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Pecorino Siciliano Dop

pecorino siciliano

di Giuseppe Biscari (Peppe57).

Pecorino è un termine generico e come tale può essere usato per indicare qualunque formaggio fatto con latte di pecora. Ed infatti, in Italia esiste una grande varietà di pecorini, tutti caratteristici di particolari aree o di determinate razze ovine. Il Pecorino Siciliano, invece, assume nomi diversi a seconda del luogo di produzione, mentre Il processo di lavorazione resta quasi identico in tutta la regione, o varia di poco da zona a zona. A dare un lieve differente sapore ai vari formaggi è il grado di grasso presente nel latte, l’alimentazione prevalente degli animali, il periodo di produzione o la differente stagionatura.

E’ forse il più antico formaggio prodotto in Sicilia. Le citazioni storiche risalgono al IX sec. a.C. in uno dei passi più famosi dell”Odissea di Omero, quando Ulisse incontra Polifemo. In seguito anche Aristotele e Plinio si soffermano sul procedimento di trasformazione di tale formaggio. In particolare Plinio nella sua opera «Naturalis Historia» redige una carta dei formaggi nella quale vengono citati tra i migliori pecorini quelli provenienti da Agrigento. A differenza del Caciocavallo Ragusano DOP, il Pecorino Siciliano DOP non ha un’area di produzione ben determinata, ma viene prodotto in tutte le nove province siciliane e – generalmente – con il latte proveniente da pecore autoctone delle razze Pinzirita, Valle del Belice e Comisana.

Unica eccezione è la provincia di Enna dove si produce un pecorino del tutto particolare Il cosiddetto «Piacintinu Ennese», la cui produzione è limitata quasi esclusivamente al territorio del comune capoluogo. La singolarità di questo formaggio è data dall’uso dello zafferano nella sua lavorazione. Ne risulta un formaggio a pasta decisamente gialla. L’origine del nome «Piacintinu» è incerta, ma sembra avere due possibili accezioni: «piacintinu» nel senso di piacente, che piace, oppure di «piagentinu», che piange, dal fatto che nella sua massima stagionatura presenta la cosiddetta «lacrima». Questa varietà di pecorino merita una piccola nota a parte. L”ingrediente principe del «Piacintinu Ennese» infatti, è lo Zafferano, che viene dosato in maniera tale da creare una sintonia di aromi e sapori. I fili di zafferano, fatti appena seccare, vengono pestati nel mortaio, sciolti in poca acqua calda e messi nel latte insieme al caglio di capretto o agnello. Questa abilità del casaro nel dosare lo zafferano fa si che la produzione rimanga ancora oggi a carattere esclusivamente tradizionale.

La Denominazione di Origine Protetta è stata riconosciuta il 12 giugno 1996, mentre nel 2001, per salvaguardarne le peculiarità, è nato il Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione del Pecorino Siciliano DOP, importante organismo che ha il compito di controllare tutta la filiera produttiva, dall’erba che mangiano le pecore, fino alla stagionatura e marchiatura.

Questo formaggio viene prodotto esclusivamente con latte di pecora e molto spesso può presentarsi nella versione con il pepe nero (detto «pipatu» o «m’pipatu») aggiunto a grani interi al momento stesso dell’incanestratura. Quanto alle fasi del processo produttivo, va detto, in primo luogo, che – generalmente – questo formaggio ha il suo ingrediente base nel latte di pecora proveniente da una sola mungitura e nel caglio di capretto in pasta. Il latte viene trasferito in caldaia e portato ad una temperatura di 35° C.- A questo punto viene aggiunto il caglio e si aspetta la coagulazione che avviene dopo circa 60 minuti.
Una volta formatasi la cagliata, questa viene rotta a chicco di riso con un attrezzo detto «spino»; quindi si provvede alla cosiddetta agitazione della cagliata, che poi viene lasciata a riposare fino a deposizione all’interno della caldaia. Ultimata questa fase si procede all’estrazione della cagliata dal siero ed al suo trasferimento nelle «fascere» o «vascedde» (canestri di canna o di giunco) dove il formaggio viene pressato con le mani. Immediatamente dopo, le fascere ed il formaggio in essa contenuto vengono trasferite nel siero bollente ad 85-90°C. Qui rimangono per circa 3-4 ore a seconda delle dimensioni delle forme. Una volta estratte dal siero le forme di pecorino vengono lasciate a riposare dentro le fascere per una notte intera, quindi vengono liberate e salate a mano ogni 24 ore per 20-30 giorni e rivoltato frequentemente. Una volta terminata questa fase della salatura le forme vengono pulite ed oleate con olio di oliva.

All’atto dell’incanestratura viene posto sul fondo del canestro una stampo in PVC raffigurante il numero attribuito dalla CE al produttore autorizzato per la produzione, ed una matrice di caseina nella quale è indicata la denominazione Pecorino Siciliano D.O.P. ed un numero che corrisponde al lotto di produzione.
La forma tradizionale del Pecorino Siciliano DOP è la classica forma a ruota tipica di tutti i formaggi canestrati (in dialetto’ncannistrati), con le facce leggermente concave e la crosta esterna compatta e di colore bianco-giallognola. Le forme hanno un peso variabile tra i 4 e i 15 kg. Il colore della sua pasta è generalmente bianco-sporco; esso tuttavia, tende a cambiare in base al periodo di produzione. Il bianco tipico delle produzioni invernali, ad esempio, tende a divenire leggermente più giallino nelle produzioni primaverili ed estive. In base, poi, alle differenti tecniche usate, si può avere la presenza di più o meno grandi occhiature. Il sapore di questo formaggio è forte e caratteristico, con la stagionatura tende a diventare più piccante e ricco di aroma. Il periodo di stagionatura va dai 3 ai 18 mesi.

Il Pecorino Siciliano DOP generalmente ha un impiego squisitamente come formaggio da tavola. Il suo consumo tradizionale lo vede accompagnato alle olive verdi di salamoia ed al pane casareccio. I vini da bere con il Pecorino Siciliano DOP sono vini corposi quali il Nero d’Avola vinificato in purezza, l’Etna rosso, il Cerasuolo di Vittoria, il Nerello Mascalese. Un ottimo modo di gustare questo formaggio, magari come dessert a fine pasto, è quello di abbinarlo al miele o a marmellate molto profumate (confettura d’arancia o d’uva) che esaltino il contrasto dei sapori. In questo caso è d’obbligo accompagnarlo a vini liquorosi come – primo fra tutti – il marsala, il moscato o il passito.

Riferimenti storico-bibliografici:

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