Giornale del cibo

Olio d’oliva turco: una minaccia anche per il made in Italy?

In attesa dei dati ufficiali dell’annata 2016-2017, un dato di fatto invade il settore dellolio extravergine italiano: c’è un altro concorrente, per una delle eccellenze del made in Italy, e arriva dalla Turchia. Ci sono prodotti di grande qualità, secondo le riviste di settore, che provengono in particolare dalle piantagioni affacciate sull’Egeo, ma c’è anche un generale, esponenziale aumento della produzione turca. Si tratta di un elemento positivo in termini di concorrenza, negativo secondo produttori e associazioni di categoria della penisola: in tempi di scarsa produzione quali quelli che l’Italia sta vivendo, l’arrivo di altre migliaia di tonnellate di olio evo sugli scaffali dei nostri supermercati potrebbe dare un altro schiaffo al martoriato prodotto tricolore. Vediamo perché.

olio d'oliva turco

Olio d’oliva turco, cinque anni d’oro. L’Italia si avvicina

La Turchia già nel 2011 sperava di diventare in pochi anni il secondo più grande produttore di olio di oliva al mondo dopo la Spagna. Sperava dunque di superare l’Italia, che nonostante le difficoltà mantiene il secondo gradino del podio. Non c’è ancora riuscita, ma i numeri sono importanti. Allora la produzione era di 147 mila tonnellate, con una domanda interna salita da 50.000 a 110.000 tonnellate in cinque anni. Oggi si assesta sulle 190 mila, avvicinando ancora l’Italia che lo scorso anno era scesa sotto le 300 mila ma che recenti previsioni per l’annata in corso danno addirittura a 243 mila.

Le importazioni di oro verde dal Medio Oriente

Ma più che l’ascesa della produzione, a preoccupare è in Italia la crescita delle importazioni. Perché appare ormai chiaro che Italia e Spagna, probabilmente anche per sopperire al mancato arrivo dell’olio tunisino (annata disastrosa, produzione a picco) stanno aprendo le porte all’extravergine turco. Sì, anche la Spagna: spesso proprio con la penisola iberica avvengono triangolazioni che portano olio extracomunitario in Italia, per questo il fenomeno preoccupa. Ebbene, in due mesi abbiamo importato dalla Turchia 515,8 tonnellate d’olio, gli spagnoli 2256 tonnellate. Non sono numeri da invasione, ma è la tendenza a impensierire i produttori italiani: l’approvvigionamento in mercati a basso prezzo (la Turchia lo è, visto che insieme alla Tunisia ha il costo di produzione più basso nel bacino del Mediterraneo) è una strategia in voga negli ultimi anni nella Ue, e l’Italia non ne è esente. La preoccupazione, in realtà, non è nuova: già nel 2012 provocò proteste in Italia un trattato sui prodotti agricoli, tra quali quelli olivicoli, tra la Commissione europea e la Turchia.

Gli effetti sul mercato italiano

Tutto questo avrebbe un effetto negativo sul settore olivicolo italiano, aggiungendosi al tracollo della produzione registrato negli ultimi anni. Lo sostiene tra l’altro Coldiretti, che di recente aveva lanciato l’allarme extravergine: il crollo del 38% della produzione segnato lo scorso anno era stato uno dei minimi storici di sempre, e le previsioni non sono incoraggianti. L’andamento negativo, sostiene l’associazione di categoria, “si riflette sulla produzione a livello mondiale, nella quale si prevede una storica carestia dei raccolti per effetto del crollo della produzione anche in Grecia con circa 240 milioni di chili (-20%) ed in Tunisia dove non si supereranno i 110 milioni di chili (-21%) mentre in Spagna, che si conferma leader mondiale, si stimano circa 1400 milioni di chili, in linea con l’anno scorso”.

In controtendenza, come detto, praticamente solo la Turchia. “Il risultato – aggiunge Roberto Moncalvo leader di Coldiretti – è una previsione di produzione mondiale a 2,785 miliardi di chili in calo del 9%, con conseguenti tensioni sui prezzi che si prevedono in forte rialzo per effetto della corsa all’acquisto dell’olio nuovo. I cambiamenti si faranno sentire sul carrello della spesa soprattutto in Italia, dove i consumi di olio di oliva a persona sono attorno ai 9,2 chili all’anno, dietro la Spagna con 10,4 chili e la Grecia che con 16,3 chili domina la classifica”. Il prodotto più rappresentativo della dieta mediterranea, oltre che truffe, contraffazioni, speculazioni, mancanza di trasparenza in etichetta, oltre che dalla Xylella, oltre che dal meteo avverso e dal calo generalizzato, si deve difendere dunque anche dalla diminuzione dei consumi e dal massiccio arrivo di oli da altri Paesi.

Un fuoco incrociato dal quale sarà difficile rialzarsi, ma che potrebbe trasformarsi in incentivo alla produzione di qualità. Intanto, gli extravergine turchi avanzano. Anche quelli di qualità, e secondo gli esperti non sono pochi. Quest’anno daranno battaglia al Sol d’Oro Emisfero Nord, l’importante concorso internazionale che da tre lustri ormai si svolge a Verona e rappresenta un anticipo della rassegna Sol&Agrifood, rassegna dell’agroalimentare di qualità in programma ad aprile. A fronteggiare l’Italia, che dovrà dimostrare di essere il Paese di riferimento dell’evo di qualità, ci saranno per il bacino del Mediterraneo Spagna, Croazia, Slovenia, Francia con gli oli della Corsica e, come detto, la Turchia. Ci sarà per la prima volta il Giappone., ma questa potrebbe essere una sorpresa dei prossimi anni.

Per approfondire la crisi dell’extravergine italiano si può scorrere la cronistoria della vicenda Xylella, il virus che ha messo in ginocchio la produzione pugliese: in questo articolo la minaccia delle sanzioni da parte della Ue all’Italia. E per chi volesse sapere qualcosa in più sull’olio di qualità e su come riconoscerlo, ecco un decalogo che aiuta a districarsi tra gusto, colore, aroma e falsi miti.

Exit mobile version