Compie dieci anni il progetto Orti in Africa della Fondazione Slow Food per la Biodiversità e conferma l’impegno a realizzare, in diversi paesi del continente africano, spazi dedicati non soltanto alla semplice coltivazione di verdure e altri alimenti locali, ma anche all’educazione. Gli orti, infatti, coinvolgono in prima persona i bambini in età scolare e si trasformano in aule en plein air e occasione di crescita per l’intero territorio dove vengono sviluppati. Proprio in queste settimane sono stati inaugurati cinque nuovi orti in Malawi che saranno frequentati da oltre 5.000 bambini e bambine. Scopriamo come funzionano e che impatto hanno sui territori.
Orti in Africa, il programma di Fondazione Slow Food per la Biodiversità
Inaugurato nel 2010, il progetto Orti in Africa della Fondazione Slow Food per la Biodiversità si poneva l’obiettivo di realizzare, in dieci anni, 1.000 orti con una duplice finalità: fornire cibo fresco e salutare alle comunità e diventare luoghi di formazione per i bambini e le bambine delle zone rurali dove vengono realizzati. In pochi anni, l’obiettivo è stato raggiunto e, nel 2014, si è deciso di rilanciare la sfida e arrivare fino a 10.000. Ad oggi sono oltre 3.000 gli orti realizzati e il numero continua a crescere.
Di questi, 1.226 sono scolastici e coinvolgono quindi le strutture educative locali, mentre 1.176 sono gestiti e curati dalle comunità. La distribuzione è capillare in molti paesi africani: dall’Angola alla Repubblica Democratica del Congo, passando per Costa d’Avorio, Etiopia, Madagascar, Uganda e molti altri. Ciascuno ha poi le sue caratteristiche poiché vengono coltivate prevalentemente specie locali, in tutela e difesa della biodiversità nonché delle caratteristiche climatiche e del terreno.
Come nel caso di un altro progetto Slow Food di cui abbiamo parlato, Food for Change, l’impatto sulle comunità locali è notevole, perché il progetto coinvolge in maniera attiva uomini e donne delle zone e mira a valorizzare i loro saperi. È da qui che si parte per la realizzazione dello spazio dell’orto: insieme si selezionano le piante da coltivare, i semi da selezionare, e le tecniche da applicare. L’impegno di Fondazione Slow Food è di permettere che il ponte tra il sapere degli anziani e le capacità dei più giovani diventi concreto, solido e sostenibile, e che contribuisca a un miglioramento della dieta della comunità.
Lo spiega chiaramente Manvester Ackson Khoza, referente del progetto in Malawi: le scuole coinvolte in Orti in Africa “fungono da modelli di apprendimento per altre scuole che vogliono avvicinarsi alla filosofia di un cibo buono, pulito e giusto. Vogliamo diffondere la cultura dei nostri antenati, spiegare alla nostra gente come produrre cibo in modo autonomo e metterle nelle condizioni di avviare imprese che – adottando un approccio agroecologico – siano in grado di assicurare un reddito”.
Ripartire dopo l’emergenza Covid-19: 5 nuovi orti in Malawi
La pandemia ha bloccato anche l’attività di Orti in Africa. Proprio lo scorso mese di marzo si sono svolte due giornate di formazione dedicate a 24 insegnanti, dirigenti e membri delle comunità locali per l’avvio di cinque nuovi orti scolastici in Malawi. In queste settimane è stato possibile, spiega Slow Food, far ripartire le attività che coinvolgono più di 5.000 bambini di età compresa tra i 5 e gli 8 anni. Si tratta degli alunni e delle alunne delle scuole primarie di Mzuzu, nel distretto di Mzimba che si trova nel nord del paese, e sono per la maggior parte membri delle comunità indigene Tumbuka e Chewa.
Le attività che verranno loro proposte, come accade in molti altri orti scolastici in altre parti del continente, prevedono la possibilità di sperimentare sul campo che cosa significa coltivare le verdure, le erbe aromatiche, le spezie o la frutta della propria terra. Il tutto seguendo i principi della gestione agroecologica della terra, riducendo gli sprechi e imparando il valore delle risorse idriche. Gli stessi semi per il futuro vengono prodotti direttamente negli orti e i bambini e le bambine sono coinvolti anche in questa fase.
Punto di forza del progetto, sempre secondo Fondazione Slow Food, è proprio la partecipazione attiva dei più piccoli per cui gli orti di trasformano in spazi di formazione, crescita e apprendimento. Vere e proprie aule dedicate alla outdoor education che, in maniera particolare in contesti difficili, favoriscono l’inclusione sociale e lo sviluppo dei territori.
[elementor-template id='142071']I nuovi cinque orti in Malawi sono stati realizzati grazie al contributo di Life che sostiene da anni la Fondazione Slow Food per la Biodiversità e ha recentemente rinnovato l’impegno a finanziare l’avvio di altri cinque spazi in Uganda. Ma anche per i semplici cittadini e consumatori è possibile “adottare un orto in Africa”. Sul sito di Fondazione Slow Food, infatti, c’è una sezione dedicata ai sostenitori che permette a ciascuno di dare il proprio contributo.
Conoscevate già il progetto?