Uno degli aspetti più belli della cucina, non solo italiana, è la varietà di piatti diversi chiamati nello stesso modo, così come la presenza di altri molto simili, ma chiamati in maniera differente. È questo, ad esempio, il caso della pasta fresca in Umbria, che compare sotto un’infinità di nomi nell’arco di pochi chilometri, e che in realtà si riferiscono a un’unica tipologia, sempre molto simile se non qualche piccola differenza. Attenzione a trattare di questi temi, poiché (per fortuna) c’è sempre qualcuno pronto a rivendicare la totale diversità (e reale origine) della sua ricetta rispetto a quella del vicino. Dobbiamo ringraziare questa varietà, perché la diversità è sempre una fonte di ricchezza; infatti, se ognuno non fosse rimasto ancorato alla sua personalissima versione, oggi forse non ne avremmo così tante. E ora iniziamo a scoprire quali sono le tipologie di pasta tipica umbra.
La pasta tipica umbra: da San Gemini a Narni
In Umbria il primo piatto per eccellenza è composto da una pasta fresca lunga fatta di acqua e farina, senza uova, un po’ grossolana, rustica e imprecisa in quanto fatta a mano, condita in vari modi. Di base questo impasto lo ritroviamo pressoché simile in tutta la regione, seppur con nomi molto diversi. Ci sono anche altre paste fresche quali le pappardelle o i pici, vista la vicinanza con la Toscana; o le sagne, visto quella con l’Abruzzo; ma oggi noi prenderemo in considerazione solo quelle lunghe simili tra loro ma chiamate in modo diverso da Orvieto a Spoleto, passando per Narni, Terni e San Gemini. Dobbiamo ringraziare questa varietà, perché la diversità è sempre una fonte di ricchezza; infatti, se ognuno non fosse rimasto attaccato e anche ancorato alla sua personalissima versione, oggi forse non avremmo una varietà così immensa di preparazioni. E ora iniziamo a scoprire quali sono.
Picchiarelli di San Gemini
A San Gemini a farla da padrone sono i picchiarelli, che sono appunto una pasta lunga e spessa a base di acqua e farina, senza uova. Da provare sono quelli dell’Osteria La Pecora Nera, dove sono di un formato leggermente più grande del solito, conditi con sugo semplice o ragù e pecorino, preparati in esclusiva da un pastificio storico a 300 metri dal ristorante, La Bottega della Pasta, un luogo tutto al femminile. Ma sappiate che La Pecora Nera è molto di più di una semplice osteria: è un luogo culturale, dove a breve avrà inizio una stagione ricca di eventi e concerti, organizzati dai proprietari Felice e Stefano Ferri (del Maite di Bergamo), mentre in cucina, anche sugli altri piatti, la garanzia è data dalle mani della giovane Amandeep Aman, cuoco di origine indiana.
I picchiarelli sono anche i protagonisti della rievocazione storica della Giostra dell’Arme, che si svolge ogni anno tra settembre e ottobre. Ognuno dei due rioni (Piazza e Rocca) ha il suo gruppo di picchiarellare, ovvero le donne che in occasione della festa si riuniscono per realizzare i picchiarelli da gustare nelle taverne. La produzione è molto impegnativa: le taverne possono arrivare anche a servire mille pasti a sera. Infatti i gruppi sono numerosi, circa 10-20 donne, guidate dalle più anziane e più esperte trascorrono interi pomeriggi a produrre la famosa pasta. La tecnica è ancora quella di un tempo, ovvero gesti ripetuti di generazione in generazione: si stacca un piccolo pezzo dell’impasto e lo si allunga rotolandolo sulla spianatoia, un po’ come con gli shëtridhlat, un piatto arbereshe di cui vi avevamo parlato. Sono sempre momenti corali, in cui ci si ritrova in gruppo, tra donne, e lavorando si chiacchiera.
Ciriole di Terni
Nella zona di Terni la regina è la ciriola, simile agli strangozzi (di cui parleremo tra poco) anche se un po’ più lunga. Da ormai 28 anni, ad agosto, questa pasta tipica viene festeggiata dal Circolo Coppe durante la Sagra della Ciriola Copparola di Stroncone. Viene preparata tutta a mano dalle esperte massaie, condita poi in vari modi: dal tartufo al pomodoro, fino al pezzo forte della 4P, ovvero pomodoro, pancetta, pecorino e peperoncino. La versione più classica e tradizionale è quella alla ternana, ovvero con pomodoro, aglio, peperoncino e olio extravergine di oliva. Ma la sagra è il luogo giusto per provarle tutte, anche perché ogni sera c’è una versione nuova a sorpresa!
Strangozzi di Spoleto
Da non confondere assolutamente con gli strozzapreti, che invece hanno una forma di gran lunga più corta, gli strangozzi sono tipici dello spoletino, anche se in realtà si trovano in tutta la regione con nomi nuovamente differenti (stringozzi, strengozzi, strengozze). L’unica cosa che condividono con gli strozzapreti è l’origine del nome, che pare derivi dalle stringhe delle scarpe con cui i rivoluzionari anticlericali strozzavano appunto i preti durante l’epoca dello Stato Pontificio. Di solito si trovano conditi con il tartufo o con un sugo di pomodoro.
Umbrichelli di Orvieto
Non è difficile dedurre che questa pasta si chiama così perché la sua forma allungata ricorda quella del lombrico. Si trova anche sotto il nome di umbricini, umbricelli o umbriachelli, ma di base, come abbiamo visto, si tratta sempre di spaghettoni fatti di acqua e farina, che si preparano facendo rotolare tra le mani l’impasto fino a ottenere dei cordoncini spessi. Anche in questo caso i condimenti sono infiniti: da vari ragù di carni, verdure, tartufo, funghi, pancetta e così via.
Manfricoli di Narni
A Narni invece ci sono i manfricoli, chiamati anche picchiettini, da non confondere con i manfrigoli, che sono un pasta piccola all’uovo tipo quadratini da gustare in brodi e minestre. Diffusi in particolare nell’area della cittadina, sono un classico piatto della tradizione narnese, simili alle tagliatelle ma più spessi, che hanno la particolarità di essere impastati con l’acqua di Stifone, una località lungo il fiume Nera. Allo stesso modo delle altre preparazione, anche in questo caso l’impasto viene allungato e arrotondato con le mani. È dalla preparazione che prendono appunto il nome manfricoli, ovvero sfregati a mano. Vengono solitamente conditi con un sugo di pomodoro semplice, con gli asparagi, oppure con salsiccia e tartufo; insomma con i classici prodotti del territorio umbro.
Ci perdonerete se abbiamo commesso qualche errore o imprecisione, ma quando si parla di pasta tipica non c’è una “verità assoluta”. E non è forse questo il bello?