Giornale del cibo

Il Giusto Appalto: Torniamo a parlare di Tavola Pubblica

Il mondo degli appalti in Italia non gode di una grande reputazione. Che la vigilanza e il controllo sui contratti pubblici sia esercitata dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, come previsto anche dall’articolo 213 del nuovo codice dei contratti pubblici del 18 aprile 2016, sembra quasi un lapsus freudiano, o una involontaria autoironia. Il rapporto pubblico-privato sarebbe talmente compromesso che solo un gruppo di magistrati esperti di reati corruttivi potrebbe elaborare linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo e vigilare affinché sia garantita l’economicità dell’esecuzione dei contratti pubblici.
Un giusto appalto può affermarsi con queste premesse? Ma cos’è un giusto appalto?

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Un appalto più giusto grazie al collaborative procurement

Chiamo giusto un appalto (di servizio e di ristorazione) che realizzi un virtuoso rapporto tra fornitore privato e committenza pubblica attraverso pratiche di collaborative procurement. L’appalto collaborativo consente alla stazione appaltante di scegliere in modo trasparente solo tra i fornitori che ritiene abbiano requisiti soggettivi adeguati alle proprie esigenze e di formulare criteri di aggiudicazione non casuali. Nelle imprese private e pubbliche più evolute il rapporto con i fornitori è sempre fiduciario, perché solo gestendo contratti impostati su criteri di forte collaborazione è possibile innovare, migliorare la qualità, spendere meno e aumentare la produttività. Uno dei motivi per cui l’Italia è da due decenni in coda alle classifiche della produttività è dato anche dal rapporto burocratico tra pubblica amministrazione e fornitori privati indotto, tra le altre cause, anche da come si preparano, si istruiscono e si bandiscono le gare d’appalto.

Eccesso di leggi e codici oscuri: la falla della burocrazia

Se leggi complicate e controlli delle autorità indipendenti (ieri l’AVCP, oggi l’antitrust e l’ANAC) servissero a limitare la corruzione, sarebbe un bene. Ma non è così, anzi pare succeda proprio il contrario. Più si complicano le leggi e i sistemi di aggiudicazione, si aumentano controlli burocratici, più si alimenta un sospetto vuoto e più la corruzione dilaga. Non è difficile capire perché: eccesso di leggi, oscurità di codici, esasperanti controlli formali sono il fertilizzante del malaffare.

Nuovo codice appalti: ma non si doveva semplificare?

Il nuovo codice degli appalti è entrato in vigore il 18 aprile del 2016. È un codice di più di 220 articoli con più di 20 allegati contro il centinaio dei codici inglese e tedesco. Ma non si doveva semplificare? Passano poche settimane ed escono le prime linee guida, che in parte interpretano in parte aggiornano parti importanti del codice. Il 18 luglio del 2016 escono 9 (9!) fitte pagine di correzioni al codice degli appalti, per riparare a errori grammaticali, formali e ad altri, sostanziali. Siamo al ridicolo?

Nella sostanza rimane il criterio del prezzo al massimo ribasso

Questo per quanto riguarda la forma. E nella sostanza? A sette mesi dalla pubblicazione del nuovo codice molti appalti seguitano a essere aggiudicati al massimo ribasso. Con il trucco. Formalmente sono appalti da aggiudicarsi con il criterio della qualità, ma poi una formuletta li trasforma in gare dove il criterio di aggiudicazione è il prezzo. Questo accade in molte gare di servizi. Alla faccia della trasparenza. A proposito di acquisti ancora più delicati, recentemente il presidente dell’Istituto Superiore della Sanità ha dichiarato: “C’è di mezzo la vita del paziente. La qualità e la sicurezza dei cittadini. Mica si può scherzare. Finché si tratta di bulloni o biro si può anche guardare solo il prezzo, ma per valvole cardiache, stent o suturatrici chirurgiche la qualità clinica dei dispositivi non può essere secondaria. La sfida che abbiamo di fronte è proprio quella di coniugare la razionalizzazione di acquisti in corso con l’efficacia e la sicurezza dei dispositivi e dei materiali medici che vengono selezionati sul mercato e poi impiantati nei pazienti”.
Poi ci sono gli appalti costruiti male, irrazionali, poco chiari. Dietro questi lavori scadenti a volte si nascondono solo dilettantismo e poca preparazione tecnica; altre volte furbizie. Non sono pochi ormai gli appalti cui le aziende più grandi e serie del mercato si rifiutano di partecipare. Chi partecipa e chi vince allora? Facile immaginarlo.

Torniamo a parlare di Tavola Pubblica il 4 novembre a Roma

Il giusto appalto continuerà ancora a lungo a essere un miraggio? Poco più di un anno fa ho organizzato con CIR food e il Giornale del cibo, a Expo, una tavola rotonda dal titolo Tavola Pubblica: come si comprano i servizi di ristorazione in Italia, con Luca Telese, Michele Corradino, Eugenio Dalli Cardillo, Arturo Cancrini, Alessandro Botto e io. A qualcosa è servita, ma, come ho detto, c’è ancora molta strada da fare. Per questo ripetiamo lo sforzo organizzativo rimettendo attorno al tavolo le stesse persone di un anno fa. E questa volta non a Milano ma a Roma. E in un luogo emblematico della nostra Repubblica: nella sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, sede di molti servizi dell’attiguo Senato. Il 4 novembre alle ore 14.00. Potrete leggere e commentare sul Giornale del cibo questo importante dibattito.

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