di Andrea Segrè
Andrea Segrè (www.andreasegre.it) professore ordinario di Politica agraria internazionale e comparata, preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna e presidente di Last Minute Market, spin off dell’Università di Bologna.
Il “peso” degli affamati sparsi nei quattro angoli del pianeta è in aumento anziché in calo, come vorrebbe invece il piano strategico dell’Organizzazione per l’agricoltura e l’alimentazione, la FAO. La contabilità, o più precisamente il triste censimento degli affamati, ci dice che quest’anno sono cresciuti di 105 milioni. Per la prima volta nella storia dell’umanità, le persone in condizioni di sottonutrizione hanno superato il miliardo: per la precisione sono 1 miliardo e 20 milioni.
Tutti pensano la stessa cosa: i “magri” sono perlopiù concentrati nei paesi poveri mentre i “grassi” esplodono in quelli ricchi. Non è così invece. Ad esempio l’Africa è oggi colpita da entrambe le patologie. L’obesità ha raggiunto livelli elevatissimi anche in questo continente, ma non tutti ne hanno coscienza. Un numero significativo di africani ha lasciato le aree rurali per recarsi in quelle urbane, dove consuma
Sia la denutrizione che la sua condizione opposta sono causa della povertà e dell’insicurezza alimentare, che colpiscono una larga porzione di popolazione urbana, la quale non è in grado di accedere ad alimenti freschi e nutrienti. In alcuni Stati del Nord e del Sud dell’Africa, le persone in sovrappeso hanno superato di numero quelle denutrite, ma in queste aree non vi è alcuna consapevolezza dei problemi che tale condizione comporta. Anzi, qui l’obesità non è vista come un problema ma come uno status invidiabile, simboleggiante un buon tenore di vita.
Seppure in proporzioni diverse questo trend è simile anche nei paesi sviluppati, Italia compresa. Secondo un recente studio dell’Istituto Superiore di Sanità, gli obesi nel nostro Paese sono in preoccupante aumento. Le persone in sovrappeso in Italia sono oltre due uomini su tre (67% ) e più della metà delle donne (55%) mentre assai più significativo è il dilagare del problema nei più
Il problema è che stiamo adottando tutti, paesi ricchi e poveri, gli stessi “modelli” di produzione-consumo: omogeneizzazione generalizzata, trasporti lunghi e inquinanti, bassa qualità, elevata quantità. Se anche i cinesi vogliono consumare come gli americani il mondo, le risorse intendo, non basteranno. È solo una questione di tempo. Dobbiamo tutti ridurre i consumi in quantità ed elevare la qualità favorendo la localizzazione e dunque la sostenibilità.
Il paradosso è legato invece agli sprechi alimentari, anche questi ubiquitari: l’offerta che non raggiunge la domanda. Solo un dato, frutto del lavoro di uno studioso inglese, Tristram Stuart (in uscita la traduzione del suo libro Waste): nel mondo si spreca il 50% del cibo prodotto, qualcosa come 20 milioni di tonnellate di cibo ogni anno che potrebbero nutrire 7 volte il numero degli affamati. Insomma lo spreco rappresenta anche un’opportunità, almeno per qualcuno (e non sono pochi). Anche nel nostro Paese i dati sono assai rilevanti: quasi 600 euro per famiglia, il 10% della spesa alimentare finisce nella spazzatura, buona parte ancora consumabile. Per
Com’è possibile che, a parte qualche iniziativa, si riesca a recuperare solo una frazione infinitesimale di questo cibo? Ed ogni giorno cresce il peso dei rifiuti e la quantità di merce buttata soltanto perché ritenuta non più commerciabile: montagne di prodotti alimentari ancora consumabili vengono distrutti. Uno spreco colossale di risorse, un danno ambientale gravissimo, un sistema a lungo andare insostenibile sia dal punto di vista economico che sociale.
Eppure lo spreco, ciò che si getta via, almeno in parte, può essere utile: almeno per qualcuno. Così, allungando la vita dei beni alimentari, allunghiamo anche la vita di chi li consuma: gettare i prodotti invenduti prima della loro fine ‘naturale’ è un po’ come ucciderli, e con loro fare morire anche le persone che invece potrebbero consumarli. Pensiamoci quando celebriamo le nostre giornate dell’alimentazione, anzi della malnutrizione e dello spreco alimentare.