Abbiamo cominciato a parlare del “panino da casa” nelle scuole da giugno, e siamo stati (facili?) anticipatori di un dibattito che in questi giorni sta deflagrando su giornali, radio, televisione e, naturalmente, social.
Diritto al panino da casa: oltre gli aspetti pratici
Molte discussioni si concentrano sugli aspetti pratici: non si possono mangiare due cibi provenienti da cucine diverse nello stesso refettorio, non sarebbero più chiare le responsabilità; se i bambini che portano i pasti da casa mangiano in spazi diversi si creano delle discriminazioni, eccetera. Sono ovviamente tutte discussioni utili a chiarire limiti e virtù del nuovo “diritto”, e tutti ci auguriamo che i diversi protagonisti del dibattito – istituzioni e assessorati alla scuola, aziende che forniscono il servizio, comitati dei genitori, servizi di indirizzo e controllo sanitario e nutrizionale, come le Asl e i Nas – trovino soluzioni condivise che non mettano in difficoltà soprattutto i bimbi a scuola.
La mensa come momento educativo fondamentale
Qui però voglio sottolineare un altro aspetto, che ho già toccato in un precedente “cum grano salis”. C’è un diritto, ora sancito anche dai tribunali, che è quello di potersi portare un pasto da casa; e c’è un diritto pubblico essenziale che dovrebbe permettere a tutti i bambini senza differenze di consumare un pasto a scuola (consumo visto in questo caso anche come un momento educativo fondamentale) preparato o dalla stessa istituzione scolastica o da una azienda specializzata e che sia equilibrato dal punto di vista nutrizionale, igienicamente corretto e buono.
Le gare al massimo ribasso pregiudicano la qualità della mensa
Penso che tutti (o la grande maggioranza) sceglierebbe la seconda alternativa. Se in molti invece (escludendo i genitori un po’ ossessivi che vorrebbero che i propri bimbi mangiassero esclusivamente solo quello che cucinano loro) sono giunti a pensare al pasto da casa, ci sono arrivati, scusate l’espressione, per disperazione. Evidentemente il pasto a scuola era troppo caro, o non buono. E in alcuni casi, inutile nasconderlo, questa è la situazione. Faccio un esempio: se la gara con cui è stato affidato il servizio era al massimo ribasso, il prodotto/servizio sarà scadente; e se il comune poi fa la “cresta” sulle tariffe, cioè paga il pasto alla ditta 4 euro e lo fa pagare alle famiglie 7 euro, allora molti non possono più permetterselo e pensano di portarsi il pasto da casa.
Mensa scolastica: un diritto pubblico essenziale
Ecco perché la sentenza del tribunale che ha sancito il diritto individuale è, per chi sostiene invece il diritto pubblico essenziale a una mensa scolastica sana, buona e uguale per tutti, un problema che diventa un’opportunità. Tutti coloro che lottano per una refezione scolastica di qualità a prezzi accessibili (quindi, per non essere demagogici, in parte sostenuta dalla spesa pubblica, visto che nessuna azienda di ristorazione potrà mai fare un pasto buono a 2 o 3 euro) finiranno per trovarsi alleati: comitati dei genitori, aziende serie, istituzioni che credono che il pasto a scuola sia ancora un diritto pubblico essenziale.
Inoltre, in questa infografica abbiamo raccolto le informazioni sugli effetti del panino da casa, analizzando anche i pro e i contro. Clicca sull’immagine per vederla.