Gli orari dei pasti sono ormai qualcosa di consolidato e condiviso nella nostra società e contribuiscono a scandire la quotidianità. In Italia si fa colazione al risveglio, si pranza in genere intorno alle 12-13 e si cena tra le 19-21, pur con alcune differenze tra Nord e Sud. Ma è davvero sempre stato così? A che ora si mangiava nelle varie epoche storiche e quanti pasti si consumavano al giorno? Oggi ti porteremo alla scoperta degli orari dei pasti nella storia: dall’Antica Roma al Medioevo, fino al periodo che va da fine Settecento a fine Ottocento, durante il quale accadde qualcosa di davvero particolare in Europa. Preparati, perché ne scoprirai delle belle!
Antica Roma, tra pranzi veloci e ricchi banchetti serali
Cominciamo il nostro viaggio nell’Antica Roma, epoca in cui la giornata era scandita solitamente da tre pasti, la cui composizione tende a cambiare in base al periodo storico di riferimento e alla classe di appartenenza della famiglia. Il primo pasto era la colazione, chiamata jentaculum: avveniva al mattino e poteva includere alimenti come pane imbevuto nel vino, formaggi, uova, olive o avanzi della cena precedente. Seguiva il pranzo, chiamato prandium, che in genere cadeva intorno a mezzogiorno. Di solito si trattava di un pasto leggero, che avveniva durante la pausa dal lavoro, e poteva essere consumato anche in locali pubblici (ne abbiamo parlato rapidamente nell’articolo dedicato alla storia dei fast food). L’ultimo pasto della giornata, invece, era la cena (coena): inizialmente si teneva intorno alle quattro del pomeriggio, ma con il tempo cominciò a essere consumata più tardi. Era ritenuta il pasto principale e, almeno per chi ne aveva la possibilità, poteva trasformarsi in abbondanti banchetti conviviali, costituiti da numerose i portate.
I pasti nel Medioevo
Nel Medioevo, pare fosse consuetudine consumare solitamente due pasti al giorno, con il pranzo più sostanzioso rispetto alla cena, che di solito era più leggera. La dieta tendeva a cambiare in base a una serie di fattori come risorse disponibili, clima, classe sociale, presenza o meno di carestie o eventi bellici e, non di minore importanza, il calendario liturgico, che scandiva una serie di momenti durante i quali la popolazione era tenuta a rispettare determinate prescrizioni a livello alimentare (pensiamo ai “giorni di magro” e ai “giorni di grasso”). La dieta si basava soprattutto su cibi come cereali, carne e derivati, verdura e legumi, inoltre si faceva ampio utilizzo di erbe aromatiche.
Tra ‘700 e ‘800: l’orario dei pasti diventa status symbol
Le consuetudini alimentari in Europa subirono un forte cambiamento tra la fine del XVII e del XIX secolo, in seguito a vari eventi come, ad esempio, l’introduzione di nuovi alimenti provenienti dall’America, il miglioramento delle tecnologie, lo sviluppo scientifico, la rivoluzione agricola e industriale. A questi grandi cambiamenti si aggiunsero alcune tendenze più “modaiole”, che per un periodo influenzarono soprattutto i ceti più agiati.
Tra la fine del Settecento e la fine dell’Ottocento, infatti, accadde qualcosa di molto curioso. Come spiega lo storico Alessandro Barbero, che ha scritto il libro A che ora si mangia? Approssimazioni storico-linguistiche all’orario dei pasti (secoli XVIII-XXI), prima in Inghilterra e, successivamente, in Francia e poi negli altri Paesi europei, si diffuse l’abitudine, tra le classi più agiate, di consumare tardi il pasto principale della giornata, usanza che divenne una vera e propria moda. Il pasto principale, anche se consumato tardi, veniva sempre chiamato “pranzo” (in francese dîner e in inglese dinner), era molto abbondante e comprendeva diverse portate (almeno 4-5). Ma cosa intendiamo con “tardi”? Considera che, inizialmente, il pranzo si spostò intorno alle 16-17 e che, gradualmente, slittò sempre più avanti, fino addirittura alle 18-19!
Per i ceti più elevati questa nuova tendenza divenne un modo per distinguersi dai ceti meno abbienti. Solo coloro che appartenevano a una classe povera, infatti, avevano la necessità di mangiare intorno alle 12-13, essendo svegli dalla mattina presto per lavorare. Al contrario, gli aristocratici andavano spesso a dormire a tarda notte, dopo aver partecipato a feste e altre attività, e al mattino era difficile che si alzassero presto.
Questa tendenza, all’epoca oggetto anche di satira e prese in giro, venne presto ricalcata dalla Francia e, più tardi, da altri Paesi d’Europa. In Francia, in particolare, la nuova moda venne interpretata come una soluzione per avere più tempo da dedicare agli affari e concluderli entro l’ora di pranzo.
E in Italia?
Anche qui i ceti alti adottarono questa abitudine. A questo proposito esiste una testimonianza di Alessandro Manzoni, che in una lettera invita un amico a pranzo… Indovina a che ora? Alle cinque del pomeriggio, naturalmente! Anche nel nostro Paese, quindi, l’usanza di “cenare” cominciò a essere attribuita alle classi meno abbienti: solo chi aveva lavorato tutto il giorno, la sera, aveva la necessità di sedersi a tavola e mangiare una seconda volta (a quell’ora, invece, gli aristocratici consumavano il pasto principale della giornata).
Che ne sarà di questa confusione tra i termini “pranzo” e “cena”? Chi ne uscirà vincitore? In Italia, nel tempo, ad avere la meglio furono le abitudini delle persone comuni di chiamare “cena” il pasto consumato di sera e “pranzo” quello di metà giornata, consuetudine che finì per coinvolgere anche le classi più abbienti. In Francia si sarebbe affermato il termine déjeuner, per indicare il pranzo, e di petit déjeuner per la colazione, mentre in Inghilterra la parola lunch, sempre per riferirsi al pranzo. Dinner e dîner sarebbero stati perlopiù usati, in genere, per identificare la cena.
E tu conoscevi queste curiosità rispetto agli orari dei pasti nella storia?
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Fonti:
- taccuinigastrosofici.it
- “Volume 1. La cucina medievale e rinascimentale”; “Volume 2. La cucina del Settecento e dell’Ottocento” in La nostra storia, il nostro presente di Silvio Paolucci, Giuseppina Signorini
- “A che ora si mangia?” di Alessandro Barbero, ospite del Festival Cucine d’Epoca 2019, Palazzo Ducale di Genova