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OGM autorizzati dall’UE: perché l’Italia non può vietarne l’uso?

Il 28 ottobre scorso la plenaria del parlamento Europeo riunita a Strasburgo ha rigettato la proposta della Direzione Generale europea per la sanità e la sicurezza alimentare di affidare a ciascun Stato membro il diritto di vietare o limitare l’importazione e l’utilizzo di prodotti GM (già autorizzati dall’UE) all’interno del proprio territorio.

 

Come funziona la procedura delle autorizzazioni dei prodotti GM in Europa

Ogm

Bene, ma cosa significa? Attualmente è la Commissione europea che decide se un prodotto GM può essere importato, utilizzato, consumato all’interno del territorio europeo. Tale autorizzazione, che viene applicata a ciascun singolo prodotto,  è l’ultima fase di un lungo e complesso iter che parte dalla richiesta di un’azienda produttrice, la quale è tenuta a fornire la documentazione scientifica necessaria a comprovare l’idoneità del prodotto. A questo punto la richiesta passa al vaglio dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), che, dopo gli opportuni accertamenti, provvede a inoltrare l’intero dossier alla Commissione Europea. Prima del via libera definitivo il dossier deve essere approvato dalla maggioranza qualificata degli Stati membri.  

Per essere anche solo preso in considerazione, il prodotto deve innanzitutto rispondere a requisiti minimi di sicurezza per l’uomo, per gli animali e per l’ambiente stabiliti già negli anni ’90 (e ‘aggiustati’  in seguito fino ai regolamenti 1829-30/2003/CE), quando il primo OGM ha iniziato il suo viaggio europeo nei campi, nei mangimi, nelle etichette, nelle preoccupazioni, nelle coscienze e nel lungo e acceso dibattito sugli OGM.  Una volta autorizzato (possono passare anche molti anni), il prodotto diventa legale nell’UE e può essere immesso sul mercato.

 

Perché la proposta è stata rigettata?

La proposta della DG per la Salute e sicurezza alimentare – per tornare alla bocciatura di Strasburgo – avrebbe permesso ad ogni Stato di decidere liberamente se far entrare o meno nei propri confini un alimento o un mangime OGM già autorizzato a livello europeo. Un’ampia maggioranza degli eurodeputati (579 voti a favore, 106 contrari, 5 astenuti) ha rigettato la proposta ritenendo  che la direttiva sarebbe stata di difficile attuazione senza violare i principi cardini del mercato unico europeo e gli accordi sul commercio internazionale.

 

 

Immissione sul mercato, consumo, coltivazione

Il discorso riguarda dunque l’importazione e l’utilizzo per l’alimentazione umana o animale di OGM. Altra cosa è invece la coltivazione. È infatti già in vigore da aprile 2015 una legge che permette agli Stati membri di proibire la messa a coltura di OGM sul suolo nazionale, diritto di cui l’Italia e altri 18 stati dell’UE, tra cui Germania e Francia, si sono avvalsi. Allo stato attuale sono una sessantina i prodotti OGM immessi sul mercato unico europeo, destinati per lo più alla mangimistica. Gli stessi prodotti potrebbero in teoria essere utilizzati anche per l’alimentazione umana (l’autorizzazione è la stessa per entrambe le destinazioni d’uso), ma l’obbligo di etichettatura unito alla generale avversione dei consumatori europei verso gli OGM ha fatto sì che l’industria alimentare rinunciasse di fatto al loro impiego. La coltivazione invece riguarda in Europa per ora un solo OGM, il Mais MON 810, prodotto dall’americana Monsanto e coltivato per la maggior parte in Spagna e Portogallo.  

 

Il TTIP potrebbe abbassare gli standard di sicurezza europei?

Gli standard europei che regolano le autorizzazioni sono molto severi e si basano sul principio di precauzione, secondo cui un prodotto può essere consentito in Europa solo quando ne sia stata certificata la sicurezza. Negli USA vige invece un sistema più orientato verso la libera iniziativa imprenditoriale, che facilita l’immissione sul mercato di prodotti autorizzandoli fino a che non ci sia prova della loro pericolosità. Due approcci diametralmente opposti la cui incompatibilità sta alla base dei movimenti  contrari al TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership, il trattato di libero scambio tra USA e UE attualmente sul tavolo dei negoziati.

 

La campagna stop-TTIP fa leva sul fatto che tale accordo favorirebbe le multinazionali americane che hanno interesse a velocizzare o addirittura scavalcare i controlli. Non solo: potrebbe neutralizzare il principio di precauzione che salvaguarda la sicurezza dei consumatori (ce ne ha parlato qualche mese fa Carlo Petrini in un’intervista) in riferimento non solo agli OGM, ma anche ad esempio alle carni di animali trattati con ormoni. Paola Testori Coggi, Direttore generale Salute e Consumatori (SANCO) della Commissione europea, in una recente intervista a  “Il Fatto quotidiano” ha escluso che ciò possa accadere, in quanto l’accordo transatlantico non prevede la revisione delle leggi e delle norme sanitarie esistenti.  

Testori Coggi ha però anche ammesso che gli Stati Uniti hanno espressamente dichiarato di considerare le procedure europee poco scientifiche e troppo lente, costituendo una barriera all’immissione di prodotti USA in Europa e violando di fatto gli accordi sul commercio internazionale.  Le indicazioni preliminari degli Stati Uniti all’interno del dialogo fra le parti unite alla segretezza dei negoziati in corso stanno rafforzando la preoccupazione sui possibili sviluppi e risvolti del TTIP,  le cui sorti saranno probabilmente decise in sede parlamentare entro il 2015.

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