Pesticidi nelle acque: quali conseguenze sulla salute?
L’ultimo rapporto sui pesticidi nelle acque, a cura dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), lascia poco spazio ai dubbi. Queste sostanze, infatti, si riscontrano sempre più spesso e in quantità crescenti, alimentando timori sui possibili effetti sulla salute, oltreché sull’ambiente. Ma quali sono i rischi? Dopo esserci occupati a lungo del glifosato, il noto erbicida da tempo al centro delle polemiche e recentemente prorogato in Europa, questa volta cercheremo di capire se e quanto i pesticidi nelle acque possono incidere negativamente sull’organismo, alla luce degli ultimi dati sulla loro diffusione in Italia. A preoccupare è soprattutto la combinazione fra le sostanze, che purtroppo si verifica spesso nell’ambiente e nelle risorse idriche.
Pesticidi nelle acque: il rapporto Ispra
Il rapporto nazionale Ispra sui pesticidi nelle acque delinea un quadro piuttosto allarmante, evidenziando tassi di contaminazione superiori ai limiti in quasi un quarto dei punti di monitoraggio di superficie. Tra il 2015 e il 2016, biennio preso in esame dalla ricerca, sono stati analizzati più di 35.000 campioni di acque superficiali e sotterranee, per quasi due milioni di singole analisi. Il sistema nazionale basato sui dati provenienti dalle Regioni e dalle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (Arpa) ha rilevato la presenza di 259 sostanze, mentre nell’arco del 2016 si è registrata la presenza di pesticidi nel 67% degli oltre 1.500 punti di monitoraggio di superficie e nel 33,5% degli oltre 3.000 punti di profondità, dati in crescita rispetto al precedente rapporto sul biennio 2013-2014.
A farsi notare, inoltre, è un’inversione di tendenza nelle vendite di fitofarmaci che, dopo anni di calo, nel 2015 sono tornate a salire, con un quantitativo di 136.055 tonnellate. Scendono, invece, la vendite di prodotti tossici, dato che tuttavia non corrisponde a un decremento della frequenza rilevata nei campioni analizzati. Fra il 2003 e il 2016 sono aumentati sia il numero delle sostanze sia i luoghi interessati dalla presenza di pesticidi, che a loro volta sono cresciuti del 20% in superficie e del 10% in profondità. Questo aspetto si spiegherebbe con l’efficientamento e con l’estensione delle tecniche di monitoraggio, oltreché con la persistenza delle sostanze negli ecosistemi, soprattutto nelle acque sotterranee.
Glifosato e altri erbicidi
A essere individuati con più frequenza sono stati gli erbicidi, indicativamente a causa delle modalità e delle quantità di impiego, che favorisce il passaggio nelle risorse idriche, a partire da quelle di superficie. Anche gli insetticidi e i fungicidi sono in aumento, e il rapporto, inoltre, fa notare la presenza di prodotti banditi da anni, come l’atrazina, un erbicida il cui uso in Europa è stato proibito nel 1992, che nelle acque sotterranee è stato individuato in 260 punti di monitoraggio (8,3% sul totale) in concentrazioni al di sopra dei limiti consentiti.
Da rimarcare è anche la diffusione del glifosato, l’erbicida più presente, che nelle acque di superficie nel 2016 ha superato le soglie per il 24,5% dei casi. Il suo metabolita Ampa, prodotto dalla degradazione della sostanza e più temuto in merito alla nocività, ha invece oltrepassato i limiti di qualità ambientale in quasi la metà dei punti di misurazione. Una casistica simile riguarda anche i neonicotinoidi, sostanze letali per le api e per questo recentemente bandite nell’UE, un tema di cui ci siamo occupati nella nostra intervista sulla crisi del miele.
Quelli già citati non sono gli unici erbicidi individuati con una certa frequenza. Fra questi, infatti, ci sono anche il quinclorac e del metolaclor, rispettivamente al di sopra dei limiti nel 10,2% e nel 7,7% dei punti di controllo. Il metabolita di quest’ultimo, il metolaclor-esa, ricercato solo in Friuli Venezia Giulia, ha oltrepassato i limiti nel 16% dei siti monitorati. Maria Grazia Mammuccini, portavoce della campagna Cambia la Terra, promosso fra gli altri da WWF e Legambiente, ha sottolineato la gravità della situazione, dato l’aumento nell’ambiente e nella catena alimentare di sostanze tossiche anche in concentrazioni minime.
Differenze locali
La presenza di pesticidi nelle acque non è uguale su tutto il territorio in Italia, ma si registrano situazioni diverse. Come si può intuire, le maggiori concentrazioni si verificano nelle aree dove è più diffusa l’agricoltura intensiva, ovvero nella pianura padana. In quest’area le verifiche sono generalmente più approfondite, riguardo al numero dei campioni – oltre il 50% dei punti di controllo nazionali – e delle sostanze ricercate. La stessa attenzione non è applicata nel resto del territorio nazionale, in particolare al Sud, dove la copertura delle indagini e il numero di componenti indagati sono inferiori.
Nel quadro regionale, la presenza dei pesticidi interessa oltre il 90% delle acque superficiali del Veneto – regione già colpita dal caso dei PFAS – del Friuli Venezia Giulia, e del Piemonte, più dell’80% in Emilia-Romagna e Toscana, mentre oltrepassa il 70% in Lombardia. Nelle acque sotterranee, invece, è particolarmente elevata in Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Sicilia. Come si afferma nel rapporto, bisogna precisare che dove i dati risultano superiori alla media il sistema di monitoraggio è stato migliorato, a confermare il nesso tra efficientamento delle ricerche e aumento dei valori riscontrati.
Quali rischi per la salute?
Inevitabilmente, la presenza di pesticidi nelle acque suscita preoccupazione per la contaminazione alimentare che da essa potrebbe derivare. A oggi, tuttavia, non ci sono prove scientifiche universalmente riconosciute sul reale pericolo dovuto a queste sostanze e alla loro trasferibilità nelle risorse idriche e nei cibi. Pietro Parisi, responsabile della sezione sulle sostanze pericolose di Ispra, ha dichiarato che il rischio complessivo è sottostimato, soprattutto considerando gli effetti cumulativi dovuti alle miscele che casualmente si creano nell’ambiente, con un mix che nei singoli campioni presi in esame ha contato in media cinque principi attivi, fino a un massimo di 55 sostanze.
Analogamente, non è semplice valutare la tossicità provocata dall’ingestione di diversi componenti chimici combinati fra loro, anche se i presupposti non sono affatto rassicuranti, e il rischio aumenta in relazione al protrarsi dell’esposizione. Per di più, dobbiamo fare i conti con la sgradita eredità delle sostanze impiegate in passato ma tuttora presenti nelle acque, specialmente in quelle di profondità, dove non è possibile la stessa degradazione che avviene a livello del terreno.
In merito alla nocività dei pesticidi nelle acque e alla loro trasferibilità nella catena alimentare, le ricerche hanno ancora molta strada da compiere. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare, fortunatamente, è in procinto di completare due studi presentati come pietre miliari nella valutazione dei rischi derivanti dall’esposizione contemporanea a più sostanze. Entro la fine del 2018 dovrebbe essere ultimata l’iniziativa pilota sugli effetti cumulativi sul sistema nervoso e tiroideo umano, dovuti all’esposizione a fitofarmaci contenuti negli alimenti.
La regolamentazione europea
La legislazione europea (Regolamenti CE 1107/2009 e 396/2005) disciplina la commercializzazione e l’impiego dei prodotti fitosanitari, sostanze che contengono principi attivi sui quali si concentrano le valutazioni dell’EFSA in merito ai residui negli alimenti. I pesticidi, quindi, non possono essere venduti o utilizzati in mancanza di un’autorizzazione a due livelli, dove l’Autorità europea per la sicurezza alimentare valuta le sostanze contenute nei prodotti e gli Stati membri li autorizzano a livello nazionale. Il sistema comunitario, ad ogni modo, riconosce il potenziale pericolo per la salute pubblica rappresentato dai pesticidi nelle acque e sulle colture destinate all’alimentazione umana e animale.
L’EFSA, inoltre, fissa i livelli massimi di residui di pesticidi ammessi per legge, all’interno o sulla superficie di alimenti o mangimi, con l’intento di minimizzare l’esposizione dei consumatori. Prima che un limite venga stabilito o modificato, l’organismo europeo verifica il comportamento della sostanza e i possibili rischi per la salute, connessi alla presenza di residui negli alimenti.
Pesticidi nelle acque: come invertire la tendenza?
Dopo la pubblicazione dell’ultimo rapporto Ispra sui pesticidi nelle acque, Legambiente ha sottolineato la gravità di una situazione che rivela l’inquinamento ambientale di bacini interni e falde. Parallelamente, l’agricoltura a basso impatto chimico è stata indicata come soluzione inevitabile per invertire il degrado evidenziato dalle ricerche e diminuire il possibile rischio per i consumatori. In questa direzione, la crescita dell’agricoltura biologica rappresenta una risposta concreta per la riduzione dei fitofarmaci, il ripristino della biodiversità e la salute dei suoli, azioni che le politiche agricole comunitarie dovrebbero sostenere con più forza, secondo Legambiente.
Oltre alle indicazioni appena citate, è importante implementare i controlli e diffonderli anche nelle zone ancora poco coperte, mentre non va trascurata la ricerca sull’innovazione agroecologica, per migliorare le tecniche e i metodi di produzione, nell’ottica di una netta riduzione dell’uso di pesticidi, auspicata da Legambiente. In Europa e in Italia, invece, si continuano a usare questi prodotti in grandi quantità, per questo sarebbe necessario indirizzare il Piano d’azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari verso un’applicazione vincolante delle linee guida per la tutela delle acque e degli ecosistemi.
Siete al corrente di particolari casi di contaminazione nel territorio dove vivete?
Fonti:
Ispra
Legambiente
Autorità europea per la sicurezza alimentare – EFSA
Panel on Plant Protection Products and their Residues – PPR, EFSA
Regolamento CE 1107/2009
Regolamento CE 396/2005
Piano d’azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari
Adn Kronos