Una pubblicità di merendine in televisione durante l’orario della merenda, un annuncio pubblicitario di un fast-food vicino a un parco giochi, o ancora video sui social media dove influencer si sfidano a colpi di challenge sorseggiando bevande gassate e zuccherate. Siamo bersagliati dalla pubblicità in ogni momento e in ogni luogo, e la maggior parte degli annunci e delle promozioni si concentrano proprio su cibi poco salutari e, soprattutto, si rivolgono a un target under 18. A esserne colpiti, quindi, sono soprattutto i più giovani, continuamente invitati a consumare “junk food”.
Considerando che quasi un bambino su tre è obeso, non sorprende che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e altre organizzazioni sociali e sanitarie, come l’European Childhood Obesity Group (Ecog), il Gruppo europeo sull’obesità infantile, e l’Organizzazione europea dei consumatori (Beuc) siano tornate sull’argomento rinnovando l’appello all’Unione europea: proteggere i bambini dal marketing di cibo povero dal punto di vista nutrizionale adottando una regolamentazione forte e più vincolante.
Affrontiamo l’argomento e facciamo il punto sulla relazione tra obesità infantile e marketing alimentare, analizzando i dati più recenti e raccontandovi l’appello dell’Ecog e la Beuc.
[elementor-template id='142071']Obesità infantile: “è ora di agire”
“Everybody Needs To Act”: questo il messaggio chiave della Giornata Mondiale dell’Obesità 2022, promossa dalla World Obesity Federation, che si celebra ogni anno il 4 marzo. Tutti devono agire, quindi: un invito comunitario per affrontare l’obesità – che colpisce oltre 800 milioni di persone nel mondo – e a trasformare la consapevolezza diffusa in un’azione globale realmente efficace.
L’obesità è infatti una delle maggiori sfide per la salute pubblica a livello mondiale, soprattutto se presente in età pediatrica. Oltre al rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, l’obesità può comportare asma, problemi muscolo-scheletrici, cardiovascolari in età adulta, ma anche – e non meno importanti – disturbi psicologici e sociali.
In Italia, stando ai dati 2019 del Sistema di Sorveglianza OKkio alla salute i bambini (età 8-9 anni) in sovrappeso sono il 20,4%, quelli obesi il 9,4%, compresi i bambini gravemente obesi che rappresentano il 2,4%; i maschi hanno valori di obesità leggermente superiori alle femmine, con un 9,9% contro un 8,8% delle femmine obese.
Il problema sarebbe legato soprattutto ad abitudini alimentari scorrette, in quanto quasi un bambino su due non fa una colazione adeguata al mattino e oltre la metà (55,2%) dei bambini consuma una merenda di metà mattina troppo abbondante e non idonea. Ma non solo, perché un bambino su quattro beve quotidianamente bevande zuccherate/gassate e consuma frutta e verdura meno di una volta al giorno. Inoltre, il 48,3% dei bambini consuma snack dolci più di tre giorni a settimana, mentre gli snack salati sono consumati più di tre giorni a settimana dal 9,4% dei bambini.
Marketing alimentare e obesità infantile: qual è il legame?
Come Giornale, ci siamo più volte occupati dell’obesità infantile, ad esempio con Crescere a tavola, campagna di sensibilizzazione volta a puntare i riflettori su questo problema multifattoriale che è fondamentale cercare di prevenire, soprattutto attraverso la promozione di adozione di stili di vita sani e l’attività fisica. Ma non solo: in questa situazione, non aiuta sicuramente il marketing alimentare che incentiva il consumo di cibi poveri e malsani dal punto di vista nutrizionale.
La stessa OMS ha riconosciuto da anni la forte influenza che il marketing esercita sui comportamenti e le abitudini alimentari dei più piccoli. In un nuovo report, denuncia nuovamente come la maggior parte delle pubblicità si concentri su prodotti poco salubri. In media, infatti, un messaggio pubblicitario su due esalta cibi altamente zuccherati, salati o grassi; in alcuni casi questo “bombardamento” è così aggressivo e persistente che, tra spot in tv e sui social, i più giovani sono costantemente invitati a consumare “junk food”.
Ma quali sono le categorie di alimenti promosse più di frequente? Come si legge nel rapporto, sono soprattutto cibo fast food, bevande zuccherate e gassate, cioccolato, snack dolci e salati e merendine. L’inseguimento del target è costante e onnipresente, soprattutto negli ambienti in cui i bambini si riuniscono (ad esempio nelle scuole e nei club sportivi) e in televisione, durante gli orari canonici di visione dei bambini e durante le vacanze scolastiche, sui canali dedicati o dentro a programmi per bambini rispetto ad altri periodi, canali o generi di programmazione.
L’appello delle organizzazioni: serve una regolamentazione unitaria per proteggere i diritti dei bambini
Una federazione paneuropea di associazioni a tutela della salute, dei consumatori e dell’infanzia, quindi, chiede all’Unione Europea di agire per proteggere i più giovani da questa sovraesposizione mediatica in un vero e proprio appello. Purtroppo, infatti, non esiste ancora nessuna autentica protezione, in quanto l’autoregolamentazione dell’industria del marketing alimentare rivolto all’infanzia non funziona.
Come si legge nell’appello, dunque, “per prevenire un ulteriore aumento dell’obesità e delle principali malattie legate all’alimentazione in futuro, è necessario sviluppare in via prioritaria una forte regolamentazione dell’Ue sul marketing alimentare e il sostegno alle famiglie e ai bambini”. Si richiede quindi che gli Stati o l’Unione Europea regolamentino le parti terze, comprese le industrie alimentari e quelle pubblicitarie, che contribuiscono alla violazione dei diritti dell’infanzia. Ma come si legge nel documento, “questo approccio non è facoltativo. Comporta un obbligo vincolante sia ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia (CRC) sia della Carta dell’Ue in materia Diritti e libertà fondamentali”.
A questo proposito, la federazione ha elaborato una serie di indicazioni per andare “Verso un’infanzia libera da marketing alimentare malsano” e propone di:
- porre fine alla commercializzazione di alimenti poveri dal punto di vista nutrizionale tra le 6:00 e le 23:00 nelle trasmissioni tv e media broadcasting;
- porre fine alla sponsorizzazione di eventi sportivi da parte di marchi alimentari (i food brands), a meno che i marchi non possano dimostrare che tale sponsorizzazione non è associata a cibo nutrizionalmente povero;
- cessare la commercializzazione di alimenti nutrizionalmente poveri sui media digitali;
- smettere di utilizzare tecniche di marketing “attraenti” e accattivanti per i bambini, in particolare sugli imballaggi alimentari di cibi nutrizionalmente poveri.
Non solo: si richiede anche di far rientrare nella nozione di “minori” chiunque abbia meno di 18 anni e di definire gli “alimenti malsani” ricorrendo al modello nutrizionale dell’OMS – accettato in Europa come oggettivo – indipendentemente dagli interessi dell’industria alimentare.
I singoli Paesi si stanno muovendo in maniera autonoma: ad esempio, il Regno Unito ha dichiarato che dal 2023 sarà pronto a vietare la pubblicità di prodotti ricchi di grassi, sale e zucchero che non potranno più andare in onda in tv prima delle 21:00. Anche la Spagna sembra voler seguire l’esempio del Regno Unito, a dimostrazione di quanto questo sia un tema attuale e su cui è richiesto un intervento. Infatti, come conclude l’appello, “è tempo per la Ue di proteggere i bambini dall’impatto che il marketing di alimenti poveri dal punto di vista nutrizionale ha sulla loro salute e sui loro diritti” con l’obiettivo di creare un ambiente che sia a tutti gli effetti sostenibile e favorevole alla loro salute e benessere.
Fonti:
who.int
salute.gov.it
ecog-obesity.eu
epha.org