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Caporalato: la Nuova Legge approvata in tempo record

“Mai più schiavi nei campi”. Così il ministro dell’agricoltura Maurizio Martina ha chiuso l’entusiastico commento all’approvazione in Parlamento del ddl 2217, universalmente note come “legge sul caporalato in agricoltura”.

E legge è diventato, martedì 18 ottobre, questo provvedimento legislativo che passerà alla storia, oltre che per i contenuti, per l’estrema brevità dell’iter: due anni dalla proposta al via libera, passando per la terribile estate del 2015, quella delle croci nei campi. I 12 articoli, che attendono ora la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale per essere considerati a tutti gli effetti legge, potrebbero diventare uno schiaffo all’illegalità e il primo passo verso una nuova considerazione del bracciante agricolo.

“Sì” unanime contro il caporalato in agricoltura

legge caporalato

Nessun voto contrario, le sole astensioni di Forza Italia e Lega, ben 346 voti a favore. La nuova legge, passata in Senato durante l’estate, è scivolata in carrozza alla Camera a tempo di record. Si chiama “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”, ed era stata sponsorizzata due settimane prima dell’approvazione dal premier Matteo Renzi. Detto, fatto, e il Parlamento ha sfornato un documento che diversi ministri definiscono storico e che i sindacati e le organizzazioni di categoria accolgono con riserva, sostenendo di voler attendere l’impatto che avrà sul comparto agricolo. Un risultato imprevedibilmente celere, comunque, accelerato dalle croci nei campi del 2015 e chiesto a più livelli, dalle stesse associazioni di rappresentanza alle imprese. Era stata l’istituzione, nel 2014 con la legge 116, della Rete del lavoro agricolo di qualità a sollevare ancor più l’esigenza di una legge che, parallelamente alla creazione di un’associazione di imprese virtuose, creasse un vero argine allo sfruttamento. Ora si auspica che la rete diventi ancora più fitta.

Le misure della Nuova Legge contro il Caporalato

Pene più dure per i caporali, responsabilità penale per le aziende che sfruttano. Sono alcune delle misure previste dalla nuova legge, che si occupa sia di chi mette in atto il crimine sia delle vittime dell’illegalità, fino alle aziende virtuose e per questo incentivate. Vediamo alcuni dei provvedimenti previsti dal testo normativo.

Intermediazione e sfruttamento

La legge, anzitutto, introduce inasprimenti delle pene per “colui che svolge attività di intermediazione illecita di manodopera”. Per questo è stato riscritto l’articolo 603-bis del Codice penale, che tratta proprio di intermediazione e sfruttamento: si prevede la reclusione da uno a sei anni più una multa da 500 a mille euro per ciascun lavoratore, pena che sale da cinque a otto anni in caso di minacce o violenze (la multa in questo caso è raddoppiata). Ancora, sono previste aggravanti se il numero dei lavoratori sfruttati è superiore a tre o se tra i braccianti reclutati vengono individuati minori.

La responsabilità per le imprese

Il provvedimento prevede anche la responsabilità penale per le imprese che si servono di lavoratori reperiti dai caporali e, come accade per i reati di associazione mafiosa, la confisca obbligatoria dei beni. Le imprese coinvolte, perché si scongiurino il blocco delle attività e la perdita di posti di lavoro, saranno affidate in gestione dal giudice ad amministratori da lui nominati.

Gli indennizzi per le vittime

In favore delle vittime, i lavoratori sfruttati, sono poi previsti indennizzi, prelevati dal cosiddetto fondo antitratta. Si tratta di un intervento deciso in considerazione dell’omogeneità dell’offesa e della frequenza dei casi in cui la vittima di tratta è anche vittima di sfruttamento del lavoro.

Il lavoro agricolo di qualità

Il disegno di legge rafforza la Rete del lavoro agricolo di qualità, articolandola in sezioni territoriali e allargandola a enti locali, centri per l’impiego e parti sociali. Un ulteriore incentivo ad uno strumento che partì lento, un anno fa, ma oggi, secondo stime fornite dal Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, conta 2300 adesioni.

In diversi casi, da un anno a questa parte, ci siamo occupati di caporalato: dall’autunno del 2015, quando sulla scia delle polemiche per le tanti morti nei campi i braccianti del Gran Ghetto si rifiutarono di prendere un premio, fino al docufilm sugli schiavi dell’Agro Pontino, i lavoratori Sikh sfruttati per pochi spiccioli. Un percorso che evidenzia quanto la sensibilizzazione verso una ferita sempre aperta sta cominciando a muovere coscienze e istituzioni.

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