di Martino Ragusa.
I toscani non amano la pasta e non hanno formati tradizionali regionali. Ma ci sono le eccezioni. Una è data dai pici senesi, che sono lunghissimi spaghetti fatti a mano. Si mangiano ancora freschi e conditi con pane raffermo sbriciolato e tostato o con l’aglione, un sugo fatto con pomodoro, rigatino (la pancetta locale) e abbondante aglio. L’altra eccezione è data dallepappardelle aretine, larghe tagliatelle di farina e uovo, di solito servite “sulla lepre”, cioè con un intingolo ottenuto da uno stracotto di lepre o anche di coniglio.
Un’altra eccezione l’ho trovata qui nel Chianti, dove mi sono imbattuto in un intero pastificio storico risalente al 1893. Una vera cattedrale nel deserto della pasta.
“Mio nonno era fissato con la pasta” mi ha detto l’attuale proprietario Giovanni Fabbri, nipote dell’omonimo fondatore “E ha aperto il pastificio in un’epoca in cui il grano era coltivato in grande quantità qui nel Chianti. Era il terzo pilastro dell’economia chiantigiana assieme alla vite e all’olivo. Poi, come è facile immaginare, la vite ha avuto il sopravvento”.
La pasta di Giovanni Fabbri è fatta con metodo interamente artigianale, con semola di ottima qualità ricavata da grani selezionati e lavorata con trafile in bronzo. È essiccata lentamente a bassa temperatura. Difatti è chiara, come tutte le paste artigianali e non giallognola come le industriali.
I formati sono quelli tradizionali italiani, più un interessante “Giglio di Firenze”
proposto anche in versione aromatizzata allo zafferano toscano.
L’indirizzo è:
Pastificio Artigiano Fabbri
Piazza Enrico Landi, 7
50027 Strada in Chianti (Fi)
Tel. 055/ 85 80 13
Fax 055/ 85 84 13
Web http://www.pastafabbri.it/