di Martino Ragusa.
Va anzitutto detto che “pesce azzurro” è una definizione generica. Nata prima come commerciale, poi divenuta anche gastronomica e infine nutrizionale.
Questo l’elenco dei pesci al momento accreditati come “azzurri”:
Acciuga o alice, aguglia, alaccia, cicerello, costardella, lanzardo, pesce bandiera o spatola, sardina, sgombro, spratto, suro, alalunga, alletterato, biso, lampuga, palamita, pesce spada, tonno.
Dunque, non è una definizione scientifica e non indica una famiglia, ma un insieme di specie appartenenti a svariate famiglie che però presentano alcune caratteristiche comuni.
1. Anzitutto il colore al quale dobbiamo la denominazione: nel dorso è blu intenso compatto o blu-grigio o blu-verde e argenteo nel ventre. Questo tratto è piuttosto costante, ma sono presenti eccezioni, come per esempio il pesce bandiera (o spatola) che è completamente argenteo.
2. La grande diffusione nel Mediterraneo, del quale è quasi un prodotto tipico con un posto di rilievo nella dieta mediterranea.
3. È un pesce economico, con uno straordinario rapporto qualità prezzo (fanno eccezione il tonno e ilpesce spada). Perciò è un cibo povero, tradizionalmente alla base dell’alimentazione dei pescatori.
4. È un pesce ancora sottovalutato da tutti i punti di vista. La rivalutazione nutrizionale è in corso, ancora lontana appare quella gastronomica.
5. Una caratteristica importantissima che accumuna le specie appartenenti alla categoria del pesce azzurro sono proprio le caratteristiche nutritive, con la presenza di vitamine A, D, B2, PP, sali minerali (calcio, fosforo, ferro, fluoro, iodio e selenio) e soprattutto l’alto contenuto del prezioso Omega3.
6. Altra caratteristica comune a tutti i pesci azzurri, con l’eccezione del tonno, è che non può essere allevato e quindi non è nutrito con mangimi, inoltre è pescato in mare aperto dove l’inquinamento è notevolmente ridotto. Inoltre è prodotto tutto l’anno, è sempre disponibile e non viene congelato.
Il pesce azzurro è un prodotto-miracolo per la versatilità e l’adattabilità a cotture semplici e immediate come a preparazioni elaborate. Disponibile in molteplici ricette povere, tratte dalla cucina tradizionale dei pescatori, come a preparazioni di profilo alto come testimoniano piatti tradizionali e recenti della nuova cucina italiana che accostano acciughe, sarde e spatola a ortaggi, frutta secca e agrumi. Per tutti, basta citare la trionfale ruota di spatola.
La verità è che non c’è angolo della costa italiana che non abbia una sua ricetta-emblema della propria cucina regionale. In Liguria dove le acciughe sono chiamate “pan du ma” (pane del mare) le acciughe di Monterosso fritte e le acciughe farcite alla genovese, in Toscana le alici gratinate alla toscana, nel Lazio la tortiera di alici con l’indivia, in Campania le alici arreganate e le alici a scapece, inCalabria le sarde al peperoncino e la celebre “rosa marina” (novellame di pesce azzurro conservato con il peperoncino), in Sicilia pasta con le sarde e sarde a beccafico, in Puglia le alici in tortiera, in Abruzzo le sarde infornate, in Molise le alici all’aglio, prezzemolo e aceto, nelle Marche le sarde all’anconetana, in Romagna le sarde alla brace, in Veneto le sarde in saor, in Sardegna le sarde ripiene di pecorino e non voglio dimenticare le sardelle al brocciu (ricotta) della Corsica.
Spero, dopo tutto questo, che optare “d’ufficio” per l’orata d’allevamento sia per tutti un po’ più difficile.