La diffusione dell’obesità infantile in Italia continua a essere allarmante, con tutte le conseguenze immediate e a lungo termine per la salute e i costi sociali che questa condizione comporta. A evidenziarlo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul tema, che vede il nostro Paese ai primi posti della classifica europea sul sovrappeso. Ma cosa evidenzia il report e quali aspetti della dieta e degli stile di vita occorre correggere, pensando soprattutto ai più piccoli? Vediamo cos’è emerso e cosa fare per incoraggiare buone abitudini alimentari fin dall’infanzia, che sono alla base di un futuro in salute.
Obesità infantile in Italia: i dati del rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità
I bambini italiani sono tra i più obesi d’Europa, con tassi vicini al 40%: solo Cipro, Grecia e Spagna ci superano in questa classifica. Considerando la prevalenza della sola obesità infantile, escludendo il sovrappeso, il nostro Paese è addirittura al secondo posto. Questo emerge dall’ultimo rapporto Childhood Obesity Surveillance Initiative (COSI) dell’Ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), una situazione preoccupante, resa ancor più grave dalla limitata percezione del problema che sembra trasparire. Il report ha analizzato dati raccolti tra il 2018 e il 2020 in 33 nazioni della regione europea – quindi al di là dei confini Ue – monitorando quasi 411.000 bambini. Per l’Italia, è stato prezioso il contributo di dati del sistema di sorveglianza Okkio alla Salute.
Ma cos’è emerso? Nel complesso, il 29% del campione tra 7 e 9 anni d’età è risultato sovrappeso o obeso, con una prevalenza del 31% tra i maschi rispetto al 28% alle femmine. Tra i singoli Stati si segnalano differenze notevoli, da un minimo del 6% in Tajikistan a un picco del 43% a Cipro.
Oltre al dato sui chili di troppo, lo studio valuta alcuni dei fattori di rischio tipicamente associati all’obesità. A fronte di una media del 43%, a trascorrere almeno due ore al giorno davanti alla televisione o agli schermi è il 72% dei bimbi italiani, secondi solo a quelli di San Marino, mentre l’Austria chiude la classifica con il 18%. Il 67% tra 6 e 9 anni, inoltre, va a scuola in auto, a fronte di una media complessiva del 50%.
Abitudini alimentari scorrette tra i bambini italiani
Osservando i dati relativi all’Italia, si nota la diffusione di cattive abitudini tra i più piccoli, già constatata nel 2018 in occasione della campagna di sensibilizzazione “Crescere a Tavola”, che Il Giornale del Cibo e CIRFOOD hanno promosso per accendere l’attenzione su questo importante tema. La recente analisi dell’Oms conferma queste tendenze e ci dice infatti che:
- l’8,7% non fa colazione quotidianamente, pasto che invece è fondamentale non saltare, come abbiamo visto;
- il 35,6% consuma una colazione sbilanciata rispetto a carboidrati e proteine;
- il 55,2% a metà mattina consuma una merenda troppo abbondante e inadeguata, argomento che abbiamo approfondito offrendo consigli utili sul tema;
- il 25,4% dei bambini beve bibite gassate e zuccherate ogni giorno, anche se il dato è in calo rispetto al passato;
- il 48,3% e il 9,4% consumano rispettivamente snack dolci e salati più di tre giorni a settimana;
- il 24,3% dei bambini mangia frutta e verdura meno di una volta al giorno e il 38,4% porta in tavola i legumi meno di una volta a settimana.
Mangiare in modo sbilanciato e seguire uno stile di vita eccessivamente sedentario favorisce l’obesità, che se trascurata può comportare danni alla salute anche in giovane età, come patologie cardiovascolari, insulinoresistenza, ipertensione e alterazioni del metabolismo in genere, ma anche un’altra condizione comunemente associata all’età adulta come la steatosi epatica.
Obesità infantile: le radici del problema
Alla luce dei dati, ci si chiede se l’ambito familiare sia sempre in grado di dare l’esempio ai bambini quando si parla di corretta nutrizione e stile di vita sano. Come sottolinea la ricerca, in molti casi è necessario un cambiamento radicale delle abitudini domestiche se si vuole difendere la salute dei ragazzi. Colpisce, in questo senso, che il 40,3% dei bambini in sovrappeso o obesi sia percepito dalla propria madre come “sotto” o “normopeso”. Parallelamente, il 59,1% delle madri di bambini prevalentemente sedentari considera adeguata l’attività fisica svolta dal proprio figlio. Il 69,9% delle madri di bimbi in sovrappeso o obesi, infine, pensa che la quantità di cibo assunta dal proprio figlio non sia eccessiva.
[elementor-template id='142071']La dieta mediterranea in Italia è poco seguita
Sul piano scientifico, da anni è ampiamente consolidato il consenso sulla dieta mediterranea, considerata una bussola per la salute a tavola. Nonostante ciò e al di là di quanto si potrebbe pensare, questo regime alimentare – ricco di vegetali, legumi e cereali integrali – è ben poco seguito in Italia, specialmente nel Sud che invece gli ha dato i natali. La dieta mediterranea tradizionale, infatti, è stata sostituita da una versione contemporanea che sovrabbonda di zuccheri, farine raffinate e grassi di origine animale, come abbiamo avuto modo di approfondire con il professor Enzo Spisni.
Molti dei prodotti tipici della dieta mediterranea hanno lasciato il posto ad altri meno salutari e con parametri nutrizionali che si avvicinano a quelli dei junk food. Le cause sono varie, come la mancanza di tempo a disposizione per cucinare, l’affermazione sul piano culturale di nuove tendenze affini a quelle dei fast food, ma anche un impoverimento alimentare dovuto a condizioni sociali svantaggiate, peraltro aggravate dall’attuale congiuntura economica.
Tuttavia, lo stile alimentare mediterraneo autentico resta il più idoneo anche per i bambini: seguire questa dieta, a maggior ragione se fin dall’infanzia, offre un’aspettativa di vita più lunga e diminuisce il rischio di contrarre patologie croniche.
Prevenzione ed educazione alimentare
Contro l’obesità è importante agire rapidamente, evitando che il sovrappeso si aggravi e diventi difficile invertire la tendenza. Col passare degli anni e con la crescita, infatti, più si consolida, più il sovrappeso in adolescenza avrà probabilità di permanere fino all’età adulta. Allo stesso modo, va curata la prevenzione, instaurando dalla più tenera età abitudini alimentari sane, accompagnate da attività fisica regolare, che per i bambini è facile abbinare a momenti di gioco, magari all’aria aperta. Da limitare, invece, il tempo trascorso davanti agli schermi. Il ruolo dei genitori è quindi fondamentale: oltre a rendere abituale una dieta salutare, non bisogna assecondare troppo le richieste dei bambini – spesso influenzati dal marketing alimentare – che invece vanno educati anche sul piano del gusto e della percezione dei cibi.
Il ruolo della scuola e il supporto degli specialisti
Come ha sottolineato la Società italiana di pediatria, l’educazione alimentare e sanitaria devono trovare spazio a scuola fin dall’infanzia, per favorire il benessere durante la crescita e fino all’età adulta. “La scuola deve essere il centro in cui costruire salute, in cui trasmettere quei concetti che possono prevenire l’instaurarsi nelle età successive di malattie croniche e fra queste dell’obesità”. Come confermano le Linee di indirizzo per la prevenzione e il contrasto del sovrappeso e dell’obesità adottate dall’Italia lo scorso 27 luglio, il ruolo della scuola è centrale nella definizione delle abitudini alimentari dei più piccoli, con l’informazione e il trasferimento di conoscenze utili per l’adozione di abitudini orientate alla salute.
Come abbiamo visto, quindi, il contrasto all’obesità nei bambini parte da casa e va affrontato con un approccio multidisciplinare, attraverso un percorso volto a cambiare lo stile di vita. In questo senso, le competenze degli specialisti devono dialogare: pediatri, dietisti, educatori motori e psicologi, attraverso la collaborazione, possono offrire il supporto necessario. A questi professionisti, quindi, è bene rivolgersi in caso di bisogno.
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