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PFAS Veneto: la Regione avvia nuovi interventi sul territorio

La Regione Veneto ha avviato una nuova serie di interventi per affrontare la questione PFAS nelle acque venete, di cui vi abbiamo raccontato a maggio scorso: due piani di monitoraggio su persone e alimenti e un carotaggio sui terreni della Miteni, l’azienda al centro dell’inchiesta sugli sversamenti. Altra iniziativa sul tema, intrapresa dalla Giunta recentemente, è il convegno internazionale Progettare lo studio epidemiologico sulla popolazione del Veneto esposta a Pfas, organizzato a Venezia il 22-23 febbraio. Durante l’incontro, a cui hanno partecipato anche esponenti dell’Istituto Superiore della Sanità e dell’Oms, si è parlato non solo di inquinamento ambientale, ma anche di impatto sulla salute e di contaminazione alimentare.

Già avviato il monitoraggio sulla popolazione

analisi pfas veneto

La Giunta ha stanziato un primo finanziamento specifico di 400mila euro, sui circa tre milioni necessari per il primo anno di attività, per i due piani di monitoraggio che serviranno a stabilire i danni provocati dall’esposizione a PFAS sulla popolazione e sulla catena alimentare. I dati della letteratura scientifica, confermati dal Tavolo tecnico di Venezia, identificano nei PFAS degli interferenti endocrini che possono causare problemi a fegato, polmoni e reni. In un documento della Regione, risalente a giugno 2016 ma reso noto solo lo scorso gennaio, si legge che nell’area maggiormente interessata è stato riscontrato un aumento di cardiopatie ischemiche, malattie cerebrovascolari, diabete mellito, Alzheimer e altre gravi patologie legate alla gravidanza, come la pre-eclampsia e il diabete gestazionale. Al vaglio di studi più approfonditi è invece l’incidenza dei PFAS sull’aumento di tumori.

Il piano di controllo sugli alimenti

Veicolati dall’acqua, i PFAS hanno contaminato anche la catena alimentare, come già avevano dimostrato le analisi effettuate dalle aziende sanitarie locali diffuse nel settembre 2015, ma poi ritenute inaffidabili e allarmistiche dai tecnici regionali. I nuovi studi saranno svolti in collaborazione con l’ISS e con L’Istituto Zooprofilattico delle Venezie su campionamenti di prodotti animali (muscolo e fegato di bovini da carne, suini e avicoli, latte, pesci d’acqua dolce, uova) e vegetali (mele e pere da tavola, uva da vino, patata, radicchio, lattuga, pomodoro, asparago, cipolla, mais). I primi risultati dovrebbero essere disponibili in luglio 2017.

Anomale concentrazioni riscontrate già nel 2013

Le anomale concentrazioni di PFAS nelle acque superficiali, sotterranee e potabili in alcune aree del Veneto erano state riscontrate già nel 2013, nel corso di alcune ricerche sperimentali condotte su potenziali inquinanti dal Ministero dell’Ambiente. I PFAS sono composti appartenenti al più ampio gruppo dei PFC, largamente utilizzati nell’industria perché conferiscono resistenza termica e idrorepellenza, ideali per impermeabilizzare qualsiasi materiale, dai tessuti ai contenitori per alimenti (due impieghi molto famosi sono il Teflon e il Gore-tex). Purtroppo sono molto resistenti anche alla degradazione microbica e questo li rende persistenti nell’ambiente e altamente inquinanti.

PFAS, un problema non solo del Veneto

Da quando l’industria ha iniziato ad utilizzarli attorno agli anni ’50, i PFAS, come nel caso dei metalli negli alimenti, si sono diffusi globalmente nell’ambiente. Ma è la quantità a fare la differenza. Sebbene l’area di concentrazione del caso Veneto riguardi una superficie limitata, la contaminazione può facilmente interessare i prodotti agroalimentari, di allevamento e la flora ittica, diffondendosi attraverso le falde d’acqua.

Zaia ordina settemila carotaggi sul terreno della Miteni

Per la Regione Veneto si tratta dunque ora di accelerare le verifiche sui danni all’ambiente complessivo, alla catena alimentare e alle persone. E, non ultimo, di identificare la fonte di inquinamento. Per questo la Giunta ha incaricato l’Arpav, l’agenzia regionale per la protezione ambientale, di avviare una campagna di carotaggi specifici sui terreni della Miteni Spa. L’azienda chimica di Trissino (Vi), che si trova da tempo al centro dell’inchiesta, ha sempre negato ogni responsabilità, pur collaborando con le autorità durante lo svolgimento delle indagini. In febbraio la Procura di Vicenza ha posto sotto sequestro l’area in cui gli stessi tecnici Miteni hanno rinvenuto, a un metro e mezzo di profondità, alcuni sacchi di plastica contenenti rifiuti industriali, sepolti presumibilmente negli anni ’70, quando lo stabilimento era di proprietà della Rimar.

Ora la Regione intende intervenire direttamente con una serie di carotaggi su un’area di 67mila metri quadrati, comprendenti sia l’interno che l’esterno della Miteni, arrivando a profondità di oltre 10 metri. “serviranno a capire – come ha spiegato il governatore Luca Zaia – la gravità e le epoche dell’inquinamento, individuando una volta per tutte le responsabilità”.

Per saperne di più sugli effetti dei PFAS sull’ambiente, potrebbe interessarvi  la nostra intervista a Sara Bogialli, professore di Chimica Analitica presso l’Università di Padova, mentre sul tema delle sostanze chimiche negli alimenti potete leggere la novità di OpenFoodTox: la banca dati Efsa.

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