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Olio di palma, caso mediatico: il dibattito al Festival del Giornalismo Alimentare

A partire dal 2015, il dibattito sull’olio di palma è diventato un caso mediatico. In occasione del Festival del giornalismo alimentare 2017, l’evoluzione dell’interesse su questo tema è stata analizzata attentamente, in relazione ad alcuni episodi più significativi. Anche noi abbiamo approfondito attentamente la questione, come nei nostri articoli sul parere dell’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, e sulla sostenibilità delle coltivazioni nel Sud-est asiatico. Considerando gli interessanti spunti di riflessione offerti dal Festival del giornalismo alimentare, questa volta cercheremo di capire meglio come e perché l’olio di palma è stato protagonista di un caso mediatico senza precedenti. Nella parte finale dell’articolo, inoltre, riporteremo le conclusioni di una ricerca che, almeno in parte, sembra riabilitare questo olio vegetale.

olio di palma

L’olio di palma al Festival del giornalismo alimentare 2017

Il Festival del giornalismo alimentare 2017, che si è svolto a Torino dal 23 al 25 febbraio, ha ospitato una ricca programmazione di dibattiti, ai quali hanno partecipato autorevoli relatori ed esperti. L’accresciuto interesse che sta investendo la comunicazione legata al cibo ha favorito un aumento dei temi di discussione. Nei numerosi panel di approfondimento della manifestazione, sono stati trattati argomenti di attualità relativi all’enogastronomia, alla salute, agli stili di vita, alla sostenibilità ambientale, alla deontologia professionale e alla cultura alimentare in genere. Non è stato un caso, però, se il dibattito più acceso e partecipato – che ha fatto registrare anche un animato confronto fra i giornalisti in sala – sia stato quello sul tema alimentare più discusso e controverso degli ultimi anni.

Quello dell’olio di palma è stato un caso mediatico clamoroso, che ha diviso gli esperti quanto i consumatori. Il panel intitolato L’anno dell’olio di palma. La battaglia di comunicazione che divide i consumatori è servito ad analizzare la lunga vicenda di questo olio vegetale, evidenziandone anche alcuni aspetti poco conosciuti. I relatori del dibattito, moderato da Pietro Paganini, editorialista de La Stampa, sono stati la professoressa Stefania Stecca, del Dipartimento di Culture, politica e società dell’Università di Torino e il professor Carlo Alberto Pratesi, del Dipartimento di Studi aziendali dell’Università di Roma 3.

Olio di palma, un caso mediatico senza precedenti

Come si accennava, la vicenda dell’olio di palma è diventata un caso mediatico di proporzioni mai viste, che ha segnato la storia dell’informazione alimentare. In Italia, per di più, l’attenzione sul tema è stata particolarmente alta e prolungata. Per comprenderne le ragioni, è necessario considerare le condizioni che hanno favorito questa espansione.

I motivi che hanno favorito l’interesse

Innanzitutto, è importante sottolineare la “multidisciplinarità” che ha caratterizzato il tema dell’olio di palma come caso mediatico. La vicenda ha coinvolto tre grandi sfere d’interesse, non necessariamente connesse alla comunicazione alimentare: il successo commerciale, la sostenibilità ambientale e la salute. Si tratta di tre ambiti che, anche se presi singolarmente, richiamano fortemente l’attenzione del pubblico, specialmente negli ultimi anni. Cerchiamo, allora, di approfondire la portata e le specificità multidisciplinari della vicenda.

  1. Lo straordinario successo commerciale dell’olio di palma è stato l’innesco che ha acceso il caso mediatico, deflagrato a partire dal maggio 2015. Per l’industria alimentare, l’impiego di questo prodotto risultava estremamente vantaggioso rispetto a tutti gli altri oli vegetali. Infatti, la sua economicità, la sua efficacia e la sua facilità d’uso lo rendevano un ingrediente privilegiato per una vastissima gamma di prodotti destinati alla grande distribuzione, che dovevano costare poco e conservarsi a lungo. La grande diffusione industriale di questo olio ha vissuto un vero boom, attirando inevitabilmente l’attenzione dei media, interessati a saperne di più sulle caratteristiche del prodotto.
  2. Il tema della sostenibilità ambientale ben presto è diventato un nodo cruciale nel dibattito sull’olio di palma. Il caso mediatico è montato molto anche in relazione ai possibili danni causati dall’espansione delle piantagioni di palma da olio, accusate di provocare un grave disboscamento nelle aree naturalmente occupate dalla foresta pluviale. Parallelamente, anche il problema dello sfruttamento del lavoro nei Paesi produttori ha acquistato una rilevanza crescente.
  3. L’aspetto di maggior richiamo per il grande pubblico, comprensibilmente, si è rivelato quello relativo alla salute. La presenza dei grassi saturi è stato il primo problema di carattere salutistico a essere cavalcato dai media. In seguito, le considerazioni sulla nocività dei metodi estrattivi ad alte temperature impiegati nella produzione hanno conquistato la ribalta in questo ambito del dibattito sull’olio di palma. Il caso mediatico è esploso soprattutto per questi motivi, che agli occhi dei più potevano costituire una minaccia al benessere fisico dei consumatori.

Com’è cambiato l’interesse nel tempo?

Per comprendere meglio il dibattito sull’olio di palma e il caso mediatico a esso associato, è necessario analizzarne l’andamento dell’interesse nel tempo. Questo passaggio, di conseguenza, ha rappresentato il fulcro del panel organizzato al Festival del giornalismo alimentare 2017. Il grafico presentato dai relatori mostrava l’evoluzione del volume di ricerca sui temi relativi all’olio di palma, fra il mese di maggio del 2015 e il mese di ottobre del 2016. Dei sette picchi d’interesse che si sono verificati in Italia, vale la pena soffermarsi sui tre più significativi.

L’inchiesta di Report

Il primo e principale picco d’interesse sull’olio di palma, talmente forte da far presagire l’inizio di un caso mediatico, si è verificato nella settimana compresa fra il 3 e il 6 maggio del 2015. In Italia, è stata l’inchiesta di Report intitolata Che mondo sarebbe senza… del 3 maggio di quell’anno a dare il via alla querelle sul famigerato olio vegetale. Riguardando l’estratto di 17 minuti della puntata della trasmissione Rai, si può notare come questa sia servita soprattutto a sollevare il caso sull’olio di palma più che ad approfondirne i vari aspetti. Effettivamente, la breve inchiesta, toccando molti temi pur senza esaurirli, offrì uno straordinario assist sia ai successivi approfondimenti sia alle discussioni sui social network.

Il rapporto EFSA

È curioso notare che il picco associato alla pubblicazione del parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) il più importante in termini di contenuti – sia anche uno dei tre meno rilevanti in termini quantitativi. Questo aumento del volume di ricerca, il quarto in ordine cronologico, si è manifestato fra l’8 e il 14 maggio del 2016, ovvero dopo più di un anno rispetto alla prima impennata. Le proporzioni contenute di questo picco, rispetto ad altre fasi del dibattito, suggeriscono una considerazione, ipotetica ma fondata. Come spesso accade in questi casi, la bolla mediatica dell’olio di palma si è gonfiata soprattutto grazie a una viralità impulsiva, fortemente spinta dall’emotività. Le basi scientifiche, invece, seppur decisive per i contenuti, hanno avuto un ruolo meno rilevante rispetto a quanto sarebbe stato lecito aspettarsi.

Lo spot Ferrero

L’ultima impennata di interesse per la vicenda dell’olio di palma è stata registrata fra il 23 e il 29 ottobre del 2016, quando ormai l’olio di palma era riconosciuto come un caso mediatico. Quella settimana corrispondeva all’inizio della diffusione, sui canali televisivi, dello spot Ferrero in difesa della qualità dei propri prodotti e dell’utilizzo di un olio dichiarato sicuro e sostenibile. Questo picco – il terzo in termini quantitativi – attesta la lunghissima durata della discussione sull’olio vegetale, che peraltro non si è completamente assopita.

Il caso non è chiuso

Oggi sappiamo che le tematiche salutistiche e ambientali hanno spinto molti produttori a cessare l’utilizzo dell’olio di palma, comunicando con grande enfasi questa scelta. La crescita del caso mediatico, in questo senso, è stata determinante. Scontrarsi con lo sfavore che pesa su questo olio vegetale, ormai radicato fra i consumatori, è sfida ardua. Altri marchi della grande distribuzione, invece, hanno continuato a utilizzare l’olio, considerandolo pressoché insostituibile per alcune preparazioni, difendendone la salubrità e la sostenibilità produttiva.

Durante il dibattito che si è tenuto al Festival del giornalismo alimentare 2017, tuttavia, diversi esperti si sono espressi a favore di una valutazione meno aprioristica dell’olio di palma. Il caso mediatico incontrollato e l’informazione veicolata dai social network non hanno favorito una comprensione obiettiva e completa. Gli oli vegetali sostitutivi non sono sistematicamente preferibili rispetto all’olio di palma, e i problemi più urgenti da combattere sarebbero le diete squilibrate, soprattutto se associate agli stili di vita sedentari.

Uno studio tedesco riabilita l’olio di palma

Secondo una ricerca tedesca del 2016, realizzata dall’associazione di consumatori Stiftung Warentest, l’olio di palma, al di là del caso mediatico, non sarebbe da criminalizzare. L’accusa di cancerogenicità che pesa sull’olio sarebbe sostanzialmente infondata. Questa riabilitazione è il risultato di un test comparativo, realizzato su venti creme spalmabili a base di cacao e nocciole. Lo studio tedesco dimostrerebbe che i componenti nocivi sviluppati durante la raffinazione i glicidil esteri e i 3-MCDP in alcune creme contenenti olio di palma sarebbero meno presenti rispetto ad altre preparate con olio di girasole. Stiftung Warentest, ente specializzato nei test comparativi indipendenti, conclude che il rilascio di componenti nocivi contenuti negli oli non è ancora del tutto evitabile, anche se i produttori sarebbero in grado di limitarlo grazie all’evoluzione dei metodi di raffinazione.

L’importanza delle materie prime e della lavorazione

L’uso di materie prime di qualità e una raffinazione a temperature non eccessive ridurrebbero fortemente la presenza di contaminanti dannosi alla salute. Viceversa, materie prime scadenti e temperature di raffinazione superiori ai 200 gradi centigradi favorirebbero il rilascio di 3-MSDP e di glicidil esteri, a prescindere dal tipo di olio vegetale. In sostanza, l’olio di palma non sarebbe cancerogeno a priori, mentre un olio di girasole di scarsa qualità raffinato in condizioni non ideali potrebbe essere più nocivo. L’eliminazione dell’olio di palma, pertanto, non sarebbe una soluzione corretta quanto il miglioramento dei processi di lavorazione. Pur attestando una più frequente presenza di contaminanti nell’olio di palma, l’EFSA aveva già riconosciuto che, fortunatamente, fra il 2010 e il 2015 le quantità di glicidil esteri e 3-MCDP negli oli erano state dimezzate. L’industria alimentare, quindi, ha già messo in atto migliorie considerevoli per far fronte agli aspetti critici che coinvolgono la salute. Al netto di queste considerazioni, comunque, tutti gli oli vegetali di uso industriale vanno considerati per quello che sono, ossia prodotti di basso pregio adatti a preparazioni economiche.

Dopo questo approfondimento sull’olio di palma e sul caso mediatico a esso associato, può essere interessante leggere i nostri articoli sull’olio di cocco, sull’olio di colza e sulle caratteristiche degli oli di semi.

Fonti:
Festival del giornalismo alimentare 2017, L’anno dell’olio di palma. La battaglia di comunicazione che divide i consumatori.
EFSA – Autorità europea per la sicurezza alimentare
Stiftung Warentest

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