Alimentazione nella Silver Economy: il valore nutrizionale e sociale della ristorazione

 

L’invecchiamento della popolazione è un fenomeno di portata globale che riguarda anche il nostro Paese: in Italia, infatti, la fascia over 65 conta quasi 14 milioni di persone. Si parla, in proposito, di Silver Age e quindi anche di Silver Economy per riferirsi a tutto ciò che riguarda beni, servizi, bisogni e necessità di questa categoria di persone. Diventa quindi inevitabile prestare la dovuta attenzione alle esigenze di un popolo sempre più maturo: con l’avanzare del tempo, infatti, oltre ai cambiamenti che riguardano lo stile di vita e la quotidianità, si modificano anche le necessità e i bisogni. In quest’ottica, la nutrizione diventa un fattore fondamentale per la salute e il benessere, per prevenire e affrontare patologie croniche legate all’invecchiamento, come quelle cardiovascolari e altre problematiche.

La ristorazione ospedaliera e socio-sanitaria svolge un ruolo cruciale nell’offrire pasti adeguati alle persone anziane e in particolare ai pazienti ricoverati e agli ospiti delle case di riposo. Il cibo, infatti, deve sì soddisfare i requisiti nutritivi, ma anche tener conto delle esigenze di gusto, consistenza e digeribilità.

Abbiamo approfondito l’argomento con il dott. Matteo Andreoli, Food Strategy Tender Specialist di CIRFOOD, con cui indagheremo l’importanza del pasto nella cura delle persone anziane, e capiremo quali sono gli alimenti più indicati per la Silver Age dal punto di vista nutrizionale. 

Un pasto adeguato è essenziale nel processo di prevenzione e cura

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“Una corretta nutrizione è un fattore chiave nella prevenzione e nella gestione delle patologie legate all’invecchiamento” spiega il dott. Andreoli. “Come CIRFOOD, ci impegniamo ogni giorno per garantire dei pasti che siano però adeguati al contesto”. 

Man mano che l’età avanza, infatti, cambiano anche bisogni e fabbisogni fisiologici che devono essere soddisfatti: “ad esempio, deve aumentare il consumo di proteine, si ha maggiore necessità di micronutrienti come calcio, vitamina D, ferro e vitamina B12 per contrastare il deperimento della massa muscolare, la fragilità ossea e uno stile di vita inevitabilmente meno attivo”.  

Aumenta anche il rischio di sviluppare diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e osteoporosi, tre delle patologie più comuni dell’età matura. “Queste condizioni trovano il loro trattamento principale in un’alimentazione corretta, che mira sia a preservare il corpo rendendolo meno predisposto a sviluppare le patologie che abbiamo descritto, sia a migliorare le condizioni di chi ne è affetto. Un pasto adeguato è, spesso, la miglior cura”, sottolinea Andreoli. 

Oltre a permettere di fare prevenzione a tavola, il momento del pasto rappresenta un’occasione sociale e conviviale importante per le persone anziane, in quanto favorisce il senso di appartenenza e di condivisione. Ecco perché deve essere concepito anche come momento di relazione, socializzazione e benessere psicologico. “Soprattutto per questa fascia d’età, il pasto porta con sé anche moltissimi ricordi: i pranzi della domenica, le festività come Natale e Pasqua sono legati anche a contesti piacevoli di famiglie riunite e convivialità”. 

Quali sono i cibi più indicati per gli over 60? 

I cambiamenti che il corpo subisce con il trascorrere del tempo rendono quindi necessario un adeguamento della dieta, per garantire un apporto nutrizionale sufficiente. “Inoltre, aumentano le probabilità che le persone anziane presentino patologie o disturbi alimentari che richiedono un’attenzione particolare nella scelta dei cibi” ricorda Andreoli. Ma come si può garantire un’alimentazione equilibrata e adatta alle esigenze nutrizionali della Silver Age?

RossHelen/shutterstock.com

“Nel corso degli ultimi decenni numerosi studi hanno sottolineato come le generazioni passate, abituate a mangiare più frutta, verdura, cereali e legumi – quindi, alimenti a bassa densità calorica – sviluppano un rischio più basso di contrarre malattie croniche rispetto a noi, che viviamo in un’epoca storica in cui è molto più facile avere accesso a junk food e a cibi di scarsa qualità”, sottolinea Andreoli. 

Le vitamine e i nutrienti portati da quelli che sono i pilastri della dieta mediterranea – appunto, frutta, verdura, cereali integrali e olio extravergine di oliva – aiutano a mantenere stabile la glicemia e, grazie all’alta presenza di fibre, a prevenire la stipsi, che tende ad aumentare con l’età. 

Per prevenire il cedimento muscolare, poi, sono fondamentali le proteine. “Sono da preferire quelle vegetali” ricorda Andreoli “che insieme ai cereali apportano la stessa quantità di amminoacidi della carne”. Sì anche a proteine animali magre, come quelle del pesce e delle carni bianche (ad esempio pollo e tacchino).

Fondamentale è la vitamina D, per contrastare la fragilità ossea. “Spesso, le persone anziane si ritrovano a passare poco tempo all’aria aperta e non riescono a ottenere il giusto apporto di questa vitamina tramite il sole, che ne è uno degli attivatori principali. Diventa quindi indispensabile integrarla attraverso l’alimentazione”, ricorda Andreoli.

Ultima, ma non per importanza, è l’acqua, “un alimento a tutti gli effetti, la nostra principale fonte di sali minerali come il calcio. Dovremmo berne un litro e mezzo/due al giorno – soprattutto le persone over 60, per le quali la disidratazione è una delle principali problematiche di salute”.

Ristorazione ospedaliera e socio-sanitaria: come si costruisce un menu?  

Alla luce di quanto abbiamo illustrato, quindi, un menu completo che si rispetti – e che soprattutto rispetti le esigenze nutrizionali di una fascia di popolazione ben precisa – deve tenere conto di questi aspetti, contenuti anche nelle linee guida per una sana alimentazione redatte dal CREA, e nelle indicazioni dei LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana) esposti dalla SINU, la Società Italiana di Nutrizione Umana. “Si tratta dei livelli stimati di dispendio energetico di cui le varie fasce di popolazione hanno bisogno, non solo a livello di kilocalorie ma di fabbisogni che vanno rispettati per uno stile di vita sano”, specifica l’intervistato.

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Questi riferimenti sono un’ottima base di partenza da cui iniziare per costruire dei menu in ospedale e in strutture di cura che rispettino anche allergie, intolleranze e restrizioni dietetiche per motivi etici e religiosi. Non possiamo più ignorare che viviamo in un mondo multiculturale e attento allo spreco, in cui la sostenibilità sociale, ambientale ed economica è diventata un valore, e dove sempre più persone scelgono alternative vegetali (come la dieta vegana e vegetariana). 

“Tutto ciò, senza dimenticare che dobbiamo garantire gusto e varietà, a seconda delle esigenze, dal momento che l’alimentazione agisce anche a livello psicologico nel processo di guarigione, e il giusto apporto nutrizionale può avere anche una valenza psicologica”, specifica Andreoli. “Un esempio è il contesto geografico: in CIRFOOD, ad esempio, siamo molto attenti a non fornire mai menù standardizzati che siano uguali tra Nord e Sud, ma a contestualizzarli inserendo prodotti tipici del territorio di riferimento”.

La situazione in Italia e le prossime sfide della ristorazione socio-sanitaria

La ristorazione collettiva è un servizio essenziale: ha un valore inestimabile all’interno della vita delle persone, anche perché coinvolge più fasce di popolazione – dalle mense scolastiche e universitarie a quelle aziendali, fino al comparto sanitario”, chiarisce Andreoli. 

Non solo: in questi casi il cibo ha anche una valenza educativa, e contribuisce a dare una dimostrazione pratica di quello che vuol dire mangiare bene in un’epoca storica in cui abbiamo tantissimi input diversi e che, per certi versi, possono generare confusione. Come spiega Andreoli, “sperimentare tutti i giorni pasti vari, gustosi, preparati con prodotti del territorio, è una forma di educazione che va in contrasto con una vita frenetica fatta di pranzi e cene veloci e qualitativamente scarsi”.

Il settore si è però trovato a passare, nell’arco del solo 2022, da una crisi della domanda a una crisi dei costi, causata dal contesto storico in cui viviamo, e che ha comportato sia un rincaro delle bollette (anche fino al 200%) sia un incremento del 50-55% sui costi delle materie prime. Il tutto, dopo che il periodo pandemico aveva già fatto diminuire del 18,2% il numero totale dei pasti distribuiti, con tutte le conseguenze sui lavoratori del comparto, come riporta la ricerca relativa a dicembre 2022 di Cerved-Databank, ente che da 40 anni si occupa di raccolta e analisi di dati.

Diventa quindi complicato garantire un servizio che rispetti tutti i criteri di cui abbiamo parlato fin qui – qualità del cibo, varietà, territorialità, gusto – considerando anche la bassa propensione da parte del mercato a riconoscere a questo servizio la giusta e corretta remunerazione, come testimonia il ricorso a gare al massimo ribasso, che sono ancora diffuse, anche nel settore socio-sanitario. “Questa è sicuramente la sfida più complessa che il comparto dovrà affrontare a medio-lungo termine”, conclude Matteo Andreoli.


Immagine in evidenza di: sasirin pamai/shutterstock.com

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