Giornale del cibo

Consumi low cost: le ragioni economiche sono causa di obesità infantile?

 

 

Una percentuale compresa tra il 10 e il 30% della popolazione europea è obesa, secondo le stime fornite all’Organizzazione mondiale della sanità dai paesi membri dell’Unione Europea. Si tratta di un dato che, secondo la guida “Obesità e disuguaglianze” redatta dall’OMS stessa, andrebbe scorporato poiché non tiene conto di fattori socio-economici e culturali: gli esperti sostengono, infatti, che in Europa una persona appartenente a un gruppo di popolazione con condizioni più svantaggiate ha il doppio delle probabilità di diventare obeso, rispetto ad un coetaneo, concittadino, appartenente ad un gruppo differente.

Non è, però, una questione solamente economica: approfondiamo, con il supporto di studi e istituzioni, il nesso tra diseguaglianze economiche e sovrappeso o obesità.  L’obiettivo è comprendere come agire queste condizioni che possono avere conseguenze patologiche anche gravi, ma anche quanto incidono i fattori culturali sui quali la prevenzione può ottenere risultati anche molto significativi. 

Obesità, una questione di diseguaglianza economica?

obesità e cibo low cost

Come anticipato è l’Organizzazione Mondiale della Sanità per prima ad evidenziare come esista una maggiore prevalenza di casi di obesità tra le fasce di popolazione socio-economicamente più svantaggiate, anche in Europa. Queste stesse persone sono esposte maggiormente anche al rischio di diabete di tipo 2, di cardiopatie ischemiche e di ictus.

Ma non soltanto, infatti il rapporto sottolinea come la causa di questo divario non sia da ricercare in un differente approccio all’attività fisica, per esempio, ma proprio alla maggior quantità di calorie consumate durante la giornata. Si stima che chi ha maggior difficoltà economiche tenda a mangiare alimenti ad alto apporto calorico, come junk food, bevande zuccherine e altri cibi poco sani.

Rincara la dose il rapporto Osserva Salute 2017 che interpreta i dati raccolti su obesità e sovrappeso in Italia anche alla luce di un approccio economico che “identifica i prezzi dei prodotti come uno dei principali fattori che influiscono sulle scelte di acquisto dei consumatori.” In altre parole, il costo effettivo degli alimenti condiziona il tipo e la qualità di ciò che viene acquistato, spostando l’asticella della bilancia a favore di più cibi dannosi a scapito di pochi alimenti salutari.

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Di genitore in figlio: povertà e obesità infantile

La questione è ancor più delicata quando l’attenzione viene rivolta ai bambini. Obesità e sovrappeso sono annoverate tra le “epidemie del nuovo millennio”, secondo l’OMS, ragion per cui agire prontamente per la prevenzione e la cura è una priorità. L’azione non può che partire dall’obesità infantile, dal momento che è stato dimostrato che questa patologia in età pediatrica ha un tasso di recidiva molto consistente ed è particolarmente difficile da debellare in seguito.

Tra le cause dell’eccesso ponderale tra i bambini, sono tanti i fattori in gioco. Tuttavia l’Osservatorio nazionale sulla Salute nelle regioni italiane, evidenzia che “si osservano prevalenze più elevate tra i bambini e i ragazzi che vivono in famiglie con risorse economiche scarse o insufficienti, ma soprattutto in cui il livello d’istruzione dei genitori è più basso.” La famiglia e, in generale, le scelte che vengono compiute in casa possono, dunque, avere un impatto concreto sulle probabilità o meno di un bambino di diventare obeso. Per questa ragione, la prevenzione passa proprio tra le mura domestiche: mangiare in famiglia, condividendo informazioni e scegliendo alimenti sani è, per esempio, un primo piccolo gesto che può, con costanza, fare la differenza.

Le ragioni del divario

Le considerazioni del rapporto italiano sono confermate anche da uno studio pubblicato sull’European Journal of Public Health che ha coinvolto quasi 20.000 famiglie britanniche. Sebbene non sia possibile affermare che esista un nesso causale necessario tra diseguaglianze di reddito e obesità infantile, i risultati rilevati vanno proprio in questa direzione. Considerando due bambini di 5 anni, quello appartenente ad una famiglia più povera, secondo la ricerca dello University College e della London School of Economics, ha una probabilità doppia di essere già in sovrappeso rispetto ad un coetaneo. Le cause, secondo quanto suggeriscono i ricercatori, possono essere sì legate all’effettivo costo dei cibi, ma anche ad una minore consapevolezza dei rischi che si corrono a tavola.

Come sottolinea anche Giuliano Gallini nell’editoriale “Povertà alimentari, povertà culturali”, l’analisi dei dati sulla diffusione di sovrappeso e obesità infantile arricchiti da considerazioni sul contesto socio-economico dei bambini e delle loro famiglie non possono prescindere da uno sguardo anche di tipo di culturale. Sensibilizzazione ed informazione giocano un ruolo fondamentale, come emerge sempre dal rapporto Osserva Salute nelle raccomandazioni al legislatore.

Partendo dal presupposto, rilevato statisticamente, che il cibo salutare tende a essere meno conveniente, meno accessibile e più costoso, e contemporaneamente che ridurne il consumo può portare a dei danni anche gravi sulla salute, gli esperti stimolano i governi europei, prima ancora delle famiglie, ad interrogarsi su quali fattori possono favorire la diffusione dell’obesità e ad intervenire con programmi di prevenzione, con una cura particolare per le fasce più esposte.

Anche i privati possono fare la loro parte, un esempio in questo senso è il progetto “Dieta di gusto” promosso da CIR food per stimolare i bambini a mangiare frutta e verdura. Avete mai osservato questo tipo di dinamiche nella vostra quotidianità?

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