Giornale del cibo

Se la scelta è fra il pasto da casa e una mensa equa

Sono molte le questioni che ruotano attorno alla mensa scolastica e che continuano a scatenare proteste fin nelle forme più estreme, come nell’ormai nota vicenda della sentenza di Torino. Il diritto al panino libero è stato visto da più parti come una “toppa sul buco” piuttosto che come una vera soluzione. Intanto le scuole stanno gestendo le richieste del pasto da casa organizzandosi ognuna per sé, in attesa delle linee guida promesse dal Ministro all’Istruzione Giannini.

Panino libero: conquista o rimedio?

Che il diritto al pasto da casa sia un estremo rimedio più che una conquista in sé potrebbe risultare evidente confrontando il numero di richieste inoltrate alle scuole in seguito al via libera di Torino con altri parametri ritenuti cruciali per la definizione di una buona mensa, dalla percezione della qualità al costo. Nessuna richiesta a San Donà di Piave, ad esempio, come evidenzia una nostra intervista presso l’Istituto Comprensivo “Ippolito Nievo”, dove il costo per ogni pasto si aggira attorno ai € 3.50. Le richieste hanno raggiunto invece quota 3.000 (10% del totale) a Torino, dove le tariffe sono mediamente più alte e la quota di iscrizione annuale può superare i 200 euro. Se la mensa è ritenuta di qualità e prezzo adeguati, i genitori scelgono comunque di far mangiare ai figli qualcosa di preparato a casa?

panino pranzo

Ma quanto costa la mensa scolastica?

Quanto spende una famiglia per la mensa scolastica dei figli? Dipende. Ogni Regione decide per sé e non esiste un tariffario nazionale unico a cui le scuole o i Comuni debbano attenersi. Anche all’interno di una singola amministrazione scolastica le rette solitamente variano in base al reddito della famiglia. Ma un quadro indicativo sull’argomento lo offre Cittadinanzattiva, un’associazione non-profit e indipendente che promuove la partecipazione dei cittadini al buon funzionamento del bene comune, e che ha recentemente condotto un’indagine sul tema della sicurezza e dell’accessibilità nelle scuole italiane.

I costi della mensa da Aosta a Palermo

Il Rapporto di Cittadinazattiva presenta un’indagine sui costi sostenuti dalle famiglie per la refezione scolastica condotta su tutti i capoluoghi italiani tra settembre e ottobre. Dai dati emergono grandi discrepanze fra i vari Comuni e, in generale, fra nord e sud del Paese: chi è nella fascia reddituale media (ISEE pari a 19900 euro) paga ad esempio € 3 ad Aosta, € 3.50 a Bologna, € 4 a Roma, € 5,66 a Potenza e a € 5 Palermo. La forbice più ampia si ha proprio nel capoluogo siciliano, dove ogni pasto costa da un minimo di € 0,20 a un massimo di € 7 (!). A L’Aquila, le tariffe più basse: tra € 0.60 e € 2.88.

Da nord a sud sono 8 i Comuni senza esenzione

Sono sette i capoluoghi in cui ogni singolo pasto costa mediamente più di 4 euro: si tratta di Genova, Torino, Venezia, Campobasso, Potenza, Palermo, Cagliari. Ben 4 appartengono a Regioni del sud, dove la capacità reddituale è minore. Inoltre, la possibilità di esenzione dal costo della mensa manca in 8 Comuni: Napoli, Bologna, Genova, Campobasso, Torino, Palermo, Aosta e Trento. A quest’ultima lista andrebbe aggiunta Perugia, che prevede l’esenzione ma solo per chi ha un reddito pari a zero.

Quanto pesa la retta sulla rinuncia alla mensa?

In generale, la mensa ha un costo medio annuo di 700 euro, quasi 80 euro mensili, una cifra che per molte famiglie risulta difficilmente sostenibile. A questi importi va aggiunta la quota di iscrizione annua che, laddove prevista, può variare dai 26 euro di Genova fino ai 211 euro di Torino. Nel presentare i dati del Rapporto, Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale della Scuola di Cittadinanzattiva, ha sottolineato che “ad essere svantaggiati, con l’introduzione del pasto da casa, sarebbero soprattutto i nuclei familiari più poveri, con l’effetto paradossale che i bimbi degli stessi non avrebbero più accesso nemmeno ad un pasto completo al giorno”.

Cittadinanzattiva: pasto da casa pericoloso per equità sociale e salute pubblica

Secondo l’Associazione, il ricorso delle famiglie di Torino nasce dalla protesta sorta a causa delle elevate tariffe della ristorazione scolastica a fronte di una qualità non sempre ritenuta all’altezza di quanto pagato, che hanno dunque un peso sulla decisione dei genitori di rinunciare alla mensa per i propri figli. Bizzarri non ha nascosto la sua contrarietà alla risoluzione dei giudici: “Per risolvere un problema, si rischia di aprirne molti altri. La mensa a scuola rappresenta una grande conquista perché veicolo per la corretta alimentazione sin da piccoli e prezioso strumento di socializzazione, di confronto e di inclusione tra pari”.

La regola del rapporto qualità-prezzo in mensa e a casa

Ma quanto può scendere il prezzo senza che venga intaccata la qualità degli alimenti? Per porre la domanda in un modo diverso: dando per assodato che l’alto standard qualitativo di un pasto presuppone un costo sotto al quale non è possibile scendere (a meno di accontentarsi di cibo scadente), chi dovrebbe coprire la spesa della “buona mensa” senza che ricada sulle famiglie? Il rapporto qualità-prezzo, inoltre, è una regola che vale anche per il cibo preparato a casa. Dal punto di vista del risparmio, perciò, il “panino libero” è davvero un passo avanti? Può un pasto completo ed equilibrato dal punto di vista nutrizionale, preparato a casa con ingredienti di prima qualità, magari biologici e a km 0, costare alla famiglia, a conti fatti, meno di un pasto in mensa che si aggira attorno ai 3-4 euro?

Abbiamo approfondito il tema del “panino libero” e delle mense scolastiche altre volte sul Giornale del Cibo: Panino da casa: i pro e contro in un’infograficaAlcuni risvolti della sentenza di TorinoA San Dona (Ve) nessuna richiestaLa sentenza di Torino arriva nelle scuole

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