Olio d’oliva e tumori: lo studio della Fondazione Umberto Veronesi sui benefici dell’oro verde

Alessia Rossi
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    Qual è un ingrediente che non manca mai nelle nostre cucine? L’olio d’oliva! Essenziale per cucinare e re della dieta mediterranea, in realtà questo tesoro liquido ha più da offrire che un semplice tocco di sapore ai piatti. Da tempo, infatti, si indagano le sue proprietà nutraceutiche, e cioè che sono in grado di svolgere un’attività salutistica e benefica sull’organismo umano. Uno studio recente – realizzato da Piattaforma Congiunta Fondazione Umberto Veronesi- Irccs Neuromed – ha acceso i riflettori su un altro dei suoi effetti: sembra che consumare olio d’oliva possa ridurre il rischio di mortalità per tumore. Sì, avete capito bene: quella bottiglia che spesso trascuriamo sullo scaffale della dispensa potrebbe essere un’alleata silenziosa contro una delle malattie più temute del nostro tempo. Ma prima di addentrarci nei dettagli dello studio, facciamo un piccolo ripasso sul perché l’olio d’oliva merita un posto d’onore nelle nostre tavole e, in generale, nella nostra vita.

    I benefici dell’olio d’oliva: perché riscoprirlo

    L’olio d’oliva è molto più di un semplice condimento, al punto che in tanti lo considerano una “piccola farmacia in bottiglia”. Qualcosa di vero in questo modo di dire c’è, proprio per il fatto di essere ricco di grassi buoni, come gli acidi grassi monoinsaturi tra cui l’acido oleico, e una miniera di antiossidanti tra cui la vitamina E, il tocoferolo e altri importantissimi composti fenolici. La sua composizione chimica contribuisce a difendere il nostro corpo dall’invecchiamento precoce attraverso la lotta ai radicali liberi e a proteggere il cuore, tenere a bada il colesterolo cattivo, e persino a migliorare le funzioni cerebrali. Tuttavia, dei benefici dell’olio d’oliva in relazione ai tumori si sa ancora troppo poco e, stando ai ricercatori, la maggior parte dei dati disponibili proviene – paradossalmente – da popolazioni non mediterranee. 

    oliera con ciotolina di olive

    AnnaNikitina84/shutterstock

    Ad esempio, nel 2022 è stato pubblicato uno studio sul Journal Of The American College of Cardiology condotto dalla Harvard T.H. Chan School of Public Health, il cui scopo era quello di valutare se effettivamente ci fosse un’associazione tra l’assunzione di olio d’oliva e un minor rischio di mortalità. I risultati dello studio sono positivi: i partecipanti erano più di 60.000 donne e 30.000 uomini – che si presentavano sani all’inizio dello studio – e il periodo di follow-up è durato 28 anni. Al termine di questo periodo, i ricercatori hanno potuto osservare alcune evidenze interessanti: un consumo maggiore di olio d’oliva è stato associato a un rischio inferiore del 19% di mortalità per malattie cardiovascolari, del 17% di mortalità per cancro, del 29% di mortalità per malattie neurodegenerative e del 18% di mortalità per patologie respiratorie. Infine, hanno analizzato che la sostituzione di altri grassi, come margarina, burro, maionese e grassi caseari, con un quantitativo equivalente di olio d’oliva fosse collegato a una riduzione significativa – fino al 34% – di mortalità.

    Per tutte queste ragioni, si è voluto indagare il ruolo di questo alimento cardine della dieta mediterranea, in relazione alla mortalità per tumore, in un Paese come l’Italia.

    Lo studio della Fondazione Veronesi

    Veniamo allo studio, pubblicato sull’European Journal of Clinical Nutrition. A condurlo, è stata la Piattaforma Congiunta Fondazione Umberto Veronesi-I.R.C.C.S. Neuromed, in collaborazione con la Clinica Mediterranea Cardiocentro di Napoli e l’Università LUM “Giuseppe Degennaro” di Casamassima (BA), nel contesto del Progetto UMBERTO, dedicato alla prevenzione dei tumori. La ricerca ha analizzato i dati di quasi 23.000 adulti italiani, uomini e donne, che hanno partecipato allo studio epidemiologico Moli-sani e sono stati seguiti per oltre 12 anni: di questo ingente campione, erano disponibili informazioni dettagliate sui consumi alimentari.

    Olio d'oliva come condimento per insalata caprese

    Marian Weyo/shutterstock

    Nel dettaglio, il campione era composto da 11.976 donne e 10.916 uomini, con un’età media di 55,4 anni al momento dell’arruolamento. Si è dunque analizzato il consumo medio di olio d’oliva tra i partecipanti, e quello rilevato era di 23,3 grammi al giorno. Un aspetto rilevante è che le persone che riferivano un consumo più elevato di olio d’oliva tendevano anche ad avere una minore incidenza di patologie croniche e non solo: è stato riscontrato che seguivano in generale un’alimentazione più sana, con una maggiore presenza di frutta, verdura, legumi e pesce, oltre a un ridotto consumo di alcol. A questo punto bisognava indagare gli effetti a lungo termine: il periodo di follow-up è durato oltre 12 anni, duranti i quali si sono verificati 2.566 decessi, di cui 939 per cancro, 910 per malattie cardiache e 723 per altre cause. 

    Olio d’oliva e tumori: cos’è emerso?

    Cucchiaio di olio di oliva su fetta di pane

    Kitreel/shutterstock

    I risultati sono molto promettenti: hanno evidenziato che un consumo più elevato di olio d’oliva – pari o superiore a tre cucchiai al giorno (circa 30 grammi in totale) – era associato a una riduzione significativa del rischio di mortalità per tutte le cause. In particolare, i ricercatori si sono concentrati su alcuni biomarcatori infiammatori, metabolici, cardiovascolari e renali, e da questa analisi è emerso che una maggiore assunzione di olio d’oliva riduceva il rischio di mortalità complessiva del 21,2% e quella per cancro del 13,7%.

    Che cosa significa, quindi? Secondo i ricercatori, infatti, questa riduzione della mortalità per tumore si spiegherebbe con un miglioramento nel profilo di alcuni fattori di rischio associati alle malattie cardiovascolari, almeno in parte. Da qui l’ipotesi che alcune malattie croniche, seppur molto diverse tra loro come l’infarto e il cancro, possano però condividere i medesimi fattori di rischio e meccanismi molecolari. In sostanza, potrebbe esistere un “terreno comune” da cui hanno origine tali patologie, aprendo le porte a nuovi campi della ricerca. 

    In futuro, saranno necessari quindi ulteriori approfondimenti; inoltre, potrebbe essere interessante anche indagare come cambia l’impatto sulla salute umana a seconda dei diversi tipi di olio di oliva e, quindi, dei differenti composti bioattivi presenti al loro interno. Ad ogni modo, appare evidente come l’olio d’oliva sia un ingrediente da tenere vicino e impiegare nella cucina (sempre con moderazione, ovviamente). Se spesso ci dimentichiamo del potenziale di questo oro liquido, forse è il caso di riscoprirlo!

     

    Voi siete dei consumatori abituali di olio d’oliva?


    Immagine in evidenza di: Marian Weyo/shutterstock

    Emiliana doc, classe ‘93, Alessia ha studiato alla Scuola Holden di Torino e ora scrive per magazine, blog e social media, oltre a tenere corsi di scrittura per ragazzi e adulti. Ama raccontare storie, soprattutto legate al cibo e alle persone che ne sono protagoniste. Nonostante la poca pazienza in cucina, adora preparare dolci la domenica con la mamma.

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