,2%, Istat 2018) che assoluti (164.000 persone). A ciò va aggiunta la parte di braccianti composta da persone di origine straniera senza documenti che, di conseguenza, è più complesso mappare.
Si prevedono, dunque, interventi “emergenziali” ma anche di lungo periodo, agendo secondo quattro assi strategici: prevenzione, vigilanza e contrasto, protezione e assistenza, reintegrazione socio-lavorativa dei braccianti precedentemente sfruttati. Sono state, inoltre, evidenziate ben 10 azioni prioritarie:
- potenziamento del sistema informativo per il mercato del lavoro agricolo;
- innovazione e valorizzazione dei prodotti agricoli;
- rete del lavoro agricolo di qualità e certificazione dei prodotti;
- pianificazione dei flussi e potenziamento dei servizi di incontro tra domanda e offerta di lavoro;
- alloggi dignitosi;
- soluzioni di trasporto;
- campagne di comunicazione;
- stretta su vigilanza e contrasto;
- protezione e prima assistenza delle vittime;
- reinserimento socio-lavorativo delle vittime.
Potenziare la Rete del lavoro agricolo di qualità e investire sui servizi per i lavoratori
“La parola d’ordine su cui il Piano si articola”, dichiara ancora la Ministra Bellanova, “è coordinamento e integrazione. Sono necessarie azioni coordinate, soprattutto in alcune aree di emergenza, alloggi, trasporti, intermediazione legale del lavoro, controlli. Se si interviene solo su uno di questi aspetti, si rischia di fallire l’obiettivo, perché la rete criminale continua a offrire i servizi mancanti.” Per questa ragione, si parte dal rafforzamento della Rete del lavoro agricolo di qualità che, al momento, conta 3.500 aziende aderenti situate per la maggior parte nella Regione Emilia-Romagna. Ad essa, però, verranno introdotte delle misure che certifichino e valorizzino i prodotti realizzati in maniera rispettosa dei diritti dei lavoratori, e una tutela globale dei diritti dei braccianti.
Uno dei temi più discussi e a lungo rimasti marginali nell’affrontare la lotta contro il caporalato è stato proprio quello dell’alloggio, unito a quello dei trasporti da e per i campi. Qui, infatti, persiste un ampio spazio di manovra per i caporali che costringono i braccianti a vivere in condizioni disumane e a pagare parte del già basso stipendio per servizi di trasporto fatiscenti. Negli ultimi anni, la morte di alcuni braccianti nelle baraccopoli e a causa di incidenti stradali verso il lavoro ha portato alla luce la criticità di questo aspetto che ha un importante spazio nel Piano.
Proposte concrete per una filiera etica e sostenibile
Tra le realtà presenti al Tavolo ministeriale anche Yvan Sagnet, presidente dell’associazione No Cap promotrice della prima filiera etica in agricoltura. Il ruolo, come per molte delle realtà della società civile coinvolte, è quello di contribuire all’individuazione di soluzioni concrete a partire dai bisogni dei territori dove il caporalato è più forte.
In particolare, Sagnet ha chiesto:
- interventi per il superamento dei ghetti che continuano a “produrre schiavi e morti”;
- un efficiente sistema di trasporto dei braccianti fino ai campi dove poter lavorare;
- la piena applicazione dei contratti nazionali;
- lo sviluppo di un sistema di tracciabilità delle filiere partendo da buone prassi come quella avviata insieme alla start up Good Land.
Sempre nell’ottica di fornire strumenti concreti ai lavoratori e ai cittadini, il Piano prevede anche il lancio di una campagna di comunicazione istituzionale, rivolta ai braccianti stessi, con l’obiettivo di sensibilizzare sul tema dello sfruttamento, ma anche far conoscere gli strumenti di tutela. La Ministra Terranova commenta, infine, “se finora la Legge ha funzionato in modo importante sul piano della repressione, adesso la priorità è intervenire dando protezione ai lavoratori italiani e stranieri a cui vengono negati diritti elementari, come le numerose e importanti operazioni della magistratura e delle forze dell’ordine ci dicono. Non dobbiamo più consentire che chi lavora nei campi diventi poi invisibile nel resto del tempo o sia confinato in ghetti squallidi e vergognosi, dove si continua a essere alla mercé dei caporali.”