di Martino Ragusa. Fermacarte di cristallo scolpito che si rivelano bottiglie di vodka, anonimi flaconi neri hi-tech che possono contenere indifferentemente un vino o un bagno schiuma, tappi di acciaio aguzzi come artigli di aquile reali posti a preservare indifferentemente l’essenza di un profumo o quella di un liquore. Il packaging di lusso orami sembra voler parlare soprattutto se stesso, e se viene un po’ perso di vista il contenuto, poco importa. Può essere un prodotto di uso esterno oppure interno, qualcosa che si beve o che si adopera per farsi il bidè. Cosa volete che conti di fronte allo splendore di una bottiglia che sembra una scultura di Moore? Alla ricchezza di un flacone intarsiato di murrine belle come lapislazzuli? Quello che conta è la faccia sorpresa di chi riceverà in dono quel contenitore, o quella invidiosa di lo scoprirà tra le nostre cose, in dispensa, accanto al fiasco di Chianti oppure in bagno vicino allo spazzolino da denti. Un packaging trasversale e autocelebrativo che vive la sua breve vita alla grande in attesa del suo inevitabile, crudele destino: essere buttato via. Per un momento, a chiunque di noi è venuto in mente di riciclare quella bella bottiglia di vino (chi non ha avuto fra le mani, per una volta, un involucro di lusso?) a vaso-per-una-sola-rosa, ma poi ci si rende conto che assieme al cambiamento d’uso interverrebbe la trasformazione dallo chic al kitsch. E scatta la condanna alla pattumiera. Ma quali miracoli avrà potuto compiere il nostro packaging prima di fine ingloriosa! Prendiamo, per esempio l’acqua minerale Bling H2O. Sgorga purissima da una sorgente del Tennessee e ha tante buone virtù, ma questo conta poco o nulla. La notizia è che è contenuta dentro a bottiglie fatte a mano in edizione limitata e con incastonati cristalli Swarovski. 24 dollari per 750 cc di acqua e passa la paura. Un packaging come questo non serve a trasportare un contenuto, ma il consumatore verso altri mondi, ambiti e preferibilmente proibiti. E’ un veicolo magico, come la zucca di cenerentola, e uno strumento di riscatto dall’umile materialità del prodotto. Per esempio, tutti bevono l’acqua per sopravvivere. Ma vogliamo mettere uno che si beve l’acqua da una bottiglia che costa 24 dollari (meno qualche centesimo del costo di 750 cc di acqua minerale)? Vogliamo confrontarlo con uno che beve qualche centesimo di acqua contenuta dentro a qualche centesimo di bottiglia di plastica? E va bene, confrontiamoli: uno è uno sfigato qualsiasi che ha bisogno di idratare le cellule del suo corpo, l’altro è uno che beve dallo stesso packaging di Madonna Ciccone. Un packaging, dicono i teorici del settore, deve comunicare emozioni e far vivere esperienze. Più emozione di sentirsi come Madonna abberata La vera nuova frontiera del packaging non è quella dei materiali lussuosi, è quella delle idee che sono spesso realizzate con materiali ordinari. Meglio ancora se oltre al look viene tenuta d’occhio la funzionalità. Va bene disimballarsi, ma non sempre è possibile, come nel caso dei liquidi. E allora, se proprio dobbiamo sbatterci il muso, perchè non premiare le buone idee e il buon gusto? In fondo è un modo per fare cultura. Per esempio, sono gradevolissime le nuove bottiglie del Martini (rosso, dry, bianco) strette in vita. Non solo ricordano le proporzioni del corpo femminile strizzando l’occhio alle consumatrici di soft drink, ma sono più comode da impugnare, sempre dalle donne. Tornando all’acqua minerale, si fa onore il bel design di una piccola bottiglia da borsetta in umile plastica da portare con se come un lettore di cd o un I-Pod. Il vetro, senza strass e senza stress da imitazione, è usato in modo magistrale da Giugiaro per le magnifiche bottigliette di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, un prodotto caro, ma che vale tutti i soldi che costa. E, cambiando materiale, meritano attenzione le bottiglie di olio di oliva da 250 cc realizzate in acciaio: sono curiose, nuove, infrangibili, riciclabili e assolutamente impermeabili alla luce nemica dell’olio. Di queste sarei tentato di conservarne una e di metterci una rosa dentro. Forse l’effetto non sarebbe così disastroso come con le bottiglie tempestate di Swarovski. In fondo anche il grande Andy Warhol quando decise di far diventare arte il packaging si rivolse a umilissime scatole di zuppa Campbell. Martino Ragusa PS Dall’alto: acqua minerale Bling H2O, due foto di acqua minerale Evian, acqua minerale Bling H2O, Vodka Ubercall, Vodka Just Cavalli, Vodka Gold Flakes Supreme, Martini dry, bianco e rosso, Olio SanOlio, Vodka Diva, Vino Pinot Voga, Cognac Hennesy.