I parte
La campagna arriva nelle strade della città e sui terrazzi: nascono gli orti urbani. Un’oasi verde dove coltivare la propria insalatina e fermarsi a chiacchierare con gli altri agricoltori metropolitani.
«Cosa nasconde nella scatola magica la fata dei sogni? Anzitutto una montagna del miglior concime! Poi un sentiero dove non crescono le erbacce , un paio di gatti che non divorano gli uccelli», inizia così la poesia Il sogno del giardiniere di Herman Hesse che, sebbene affermasse che lavorare al suo orto alla fine si era rivelata una«dura schiavitù», curò con passione e dedizione il suo pezzetto di terra traendone anche ispirazione per la sua opera In giardino.
Anche Voltaire, Petrarca, Manzoni, Calvino e molti altri erano appassionati giardinieri e orticoltori. Francesco Bacone nel suo Sui giardini sostiene che il giardinaggio è il più puro dei piaceri e Kant lo pone tra le arti maggiori.
Fino a poco tempo fa l’idea di curare un piccolo orto tra le mura delle metropoli faceva parte dei capricci concessi ai divi di Hollywood che trovavano molto alla moda offrire agli invitati le primizie raccolte dal proprio giardino. Un’inchiesta del settimanale L’Express nel 2005 includeva infatti l’orticoltura tra le settanta pratiche dell’odierno snobismo.
I primi a comparire sono stati gli orti urbani destinati ai pensionati. Il progetto ha preso il via grazie all’iniziativa dei Comuni che hanno deciso di dare in concessione alcuni pezzetti di terra ad associazioni di anziani che in cambio si dedicavano alla cura e alla semina di ortaggi, erbe aromatiche e fiori. Questa prima forma di orto urbano ha avuto grande successo e si è sviluppata molto in Emilia-Romagna (a Bologna al momento ci sono più di 3000 appezzamenti divisi in otto quartieri) per poi diffondersi anche in altre regioni. Il valore di questo genere di orti èprima di tutto sociale, sono centri di aggregazione nei quali i pensionati possono incontrarsi e chiacchierare tra un colpo di zappa e l’altro.
Ma a parte l’aspetto sociale, non è da trascurare il valore terapeutico dell’orticoltura. «L’ortoterapia è molto famosa ed è diffusa in particolar modo nei paesi anglosassoni – ci racconta Giorgio Gianquinto, professore di orticoltura dell’Università di Bologna – curare le piante rilassa e permette di concentrarsi su attività semplici e manuali, e questo può portare grandi benefici». Il fenomeno degli orti urbani va di pari passo coi tempi e coinvolge oggi anche molte famiglie di immigrati che hanno la possibilità di dedicarsi alla cura di un piccolo pezzo di terra. «Sono soprattutto famiglie provenienti dal Nord Africa – aggiunge il prof. Gianquinto – che decidono di impegnarsi nella cura di un orto sia per coltivare piante legate alle loro tradizioni, che qui da noi non possono trovare, sia per risparmiare qualcosa sulla spesa di ogni giorno». Anche in questo caso sono stati i Comuni a lanciare l’iniziativa dando in gestione piccoli pezzi di terra alle Onlus che fanno da punto di riferimento per le famiglie di extracomunitari.
Il fenomeno degli orti urbani collocati alle periferie delle città è un’antica tradizione del centro Europa che oggi è arrivata anche da noi sotto la spinta di un desiderio di ritorno alla natura e del carovita che fa vacillare i bilanci familiari. «È una moda sì, ma spesso è anche una necessità – sottolinea il prof. Gianquinto – Ormai in molti casi è più conveniente produrre frutta e verdura direttamente sul terrazzo». E in effetti in questi ultimi tempi abbiamo assistito a un moltiplicarsi di piccoli e grandi orti urbani che dalle periferie stanno conquistando sempre più un posto in centro.
Presto la seconda puntata sugli Orti Urbani, se vuoi aggiungere qualcosa o commentare l’articolo scrivi nel forum legato alla rubrica
(Per le foto degli orti si ringrazia Alessandro De Angelis e l’architetto Claudio Cristofani, per le foto dei giardini di Gaetano Bruno la fonte è www.ecostiera.it)
di Anastasia Scotto.