Obesità più letale del fumo: lo dice una nuova ricerca

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Vi abbiamo già raccontato di come i numeri dell’obesità nel mondo abbiano portato l’Organizzazione Mondiale della Sanità a considerarla un’epidemia. Parlare di epidemia globale dell’obesità, prendendo in prestito la definizione presente nel famoso articolo di Benjamin Caballero, del Center for Human Nutrition della Bloomberg School of Public Health-Johns Hopkins University di Baltimora, significa considerare la malattia come un insieme di più fattori, che hanno a che fare con l’ambiente, con la società e con gli stili di vita. Se l’accumulo abnorme di grasso (e di peso), quindi, rappresenta uno dei principali problemi di salute del mondo occidentale, esso concorre con altre patologie e cattive abitudini all’aumento di morti premature. Tanto che gli studiosi della Cleveland Clinic della New York University School of Medicine hanno stilato una classifica che ha infine evidenziato come l’obesità sia più letale del fumo. Vediamo meglio di che si tratta.

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Obesità: un’epidemia globale

Negli ultimi vent’anni l’obesità è cresciuta in modo preoccupante anche in alcune zone del mondo considerate in via di sviluppo, come Messico o Cina, per cui l’Oms ha riconosciuto la malattia come epidemica. Le cause, per quanto si inizi a considerare anche una predisposizione genetica, sono da cercare nella dieta e nella mancanza di attività fisica, due fattori tipici della società moderna.

Un ambiente obesogenico

La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità parla di ambiente obesogenico, imputando ad alcuni fattori ambientali la diffusione dell’obesità: la sedentarietà e l’eccessivo uso delle automobili per ogni spostamento, la diffusione di fast food e cibi pronti, l’abitudine a mangiare spesso fuori casa, in pause veloci. L’ambiente socioeconomico, dunque, può predisporre a sovrappeso e cattivi stili di vita, con conseguenze preoccupanti, considerato anche il forte aumento dell’obesità infantile (secondo i dati 2013-2014 gli adolescenti italiani sono i più obesi d’Europa) e delle malattie correlate che, nell’adulto, possono portare a morte prematura.

Bisogna infatti considerare che le malattie croniche sono la causa di morte per 40 milioni di persone nel mondo ogni anno (prima dei 70 anni). Si tratta di malattie cardiovascolari e respiratorie, tumori e diabete, alle quali contribuiscono l’uso di tabacco, alcol, una cattiva alimentazione e la sedentarietà.

Obesità più letale del fumo: la ricerca

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Proprio sui fattori di rischio di morte prima dei 70 anni si è soffermata la ricerca del team di ricercatori provenienti dalla Cleveland Clinic della New York University School of Medicine.

Si tratta di uno studio preliminare che ha analizzato il contributo dei principali fattori di rischio per morte prematura che riguardano comportamenti e stili di vita modificabili, prendendo come riferimento alcuni dati del 2014 sulla popolazione degli Stati Uniti.

Nell’originale classifica, presentata in questi giorni a Washington in occasione dell’annuale meeting della Society of General Internal Medicine, l’obesità risulta più letale del fumo. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che in termini di anni di vita, l’obesità toglie il 47 per cento di anni in più rispetto al tabagismo e agli altri fattori.

Glen Taksler, Ph.D., uno degli autori dello studio, spiega che “la realtà è che, mentre possiamo conoscere la causa immediata della morte di un paziente, per esempio, a causa di cancro al seno o attacco di cuore, non sappiamo sempre il fattore che contribuisce all’insorgenza di questo evento, come l’uso di tabacco, obesità, alcol e storia familiare. Per ciascuna delle principali cause di morte, abbiamo quindi individuato la ragione ultima, per capire se ci fosse un modo per permettere alle persone di vivere più a lungo”.

Metodo e risultati

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I ricercatori hanno quindi fatto delle simulazioni statistiche, stimando l’impatto di ciascun fattore sul rischio di morte prematura. L’obesità “ruba” più anni di vita di tutti gli altri fattori presi in esame. A seguire troviamo tabagismo, diabete, pressione alta e colesterolo.

Glen Taksler ha sottolineato come il dato sia particolarmente importante in quanto evidenzia intanto un successo delle politiche di contrasto al tabagismo (perché 15 anni fa il tabacco sarebbe stato in cima alla lista), inoltre dimostra che i fattori di rischio modificabili hanno un ruolo notevole sulla mortalità negli Stati Uniti, per cui bisogna agire sull’educazione alimentare, sottolineando l’importanza della perdita di peso e del mangiare sano.

I risultati rafforzano il ruolo della prevenzione e dell’informazione ai cittadini poiché molte tra le principali cause di morte prematura possono essere trattate, con un forte guadagno in termini di salute e aspettativa di vita.
Il team della Cleveland Clinic sta continuando a condurre una ricerca in questo settore per approfondire e perfezionare i risultati. In attesa di questi ulteriori sviluppi possiamo concentrarci sul patrimonio alimentare e culturale già a nostra disposizione. Ad esempio, vi abbiamo recentemente raccontato della dieta mediterranea e dello studio dell’Istituto Nazionale Tumori che sta valutando il suo effetto protettivo nei confronti delle principali malattie croniche degenerative dell’Occidente, che si collegano alla sindrome metabolica.

Come sappiamo si tratta di un regime prevalentemente vegetale, basato su cereali integrali, alimenti ricchi di fibre e antiossidanti, in linea anche con l’immunonutrizione, una moderna scienza che studia come curarsi con il cibo. E a proposito di salute e aspettativa di vita, vi potrebbe interessare anche l’articolo sulla dieta smartfood della longevità.

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