di Silvia Salomoni.
Paprica in realtà non è altro che il nome ungherese del peperone, ma ormai in tutto il mondo indica la spezia ottenuta facendo seccare e macinando una particolare varietà di quest’ultimo, senza la parte interna bianca e i semi. Il peperone da cui si fa la paprica è quello classificabile come dolce, anche se in alcuni casi si sfiora il piccante. Il suo utilizzo in cucina si deve soprattutto agli ungheresi e risale all’inizio XIX secolo. Esiste in varie qualità, la più pregiata è quella detta “rosa”, o “dolce”, che si distingue da quella “speciale”, più forte. Bisogna fare attenzione a quale si ha per le mani, perché le ricette di solito si riferiscono al tipo dolce e di conseguenza il dosaggio influenza inevitabilmente l’esito del piatto.
In cucina
L’aroma della paprica si sviluppa meglio associato nella cottura a cipolla, strutto, lardo. Evitate però di cuocerla senza liquidi, perché si scotta e l’aroma cambia. Generalmente è appropriato che compaia nella seconda fase delle cotture in umido, quando alla rosolatura segue l’impiego dei liquidi di cottura. Meglio se cuoce per pochi minuti nelle preparazioni rosolate in padella.
La paprica è protagonista nella cucina ungherese, conosciuta soprattutto per l’uso che se ne fa nella preparazione del gulasch. Ma ha avuto una certa diffusione anche in altre cucine balcaniche e centro europee, di solito in piatti che si richiamano alla tradizione zigana.
Una curiosità, un antico detto ungherese dice: “Un uomo può desiderare la fama, un altro la ricchezza, ma chiunque desidera un gulasch alla paprica”