Conoscete forse qualcosa di più affascinante dell’arte della panificazione nel Mediterraneo? Elemento centrale di vite e culture, il pane è un alimento sacro, che nel tempo si è tramandato e differenziato nei luoghi, anche a pochi chilometri di distanza. In particolare, in Italia, ogni regione ha custodito una varietà immensa di pani differenti, per ingredienti, processi, forme e tradizioni.
Affascinati da questa immensa ricchezza, siamo andati alla ricerca delle tipologie presenti in tutte le regioni italiane, dalle più conosciute e diffuse, alle meno note e in estinzione. E così, con grande onore, ci mettiamo al cospetto di questo prodotto e di quest’arte tanto preziosa e vi presentiamo la nostra mappa dei pani tradizionali italiani.
[elementor-template id='142071']Sardegna, la regione con più pani
La Sardegna è una delle regioni con più varietà di pane in assoluto. Oltre ai più noti carasau e guttiau (bagnato con olio, salato e abbrustolito in forno) o al pistoccu (con tecnica simile ma più spesso tipo schiacciata, diffuso nel cagliaritano), ci sono alcuni pani davvero interessanti, come la tunda. Nota per la sua particolare forma con sette punte o “pizzi”, veniva preparata solo il sabato per essere poi consumata tutta la settimana. Ma la tunda era anche il salario, cioè il compenso utilizzato dai proprietari terrieri per i contadini in cambio del loro lavoro.
Altra pagnotta interessante è il pan ‘ispeli, nominato da Plinio il Vecchio già nel I secolo D.C: si tratta di un pane di ghiande, argilla e cenere di erbe aromatiche. Altre tipologie sono il pane pintau, preparato in varie forme a seconda delle festività e il coccoi a pitzus, un tipico pane decorato di semola di grano duro, che in passato si preparava per matrimoni (coccoi de is sposus) e Pasqua (coccoi cun s’ou). Non da meno è il civraxu di Sanluri, una grande pagnotta dalla crosta di colore bruno dorato, con doppia lievitazione.
Il pane nelle Marche: dalle cresce al pane col mosto
Nelle Marche sono molto presenti focacce e cresce, che sono simili alle piadine, come il crostolo del Montefeltro. Poi ci sono i classici filoni caserecci, integrali, di farro. A distinguersi sono il pane col mosto, che come è facilmente intuibile si prepara in periodo di vendemmia; e la pagnotta di Chiaserna, in provincia di Pesaro, con farina di grano tenero e pasta acida.
Friuli Venezia Giulia, patria del Pan di Sorc
L’antico Pan di Sorc, oggi Presidio Slow Food, prende il nome dalla farina di mais presente (sorc), unita a farina di segale, frumento, fichi secchi, uvetta e semi di finocchio. Per questo si tratta di un pane un po’ dolce e un po’ speziato, diffuso soprattutto nel gemonese. Simile è il Grispolenta, ma con forma più allungata, presente in tutta la Carnia. A Trieste invece si mangiano panini più semplici con olio o strutto, tipo biga servolana, rosetta o kaiser, spesso con prosciutto cotto caldo di Trieste e Kren, mentre in tutta la regione è diffuso il pane bruno, che con un mix di farine scure ha sostituito per anni quello bianco. Nel periodo dell’uccisione del maiale si usa preparare il pan de frizze, che in dialetto indicano i ciccioli che vengono aggiunti all’impasto.
Calabria, dove il pane ha anche un museo
Della Calabria vi avevamo già parlato a proposito del Pane di Cerchiara e delle varie pitte della cucina arbereshe, ma non vi avevamo detto che c’erano anche altre eccellenze in materia, come il pane con la giuggiulena, ovvero con sesamo, quello di Mangone, con tanto di museo, o il pane di Cutro, con grani locali e una crosta spessa e croccante. Una vera rarità è il pane pizzata, diffuso soprattutto sul lato ionico, che si distingue per l’utilizzo del cavolo: prima della cottura, l’impasto viene avvolto nelle foglie di cavolo che gli conferisce quella tipica forma “raccolta”. Altra pagnotta speciale è quella di Grano di Pellegrina, una frazione di Bagnara Calabra, in provincia di Reggio Calabria, che ha ottenuto la De.Co., Denominazione Comunale di Origine.
In Valle d’Aosta, per scoprire la Micòoula
I pani principali della Valle d’Aosta sono tre: il pane di segale; quello con fichi secchi, noci e castagne; e la Micòoula, una pagnotta dolce di segale e frumento con castagne, fichi secchi e uvetta che in Valle d’Aosta si prepara tradizionalmente a Natale. Nel 2001 la Micòoula, che in patois significa “pane più piccolo e speciale”, è stata inserita nell’elenco nazionale dei prodotti agro-alimentari tradizionali, tra i 31 della Valle d’Aosta, anche grazie al lavoro svolto dall’Associazione “Les Amis de la Micòoula”. Nel testo di approvazione si fa presente che “le metodiche di lavorazione del suddetto prodotto non sono mai state codificate, bensì tramandate secondo l’uso il più delle volte orale e praticate in maniera omogenea o secondo regole tradizionali e protratte nel tempo”. Questo pane è perfetto come base per gli antipasti, insieme al lardo della vicina Arnad, alla tipica mocetta valdostana, oppure ai formaggi erborinati.
Abruzzo: pane spiga, di cappella e di mais
In Abruzzo sono molto presenti grandi pagnotte, come il pane spiga, dal nome dei piccoli tagli sulla superficie che ricordano la spina di grano; o il pane di cappella, ovvero preparato con il grano Senatore Cappelli. Non è raro trovare anche il pane di mais, così come il classico casereccio aquilano.
Liguria: conosciamo il pane nero di Pigna e la Carpasina!
Oltre al pane di Triora, paese delle streghe, di cui vi avevamo già parlato, sempre nella zona della Valle Argentina sono presenti altre due tipologie molto interessanti: il pane nero di Pigna e la Carpasina, ovvero il Pan d’ordiu di Carpasio, con macinato d’orzo, lievito madre e acqua di sorgente. Essendo molto dura, si bagna con acqua e aceto, condita solitamente con pomodoro, acciughe, olio e basilico, alimento base di pastori. Spostandoci verso il capoluogo, a Genova troviamo il libretto, il classico panino bianco soffice dei genovesi, con mollica morbida e ben alveolata. Infine, citiamo anche un pane che sa di Liguria più di tutti: è il pane di Chiavari, con farina di grano tenero e polpa di olive nere conservata in olio extravergine di oliva.
Toscana: non solo pane “Sciocco”
Quando pensiamo al pane in Toscana, ci viene subito in mente senza dubbio quello senza sale, ovvero il pane Sciocco o di cotone (perché lievita su telo di cotone), che tale dev’essere per accompagnare tutti i sapori forti della cucina toscana, quali patè di fegatini, salumi, prosciutti e formaggi. Ma ci sono altre tipologie molto interessanti, meno note e più saporite, quali il pane di farro o di patate, che è Presidio Slow Food, in Garfagnana; o la Marocca di Casola in Lunigiana, anch’esso Presidio, preparato con la farina di castagne che abbonda in zona. Sempre con farina di castagne si prepara anche il Neccio, in particolare nei dintorni di Pistoia. Altri pani degni di nota sono; il Pan di Ramerino, con foglie di rosmarino e uva passa; la bozza pratese, che ha anche un Consorzio che si occupa della sua promozione e valorizzazione; il pane marocco di Montignoso con peperoncino e olive nere fresche (infatti si prepara durante il periodo della raccolta); e il pane di Vinca, vicino a Fivizzano, in Lunigiana, con farina di grano tenero e crusca e con una lunga lievitazione di almeno 12 ore.
Puglia: dal pane di Altamura allo Scéblasti
Oltre a friselle, taralli e pucce (ripiene), il pane più famoso è quello di Altamura, pane con grano locale, a pasta acida con crosta croccante grazie alla cottura in forno con legna di quercia, oggi prodotto Dop diffuso e richiesto in tutta la penisola per la sua bontà e durevolezza. Meno conosciuti, ma non per questo meno degni, sono anche altri pani simili con semola rimacinata di grano duro locale, come quello dell’Alta Murgia, di Laterza, de Sand’Andonie, il garganico (in particolare di Monte Sant’Angelo). Infine, in Salento, c’è una vera e propria specialità: la scéblasti, il caratteristico pane condito di Zollino, con farina, acqua, zucca gialla, olive, cipolla, zucchine, olio, peperoncino, sale e capperi, cotto sulla pietra nei forni a legna e festeggiato ogni anno il 2 e 3 agosto.
I sei pani del Lazio
In Lazio dobbiamo citare almeno sei pani: da non confondere con la pasta umbra, è la ciriola romana, il classico pane bianco di grano tenero sempre presente in tavola; la Falia di Priverno, dalla forma allungata, che si avvicina più ad una focaccia; poi c’è il Pane casereccio di Genzano IGP, simile al Pane di Lariano (che però ha solo farina semi integrale di tipo 1), filone o pagnotta con farina tipo 0 e 00, con crosta dura, lievito madre e spolverato con cruschello o tritello; il pane di Velletri, realizzato secondo l’antica tecnica della scoffiatura, ovvero una lavorazione con cui si ottengono delle aree vuote all’interno del pane; o ancora, il pane di Salisano, un classico filone con tre incisioni sul profilo. Infine, il pane di Vicovaro, dove fino agli anni Cinquanta c’erano ben 18 forni, che rifornivano tutta la città, mentre oggi ne sono rimasti solo due.
Basilicata, oltre il pane di Matera
In tutta la regione si trova moltissimo la ciambella di pane bianco, anche se orgoglio lucano, ormai noto in tutto il mondo è il famoso Pane di Matera IGP, preparato con grani duri locali tra cui il Senatore Cappelli. Meno conosciuto è il pane di Rivello con tre farine del Pollino e lievito naturale, poi sono diffusi vari pani a forma di ciambella, quali il Pane di Cuddura, u ficcilatìdd, il mescuotte, il varone, destinato agli uomini e il pizzatolo, che sarebbe la variante femminile.
Trentino Alto Adige: pani impossibili da pronunciare, assolutamente da assaggiare
Il pane di questa regione si distingue quasi sempre per la presenza della farina di segale, che ritroviamo nelle seguenti specialità: il breatl a pasta acida con semi di finocchio, cumino e coriandolo; lo Schwarzer Weggen, diffuso in tutto il Sud Tirolo; Fela Struzn e Vinschgauer Struzn, due pani a forma di sferracavallo, presenti anche bianchi; la pagnotta ai 4 tritelli, anche con orzo e avena; il pindl, che con l’aggiunta di mele essiccate, cannella e limone diventa apfelbrot, mentre con le pere e l’uva sultanina palabirabrot; poi c’è il noto Schuttelbrot, quello sottile, appiattito e croccante diffuso ovunque quasi sempre in accompagnamento allo speck. E e infine c’è l’Url-Paarl della Val Venosta, oggi Presidio Slow Food, che si ottiene unendo due pani rotondi, sempre con cumino, finocchio, trifoglio e varie erbe. Come forse già saprete o ricorderete, si trovano spesso anche i brezel, le classiche ciambelle salate che qui arrivano dalla vicina Austria, mentre è sempre più raro trovare il pan de molche, con olio d’oliva del Garda o pasta d’olive.
In Molise, per assaggiare il parrozzo
Da non confondere con il dolce abruzzese, in Molise il parrozzo indica una tipologia di pane, ovvero il pan rozzo, preparato con patate, mais e granoturco. In generale si trovano spesso le varietà di pane presenti in Abruzzo, quali il Polifemo, di cui però non abbiamo molte notizie. Voi lo conoscete?
In Emilia-Romagna, oltre piadine e crescioni c’è di più
È vero, questa regione è nota più per piadine, crescioni, paste fresche e ripiene; ma nonostante tutto, si difende bene anche in materia di panificazione, con tipologie come il pane di Pavullo, vicino Modena, a pasta dura, con varie farine e strutto, in forme diverse quali micca, filone e michetta; o il pane del bollo, dal nome del bollo che nel Quattrocento distingueva le pagnotte per i pellegrini sulla Via Francigena. O ancora la Miseria, grande pagnotta simile alla michetta originaria della città del musicista Verdi, Busseto. Ad aver ottenuto l’indicazione geografica tipica è la Coppia Ferrarese, una coppia appunto di due panini allungati, lavorati e intrecciati a mano, croccanti, quasi privi di mollica.
Umbria: più che pani, specialità
Il pan nociato umbro è davvero una specialità: si prepara con gherigli di noce scottati, pelati e pestati, pecorino di Norcia, olio, sale e pepe. Come gran parte delle ricette più preziose, varia da paese a paese, dove si può trovare anche simile sotto il nome di pan caciato; ad esempio alcuni ci aggiungono vino rosso, uvetta o chiodi di garofano. Poi c’è il pane senza sale di Strettura, piccolo comune vicino a Spoleto e il classico pane di Terni, anche se diffuso in tutta la regione.
In Campania, si riprendono i grani antichi
In Campania è in corso un’importante ripresa dei grani antichi, sempre più ri-utilizzati nella classiche pagnotte soprattutto in Cilento, in paesi come Padula, Caselle in Pittari o Vallo della Lucania; o nel beneventano, nel noto pane di Saragolla e nel puccellato rustico, che risale all’epoca romana. A Napoli, invece, il re della panetteria è sempre lui: il Pane Cafone, chiamato così per la farina grezza utilizzata per la sua preparazione e presente in vari formati quali pagnotta, cocchia, palatone, etc. Infine, in tutta la regione si produce il pane con i ciccioli o cicoli di maiale sbriciolati, ovvero con il grasso dell’animale, chiamato anche Tòrtano.
Lombardia: mai sentito parlare del pane di Como?
Non c’è dubbio: il pane per eccellenza milanese, ma diffuso in tutta la Lombardia è la michetta. Della stessa famiglia dei pani soffiati tipici del nord (quelli accusati di non durare a lungo) con bassa umidità e pasta dura fanno parte altre tipologie quali rosetta, ciabatta, miccone pavese, ricciolina, busella (nella zona di Bergamo), baule mantovano, banana di semola, luvadel, al panon, maggiolino, chisolina (la schiacciatina di Mantova) e vari panini all’olio che cambiano nome a seconda di forme, luoghi e tradizioni. Si differenzia da tutti il Pane di Como, citato da Carlo Emilio Gadda nel 1934: “il pane di Como non è da tutti, bisogna girare, andare!”. Si tratta di un pane molto pregiato, frutto di una lavorazione lunga e laboriosa, che a differenza delle altre tipologie lombarde, prevede una maggior quantità di acqua. Molto diffusi sono anche i pani di mais, di riso, di segale, di grano saraceno e di fichi.
Piemonte: ovunque, troverete la mica
Il pane più diffuso, non solo in Piemonte ma in tutto il nord Italia, è la classica mica, il cui nome deriva da briciola, con un impasto di farina di grano tenero, lievito e sale. Ci sono numerose varianti a seconda di zona e forma, quali toponin, gavasot, raschietta, grisetta, mica borgna, liber, drona, mico, biòva, giaco, tirassa, monferrina, oppure ancora, la paisanotta di Druento o la campagnola Buschese, nel cuneese. A distinguersi completamente dagli altri, è il pane di Carlo Alberto, con uova, burro, noci e acciughe ovvero la razione dei soldati in guerra. Altre due pagnotte piemontesi, seppur ormai poco diffuse, sono il pane Barbarià, cioè imbastardito, con farina di segale; e sempre con farina di segale misto a integrale il pane nero di Coimo, in Val Vigezzo.
Veneto: tra rosette, ciope, pani azzimi e pucce
In Veneto sono presenti molte tipologie di panini simili a quelli lombardi, quali rosetta, ciopa, bovolo cioppetta, montasù, spaccatina, cornetto, ambrogino, ambrogino o la piava con la sua forma caratteristica allungata, nell’area di Padova. Interessante è la diffusione del pane azzimo, vista la presenza di una forte comunità ebraica soprattutto a Venezia. Andando verso il Trentino, in provincia di Belluno, nella zona di Cortina, c’è la puccia, una specie di schiacciata croccante, preparata con farina di segale e grano duro, semi di cumino, finocchio e origano, che ricorda un po’ lo Schutterlbrot.
In Sicilia, ogni zona ha il suo pane
In Sicilia il pane cambia moltissimo da una zona all’altra. Nella parte occidentale troviamo il muffulettu a Licata e dintorni, o la muffoletta a Palermo, una pagnotta tonda che si prepara con spezie quali anice, cannella, finocchietto, pepe, cumino. Sempre a ovest c’è il noto Pane nero di Castelvetrano, con un mix di grano duro integrale e tumminìa, cotto per circa un’ora nei forni a pietra alimentati a legna di ulivo, oggi Presidio Slow Food; il Cuccidatu di Carrozza, un pane a ciambella che si prepara per la festa del Crocifisso, talmente bello che si usa anche per decorare i carri durante l’evento; il pane di Monreale, con latte e succo di limone; e i meravigliosi Pani di Salemi, preparati per le feste in varie forme che richiamano elementi barocchi. Dal lato orientale ci sono la Vastedda di Enna, che sarebbe il classico pane casereccio fatto in casa; il Pè, con semola di grano duro passata al setaccio e lievito naturale; la Pagnotta del Dittaino, prodotto DOP, con grano duro locale; il Cicciddatu, sempre a forma di ciambella, che sancisce il passaggio delle ragazze alla famiglie del marito; e il pane casereccio di Lentini, nella zona di Siracusa, ricoperto con i classici semi di sesamo che caratterizzano sempre il pane siciliano, come la mafalda e che ci ricordano l’importanza della presenza araba. In tutta la Sicila per Pasqua si prepara il Pupu cu l’ovu, ovvero il pane con dentro l’uovo.
Siamo certi di esserci quasi sicuramente dimenticati qualcosa; vi viene in mente qualche tipologia di pane tradizionale italiano che possiamo aggiungere alla nostra mappa?