“Quando apri un’attività come la nostra il locale diventa il tuo tutto: la tua famiglia, la tua casa, la tua ragazza, la tua migliore amica, il tuo cane. Devi veramente volere una cosa del genere, altrimenti non stai diciotto ore al giorno in negozio per sei, anche sette giorni su sette”. Mi racconta così in chiusura dell’intervista Francesco Bonfiglioli, classe ‘98, che insieme ad Arianna Dall’Olio (‘97) e Gianluca Benesso (‘94) ha aperto Madré – Fucina Sensoriale a Castel San Pietro Terme, in provincia di Bologna. Un micro-panificio con laboratorio a vista, aperto da circa sette mesi, ma che sta già facendo molto parlare di sé per la qualità della proposta e una visione della panificazione che si discosta dalla normalità.
Seduti dietro il banco del pane, mentre mi racconta del loro progetto, non posso fare a meno di pensare “alla faccia dei giovani che non hanno voglia di lavorare”. Apriamo le porte di Madré, perché oggi vi porto a scoprire questa realtà giovanissima, in tutti i sensi.
Madré, dietro le porte della “fucina sensoriale”
È la prima domanda che gli faccio: perché fucina sensoriale? Il nome, inizia a raccontarmi Francesco, nasce per caso, un po’ come tutto il progetto di Madré. “Circa due anni fa, poco prima della pandemia. Io frequentavo l’università di Scienze ambientali a Ravenna e nel mentre lavoravo, insieme ad Arianna, in una gelateria qui a Castel San Pietro Terme. Quindi, diciamo che avevo altri progetti imprenditoriali” spiega. Poi, come le storie migliori, l’amore è arrivato per caso, precisamente grazie a un video su Instagram sulle fermentazioni ed è stato un colpo di fulmine. “Da quel momento ho scoperto il mondo della panificazione e da lì ho visto video, comprato libri, studiato da autodidatta. La pandemia mi ha permesso di ritagliarmi del tempo per fare formazione e sperimentare a casa. Mi sono laureato a luglio del 2020, e ad agosto del 2021 ho finito il mio percorso in gelateria. Subito dopo ho fatto dieci giorni di formazione nella pasticceria Tromboni di Pavia con il Maestro Pasticcere Andrea Tromboni, ma a ottobre del 2020 avevo già firmato il contratto di affitto del locale dove ora ci troviamo”.
Locale che apre le porte il 16 ottobre del 2021, un anno dopo, e che voglio raccontarvi perché non è una “semplice” panetteria. “All’epoca, quando chiesi un finanziamento in banca, dovevamo trovare un payoff per presentare il brand. Così abbiamo iniziato a pensarci ed è saltato fuori ‘fucina sensoriale’: fucina richiama il laboratorio del fabbro, molto simile al nostro per le alte temperature, la presenza di forni, l’artigianalità e il sudore. Sensoriale perché il laboratorio è piccolo e completamente a vista: vogliamo trasmettere un richiamo ai cinque sensi, dalla vista all’olfatto, passando per l’udito grazie al rumore dei forni”. L’obiettivo, infatti, è quello di coinvolgere chi entra: “ci piace rendere partecipi le persone in tutto ciò che facciamo, essere totalmente ‘nudi’ e questo si traduce anche sui social” racconta. Anche in senso letterale: Francesco si è messo a nudo più di una volta su Instagram, coperto solo da pagnotte di pane, perché, come scrivono, “da Madré non hanno segreti”.
Prodotti buoni come una volta e di qualità
Basta aprire il loro profilo Instagram per capire fin da subito qual è la loro filosofia: “Fermentazione. Lieviti selvaggi. Grani biologici macinati a pietra”. Ma da dove arriva questa visione? Da una parte, Francesco guarda al passato, all’idea di fare il pane “come una volta”, a partire dal lievito madre, vero protagonista della loro produzione (o come scrivono su Instagram “il loro unico Dio”). Dall’altra, però, guardare al passato con uno studio approfondito e aperto alle contaminazioni, e per questo si è rivolto a Oltreoceano. Francesco racconta infatti, nel suo periodo da autodidatta – di aver studiato moltissimi testi in inglese: “purtroppo in Italia siamo fermi a una tipologia di fermentazione degli anni ‘50-’60 e non si è progrediti, mentre all’estero c’è un maggiore studio. La tipologia di panificazione che noi portiamo avanti si impronta molto sul Tartine Bread”. Si tratta di un pane rustico, con una crosta dura ma molto idratato e alveolato all’interno, frutto di lunghissime lievitazioni, inventato da uno dei panettieri più famosi al mondo: Chad Robertson di San Francisco.
Ma cosa può trovare il cliente entrando da Madré? “Il punto vendita occupa circa un terzo del locale proprio per dare più spazio al laboratorio. Di solito, si trovano due pani a banco: il Country che è il nostro grande classico, realizzato solo con farina, acqua e sale, e un ‘insolito’ che cambiamo giornalmente o settimanalmente. Ci piace infatti giocare con le inclusioni, che siano verdure, sottolio, semi e cereali. Abbiamo poi una linea di baguette francese, molto croccanti fuori e molto morbide dentro. Ma la cosa di cui siamo molto orgogliosi è la linea pastry 100% madre, perché siamo in pochissimi a portarla avanti, dato che richiede lunghissimi tempi di lievitazione”.
I valori di Madré: qualità, sostenibilità e fare rete
“Ci siamo inseriti in una nicchia molto ristretta, perché facciamo un prodotto diverso dalla maggior parte dei panifici. In Italia le prerogative sono lievito di birra e farine raffinate, da noi sono due cose che non si troveranno mai” spiega.
Su questo Francesco ha avuto idee molto chiare fin dall’inizio: lavorare con prodotti di qualità e, soprattutto, locali. “Vogliamo creare un rapporto con piccole realtà agricole biologiche del territorio e fare rete. Dalle farine completamente integrali del Molino Quartieri di Medicina alla verdura che ci viene portata fresca, fino al miele di un’azienda qui vicino. O ancora, la frutta secca del Palazzo di Varignana, le uova biologiche dell’azienda agricola il Molinetto, dove le galline sono allevate all’aperto, e i formaggi di Comellini, a caglio vegetale o microbico. Tutti i prodotti provengono dai dintorni, il più distante è il sale di Cervia. Il nostro pane più semplice è prodotto entro 50 km da qua. Il nostro obiettivo è quindi quello di cercare di lavorare bene sostenendoci a vicenda”.
Lavorare bene si traduce anche nell’attenzione alla sostenibilità: “per noi è fondamentale. Siamo al 100% vegetariani come attività e vegani al 90%”. Tutta la produzione, soprattutto quella salata, è improntata in questa direzione e segue ovviamente la stagionalità di frutta e verdura, “quindi ci scordiamo i pomodorini a dicembre e le fragole a ottobre”.
Un altro tema importante è quello della lotta allo spreco alimentare: in questa direzione va l’idea di pane a “spreco zero”, quindi di qualità maggiore e che abbia una durata più lunga. In sostanza, un prodotto che sia buono anche il giorno dopo, così da evitare di buttarlo perché immangiabile se non consumato subito. A proposito di avanzi, invece, Francesco racconta che i crostini e le fette biscottate sono due prodotti di riutilizzo perché realizzati a partire dal pane invenduto: “lo condiamo, lo ri-tostiamo e lo insacchettiamo”.
Ma non solo, perché “una delle nostre prerogative è quella di lavorare su piccolissime produzioni: siamo contro l’idea di entrare a mezzogiorno in un panificio e trovare gli scaffali ancora pieni di roba, che poi però rimane invenduta. Ciò che avanza o viene riutilizzato, oppure devoluto alla Caritas di Castel San Pietro e Osteria Grande. O ancora, per la tematica guerra in Ucraina siamo in contatto con la Pro loco di qui e diamo anche a loro l’invenduto, che viene poi smistato tra le varie famiglie che hanno accolto, e abbiamo cercato di lavorare con alcune mense di Bologna che danno da mangiare a rifugiati. Tuttavia queste occasioni sono poche in quanto cerchiamo di non produrre eccedenze”.
Pre-order per evitare sprechi, app e altri locali: i progetti futuri di Madré
“Il lievito madre è un organismo vivente che ha bisogno di nutrirsi, quindi per noi non esistono vacanze o giorni di chiusura. Lavoriamo molto con il pre-order, a noi molto funzionale. I nostri prodotti richiedono un minimo di 24 ore di impasto, quindi preferiamo ricevere le ordinazioni almeno un giorno prima, proprio perché il processo produttivo richiede molto tempo. Il numero di pani che ho a banco il mercoledì l’ho già deciso il lunedì a mezzogiorno per intenderci, e per il futuro c’è l’idea di lavorare sempre di più sul concetto di pre-order, anche per evitare sprechi. Per questo, per il futuro vorremmo lanciare anche un’applicazione di Madré e attivare un servizio di delivery”.
Sul futuro, insomma, Francesco & Co. hanno le idee chiare: “vogliamo diventare sempre più bravi in ciò che facciamo. Abbiamo aperto da sette mesi e abbiamo già raggiunto tantissimi traguardi, ma vogliamo rimanere con i piedi a terra e migliorarci. C’è sì l’ottica di allargarsi e di arrivare in altre città per raggiungere quei clienti che adesso si stanno spostando, o di aprire anche altri locali sempre a Castel San Pietro, seguendo gli stessi principi, come una pizzeria 100% Madré e un’hamburgeria vegana. Ma prima facciamo le cose bene qui. Crediamo tantissimo nella nostra città, ed è il motivo per cui abbiamo aperto qui e non a Bologna, come in tanti ci chiedono. Io a Castello ci sono nato, preferisco mille volte aprire il negozio in un paesino di provincia e dare spazio alle persone che ci lavorano: ho tutti i miei amici che mi danno il sostegno di andare avanti, giorno dopo giorno”.
Madré è la dimostrazione di quanto sia possibile, oggi, portare avanti un progetto giovane, coraggioso e di qualità. E, come scherza Francesco, che abbia un’unica missione: onorare il lievito madre!