di Silvia Salomoni.
Martino, il curatore del nostro Giornale del Cibo, oltre a essere enogastronomo e scrittore di libri sul tema, è anche uno psichiatra. Per questo abbiamo parlato con lui della pausa pranzo, un momento cruciale nella giornata di tutti i lavoratori, sia dal punto di vista nutrizionale, che psicologico e relazionale.
Silvia: Quali caratteristiche dovrebbe avere la pausa pranzo?
Martino: La pausa pranzo, a parte l’aspetto nutrizionale, ha un importante valore psicologico. Per questo dovrebbe somigliare il più possibile a un “ritorno a casa”, essere cioè uno stacco reale, sia fisico che mentale utile a ricaricare le energie. Va da sé che, specialmente nella stagione fredda dovrebbe essere un piatto caldo consumato seduti e lentamente. Un pasto simile è qualcosa che “ricrea” proprio nel senso etimologico del “creare di nuovo”, preparando al pomeriggio con più vitalità.
M: Sono un sostenitore dei 20/30 minuti di ri-creazione in più oltre al tempo strettamente necessario a quello dedicato al pasto. Un tempo supplementare di distacco dal lavoro che va oltre a quello necessario per mangiare, da riservare a sé stessi prima o dopo il pasto. Sarei disposto ad arrivare 20 minuti prima, o a tornare a casa 20 minuti dopo, pur di poter godere di questo tempo dedicato a sé, utile a ricaricare le batterie in vista del pomeriggio. Tempo per fare cosa? Anche la pennichella, se è questo ciò di cui si ha bisogno. Oppure leggere qualche pagina di un libro in santa pace, o il giornale, ascoltare un po’ di musica, fare una corsetta o un po’ di cyclette, conversare con i colleghi o fare una telefonata privata in pace, anche recitare il rosario se uno è credente… Insomma, un tempo libero che incoraggi la fuga dal ruolo, che ricostruisca in miniatura l’effetto di distacco e di ricarica che dà la vacanza o il weekend, e che quindi faccia tornare al lavoro con anche un pizzico di desiderio.
M: E’ una sfida da lanciare alle gradi aziende, che potrebbero prevedere degli spazi comuni diversi da quelli del lavoro e del pranzo. Dove ci siano delle poltrone comode per il risposo, oppure degli attrezzi sportivi, a seconda delle esigenze. Come a recuperare l’idea della ricreazione scolastica: è vero che i bambini sfruttano quel tempo per fare merenda, ma non è un caso che poi giochino, così come gli adolescenti flirtano, o tirano quattro calci a un pallone…
S: Questo avrebbe un influsso positivo anche sulla produttività, giusto?
M: Certamente, perché ci libererebbe dall’idea mitica del lavoro come punizione inflitta ad Adamo, verso la sponda più gratificante di un uomo felicemente faber, attivo e costruttore. Non si può applicare a un’entità complessa fatta di psiche e corpo come l’uomo il principio “sacco vuoto non sta in piedi”… Non siamo solo contenitori da riempire!
Vediamo ora qualche dato e qualche consiglio sulla pausa pranzo in Italia, oggi.
Vediamo alcuni accorgimenti più o meno ovvi per sopravvivere nei giorni feriali: intanto è opportuno non saltare la colazione, piuttosto è meglio svegliarsi un po’ prima, o portarla con sé sul lavoro. Il rischio altrimenti è arrivare all’una con i crampi allo stomaco, emicrania, spossatezza… Se non si è ceduto prima allo spuntino di metà mattina. Questo, comunque, non è da incriminare in toto: un caffè può essere utile a infondere un po’ di energia, ma non deve diventare il primo di una serie infinita.
Caro lettore del Giornale del Cibo,
la tua pausa pranzo com’è? Riesci a tornare a casa ogni giorno, ti porti appresso il nostalgico “tegamino”, o sei un consumatore di buoni pasto? Scrivici sul forum cosa mangi abitualmente e cosa vorresti invece mangiare, cosa proprio non sopporti e cosa hai escogitato nel tempo per difenderti e rendere più piacevole questo momento della giornata. Come dovrebbe essere la pausa pranzo? Scriviamo insieme il decalogo del pendolare a tavola!
Silvia