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Arriva il nuovo Regolamento Europeo sul biologico, ma l’Italia è insoddisfatta

 

 

Con 64.818 aziende agricole (sulle 300mila totali in Europa) e un tasso di crescita del settore pari al 10.5%, è facile capire come mai l’Italia voglia dire la sua nella regolamentazione del settore biologico a livello comunitario e anche perché abbia votato contro il nuovo regolamento sul biologico nella Ue recentemente pubblicato in Gazzetta ufficiale, che ha lasciato insoddisfatti molti protagonisti del settore nel nostro Paese. 466 voti a favore, 50 astensioni e 124 voti contrari, tra cui quelli degli eurodeputati italiani, hanno dato il via alle norme che dovranno entrare in vigore a partire da gennaio 2021.

Intanto, AssoBio ha recentemente presentato i nuovi dati di scenario rilevati da Nielsen che mostrano un record di vendite nella GDO, per un settore che traina l’agroalimentare italiano, come dimostrato anche dall’accordo sul grano bio recentemente siglato. In che modo, quindi, il nuovo regolamento biologico Ue rischia di svantaggiarci? C’è davvero da preoccuparsi?

Cosa prevede la nuova normativa europea?

agricoltura biologica

Il nuovo regolamento suo biologico Ue consente ancora alle aziende agricole di coltivare sia in biologico, sia in convenzionale, ma pone regole molto precise, al fine di separare nettamente le due coltivazioni. In particolare, l’articolo 9 sulle “Norme di produzione”, recita: “un’azienda può essere suddivisa in unità di produzione chiaramente ed effettivamente distinte per la produzione biologica, in conversione e non biologica, a condizione che per le unità di produzione non biologica:

– per quanto concerne gli animali, siano interessate specie distinte;
– per quanto concerne i vegetali, siano interessate varietà distinte facilmente distinguibili.
Per quanto riguarda le alghe e gli animali di acquacoltura, possono essere interessate le stesse specie, purché ci sia una chiara ed effettiva separazione tra i siti o le unità di produzione”.

I controlli comprendono un’ispezione fisica in loco una volta all’anno, tranne nei casi in cui “i precedenti controlli dell’operatore o del gruppo di operatori interessato non hanno rilevato alcuna non conformità che comprometta l’integrità dei prodotti biologici o in conversione per almeno tre anni consecutivi”, per cui possono avvenire ogni due anni, come specificato nell’articolo 38 del regolamento. Interessanti novità per le aziende biologiche riguardano poi le possibilità di risparmio date dall’introduzione di certificazioni di gruppo, in particolare per i piccoli coltivatori.

Resta invariato il divieto all’uso di OGM: “Gli OGM, i prodotti derivati da OGM e ottenuti da OGM non sono usati negli alimenti o nei mangimi o come alimenti, mangimi, coadiuvanti tecnologici, prodotti fitosanitari, concimi, ammendanti, materiale riproduttivo vegetale, microrganismi o animali in produzione biologica.

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Nuovo regolamento Ue sul biologico: le soglie massime varranno solo per chi già le applica

Il mondo del biologico italiano ha commentato la novità, praticamente all’unanimità, parlando di norme “al ribasso”. Il regolamento “dovrebbe armonizzare le norme di produzione biologica nell’Unione per tutti i prodotti che rientrano nel suo ambito di applicazione e stabilire norme dettagliate di produzione per diverse categorie di prodotti”, come si legge nel testo. Di fatto, per molti osservatori italiani, l’Italia ne esce danneggiata poiché applica standard più alti. Il vicepresidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro, ha infatti riferito che “l’esito dei negoziati per dare nuove regole alla produzione biologica in Europa rappresenta un’occasione persa”.

Il dito dell’Italia è puntato soprattutto sulle regole che riguardano i residui di fitofarmaci, considerate di “manica larga” rispetto a quelle più stringenti applicate nel nostro Paese. Si tratta, in particolare del punto 5 dell’art.29 in cui si legge che “Gli Stati membri che dispongono di norme ai sensi delle quali i prodotti che contengono più di un determinato livello di prodotti o sostanze non autorizzati a norma dell’articolo 9, paragrafo 3, primo comma, per l’uso nella produzione biologica non possono essere commercializzati come prodotti biologici possono continuare ad applicare tali norme, purché esse non vietino, limitino od ostacolino l’immissione sul mercato di prodotti ottenuti in altri Stati membri come prodotti biologici, ove tali prodotti siano stati ottenuti in conformità del presente regolamento. Gli Stati membri che si avvalgono del presente paragrafo ne informano senza indugio la Commissione”.

Cosa significa?

Di fatto, l’articolo del nuovo regolamento sul biologico Ue dice che i Paesi come l’Italia, che applicano soglie massime per le sostanze non autorizzate nei cibi biologici, potranno continuare a farlo, a patto che non impediscano l’ingresso nel loro mercato di prodotti bio provenienti da altri paesi Ue che, pur rispettando le regole dell’Unione, utilizzano criteri meno rigidi.

La preoccupazione in Italia è che in questo modo si crei confusione, assottigliando le differenze tra prodotto biologico e prodotto convenzionale.

Per Coldiretti si tratta di un “danno di immagine” per il settore del bio, in particolare per i Paesi come l’Italia dove ci sono standard più elevati, per cui sarebbe necessario introdurre un marchio sulle coltivazioni italiane. Un giudizio negativo è arrivato anche da FederBio, che raccoglie organizzazioni di tutta la filiera dell’agricoltura biologica e biodinamica, e dalla Confederazione italiana agricoltori, che ritengono l’agricoltura biologica italiana penalizzata dal nuovo regolamento Ue.

Si è dimostrato, invece, più positivo il neo Ministro all’Agricoltura Gian Marco Centinaio, il quale, ha sottolineato gli aspetti innovativi del nuovo regolamento: “è stato, ad esempio, modificato il regime di importazione da Paesi terzi, rendendo più trasparente il sistema di importazione del biologico extra Ue ed è stata introdotta la certificazione di gruppo che favorisce le piccole aziende”, ha dichiarato, ricordando come l’Italia sia leader nel biologico europeo, sia in termini di mercato, che di superfici coltivate.

Bio settore portante dell’agroalimentare italiano secondo i dati Nielsen

Nonostante le nubi sul nuovo regolamento sul biologico Ue, il settore in Italia vola (e anche all’estero, considerando che siamo i maggiori esportatori della Ue). Assobio, l’associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione di prodotti biologici e naturali, ha presentato qualche giorno fa i nuovi dati di scenario rilevati da Nielsen.
L’aspetto più interessante è che ormai nel nostro Paese i prodotti biologici non sono più alimenti da negozi di nicchia, specializzati. Il bio, infatti, spopola nella grande distribuzione organizzata, con clienti affezionati e abituali in moltissime famiglie, motivo per cui l’Italia attraverso l’ex Ministro Martina aveva promosso anche le mense biologiche certificate: le vendite nei supermercati sono a + 15,8%, mentre quelle degli ipermercati a +11,7%.

Nei primi mesi del 2018, secondo i dati Nielsen, gli acquisti dell’alimentare bio sono cresciuti in maniera progressiva, con una preferenza verso uova, gallette di cereali soffiati, confetture e spalmabili a base frutta, bevande vegetali sostitutive del latte, olio extravergine d’oliva, latte fresco, pasta, frutta secca sgusciata, yogurt intero e biscotti. Altro dato interessante riguarda i prezzi del bio che, finalmente, sembrano diminuire con l’aumentare della domanda.

Insomma, se l’Italia ha il doppio dei campi coltivati a biologico rispetto alla media europea, con tali trend di vendita, forse è giusto che conduca in prima fila una battaglia, anche nelle sedi europee, perché la qualità del biologico italiano non venga sminuita in nome di un’eccessiva standardizzazione. Cosa ne pensate?

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