Giornale del cibo

Nuove norme sui reati alimentari: le proposte per tutelare i consumatori

 

Su queste pagine ci siamo più volte occupati di agromafia, ovvero delle infiltrazioni mafiose che, da Nord a Sud, intaccano uno dei comparti più floridi del nostro Paese, con introiti da capogiro (oltre 20 miliardi di euro). Il fenomeno ingloba altre pratiche illecite, come il caporalato e getta ombre anche nel settore pubblico, all’interno degli appalti, ad esempio con gare al massimo ribasso nel settore della ristorazione collettiva. Proprio per la gravità e la diffusione del fenomeno, a fine della scorsa Legislatura, è stato approvato il disegno di legge contenente “Nuove norme in materia di reati agroalimentari”. Vogliamo allora capire se le misure individuate sono sufficienti a contrastare l’illegalità alimentare e quando potranno diventare Legge: com’è la situazione? Lo abbiamo chiesto a Gian Carlo Caselli – Presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio di Coldiretti sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, in questa intervista esclusiva per Il Giornale del Cibo.

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Durante Expo 2015 il ministro Orlando ha istituito una commissione per la revisione dei reati agroalimentari, da Lei presieduta. Perché è importante rivedere la normativa a riguardo? 

Gian Carlo Caselli: «Il mercato agroalimentare conosce anche operatori corrotti e senza scrupoli. Personaggi che condizionano e limitano pesantemente uno scambio informato e consapevole, mentre le punizioni non sempre sono proporzionate alla gravità delle offese. Anzi, sono i reati più gravi che spesso restano sostanzialmente impuniti, al contrario di episodi bagatellari che sono puntigliosamente perseguiti. Una riffa che premia i peggiori con l’impunità. Un sistema normativo che invece di frenare ha paradossalmente effetti criminogeni. In ogni caso, si tratta di un sistema obsoleto, come se le frodi alimentari fossero ancora ferme al tempo dell’oste che mescolava l’acqua col vino. E’ invece evidente che non si può governare il settore con armi spuntate, senza introdurre nuove regole in grado di contrastare adeguatamente fenomeni di contraffazione sempre più sofisticati e complessi». 

expo 2015

Il Disegno di legge prevede l’introduzione di nuovi reati quali il “disastro sanitario”, l’“omesso ritiro di sostanze alimentari pericolose” dal mercato o il reato di “agropirateria“, pensati per mettere al centro della proposta di legge la tutela del consumatore e della sua salute. In che modo funzioneranno come deterrenti? E quali sono le principali novità di questa proposta di legge?

G.C.C.: «Sul fronte dei delitti contro l’incolumità e la salute pubblica le nuove figure di reato individuate sono:

Sul piano del contrasto alle frodi alimentari la Commissione istituita nel 2015 per la stesura del progetto di legge, ha inteso affidare alle norme penali non solo il compito di sempre (punire i comportamenti illeciti), ma anche quello di tutelare beni ulteriori e diversi dalla generica lealtà commerciale, valorizzando in particolare il consumatore finale di alimenti ed il “patrimonio agroalimentare. Va poi ricordato l’inedito reato di agropirateria, applicabile quando i fatti di frode sono commessi da soggetti che, pur non facendo parte di vere e proprie associazioni mafiose, agiscono con condotte sistematiche e organizzate. Risulta poi rafforzata la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, attraverso nuove previsioni non solo sanzionatorie ma anche incentivanti (come quelle in materia di modelli di organizzazione e gestione).

Ma le novità che probabilmente preoccupano di più quelli a cui troppe regole danno l’orticaria, sono in ambito processuale:

Il nuovo reato di “Informazioni commerciali ingannevoli pericolose” ha molto a che fare anche con il tema, più ampio e trasversale, delle fake news alimentari che tanto animano il dibattito pubblico (un esempio è la discussa Dieta Life120). In che modo informazioni commerciali false o incomplete riguardanti alimenti mettono a rischio la salute pubblica e come ci si può difendere?

G.C.C.: «Le nostre scelte alimentari non dipendono soltanto dal gusto personale ma anche dalla ricerca di un grado di benessere che migliori la qualità della vita. E molte delle nostre scelte alimentari sono influenzate dalle etichette alimentari e dalle informazioni riportate sul prodotto che garantiscono effetti o proprietà in realtà inesistenti, o l’assenza di determinati ingredienti o sostanze nutritive. In questi casi il rischio non è soltanto legato ad una falsa o incompleta informazione in sé, ma ad una errata percezione delle reali aspettative sulla salute e del fabbisogno nutrizionale che un alimento è effettivamente in grado di apportare. E il pregiudizio arrecato alla sicurezza della consumazione dell’alimento diventa un pericolo ancora più preoccupante quando la falsa informazione interessa alimenti idonei a scatenare reazioni allergiche in fasce di popolazione sensibili e maggiormente vulnerabili.
Le fake news sembrano invece orientare le scelte alimentari soprattutto sul piano economico, inducendo il consumatore a scegliere un prodotto che – grazie ad una incisiva ma scorretta strategia di marketing – risulta preferito sul mercato, falsando il gioco delle libera e leale concorrenza. Si tratta di un sistema sostanzialmente equiparabile alle pratiche commerciali scorrette del codice di consumo, idonee appunto a falsare il comportamento economico del consumatore inducendolo a compiere scelte di acquisto che altrimenti non avrebbe fatto».

Dal suo punto di vista, qual è il valore aggiunto della produzione agro-alimentare italiana che la legge dovrebbe tutelare?

G.C.C.: «L’aspetto rivoluzionario della riforma sta nel riconoscere che il cibo ha una propria identità, quale parte irrinunziabile e insostituibile della cultura dei territori, delle comunità locali e dei piccoli produttori locali: fattori che definiscono, in sostanza, il “patrimonio alimentare” (concetto cardine espressamente inserito nel progetto di riforma della Commissione). Conseguentemente, la tutela degli alimenti non può essere realizzata senza tutelare anche i consumatori e senza renderli allo stesso tempo partecipi e responsabili del loro patrimonio».

In occasione dell’ultimo Festival del giornalismo alimentare a Torino, ha affermato che le mafie si sono evolute e non chiedono più il pizzo ai locali, ma ora ne diventano soci, comprano direttamente ristoranti, pizzerie e catene alimentari. A tal proposito, quali sono le sfide presenti e future che la legislazione italiana deve affrontare? E in che modo le nuove norme in materia di reati agroalimentari possono creare barriere alle infiltrazioni mafiose nella filiera?

G.C.C.: «E’ nel DNA delle mafie la capacità di continua evoluzione e mutazione, per adattare il sistema criminale alle diverse esigenze – di luogo, di fase e di relazioni– che volta a volta si presentano. L’attività e l’impegno continuo della magistratura e delle forze dell’ordine raccontano quotidianamente di nuovi intrecci e nuove vocazioni delle mafie. Con un progressivo sviluppo delle capacità imprenditoriali e con notevole lungimiranza nell’individuare nuovi campi di attività e nuovi affari cui dedicarsi. Sempre con una speciale predilezione per gli illeciti a bassa intensità espositiva nei quali correre rischi minimi e conseguire forti guadagni. Quello agroalimentare ha tutte le caratteristiche per attirare l’interesse delle mafie (alle ottime opportunità di investimento affianca una normativa di contrasto, come abbiamo visto, ridotta a un colabrodo). Nel frattempo le mafie hanno sempre più abbandonato l’abito “militare” per vestire (come usa dire) doppio petto e colletti bianchi, così da gestire al meglio i vantaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’economia e della finanza 3.0, con la conseguente necessità di adeguare i nostri modelli di lettura allo scopo di migliorare il contrasto sul piano preventivo e repressivo.

Sul fronte agroalimentare, le mafie operano dal campo, allo scaffale, alla tavola. Condizionano il mercato stabilendo i prezzi dei raccolti, gestiscono i trasporti e lo smistamento, controllano intere catene di supermercati, sono presenti nell’esportazione del nostro vero o falso “Made in Italy”, creano all’estero centrali di produzione dell’ “italian sounding” e controllano, spesso creandole ex novo, reti di smercio al minuto. Nella ristorazione sono di casa. Con gli stratagemmi più svariati, fanno incetta dei cospicui flussi dei finanziamenti europei.
Ecco quindi profilarsi, anche sul versante agroalimentare, una economia parallela. Una “mafia liquida” che come l’acqua si infila un po’ dappertutto. E grazie ai notevoli vantaggi (collegati al flusso imponente di capitali sporchi che ogni giorno riempiono le loro tasche, specie per i proventi del traffico di droga) di cui godono rispetto agli imprenditori onesti, attraverso una concorrenza imbattibile, i mafiosi destabilizzano il mercato e sempre più inquinano l’economia pulita: mentre sono alla costante ricerca di rapporti con pezzi del mondo (apparentemente) legale che si traducano in coperture o collusioni, capaci di ridurre l’impatto efficace delle misure di contrasto alle loro attività.
Tanto premesso, non stupisce che nell’ultimo rapporto sulle agromafie (elaborato da Eurispes e Coldiretti nel 2016 e presentato nel 2017) si sia stimato – certamente per difetto – in quasi 22 miliardi di euro il “fatturato” agromafioso, con un incremento annuo del 30%».

KONSTANTIN_SHISHKIN/shutterstock.com

Nel suo recente libro “C’è del marcio dentro al piatto” affronta anche il tema del “panino da casa” e delle mense scolastiche. Il criterio del massimo ribasso negli appalti, in particolare nella ristorazione scolastica, è di fatto ancora utilizzato. Caso emblematico e attuale il bando mense di Torino, che sta suscitando molte polemiche da parte di genitori e associazioni perché antepone il risparmio alla qualità dei cibi, tanto da essere stato definito “illegale”, da parte di Stefano Esposito, relatore del codice degli appalti. Quali sono in base alla sua esperienza i rischi, quali i possibili provvedimenti che l’ANAC potrebbe attuare su questa vicenda e quali le soluzioni possibili a livello più ampio?

G.C. C.: «La domanda contiene già un bel po’ di risposte. Aggiungo solo, per l’ANAC, che il problema principale, da affrontare e risolvere in via preliminare, è di salvaguardarne ed incentivarne le potenzialità contro ogni tentazione (e ce ne sono!) di ridimensionamento, per sottoporre a forme di controllo un organismo che funziona bene grazie appunto alla sua autonomia.
Quanto al criterio del massimo ribasso, come non ascoltare il monito di Papa Francesco contro questa logica? Le pubbliche amministrazioni – sostiene il Papa – “credendo di ottenere risparmi ed efficienza, finiscono per tradire la loro stessa missione sociale al servizio della comunità” (così si è espresso nel “Messaggio ai partecipanti alla quarantesima settimana sociale dei cattolici – Lavoro nero e precariato uccidono la dignità” – su L’osservatore romano, 6 ottobre 2017)».

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A che punto è l’iter del progetto di riforma? Quando potremo aspettarci che diventi Legge?


G.C.C.:
«Il progetto di riforma, elaborato dalla Commissione istituita dall’allora Ministro Martina nel 2015 e dal medesimo fatto sostanzialmente proprio portandolo al Consiglio dei ministri, è rimasto fermo in questa sede per parecchi mesi. Soltanto nel dicembre 2017 è stato approvato e avviato alle Camere, peraltro a legislatura ormai conclusa. Durante la campagna elettorale un consistente numero di parlamentari (trasversali ai vari schieramenti politici) ha assunto formalmente l’impegno di sostenere il progetto. E difatti vari parlamentari con la nuova legislatura ne han fatto un disegno di legge. Ora vedremo se prevarrà chi accetta un modello di sviluppo orientato al benessere della collettività e alla distintività dei prodotti. Oppure chi preferisce le resistenze corporative ad una onesta e trasparente collaborazione per il bene comune. La posta in gioco è alta e se la riforma dovesse essere affossata, a perdere saranno i cittadini. Certo è che contro la riforma è schierata l’Italia dell’affarismo impunito, quella secondo cui troppe regole inceppano il libero dispiegarsi dell’economia (rectius: la cupidigia di rapidi e lauti lucri senza troppi scrupoli). Fare previsioni non è mai facile, ma se ci riferiamo al Governo pentastellato diventa un azzardo: perché le contraddizioni interne e le suggestioni esterne, intrecciate con variabili continue, sono talmente tante da rendere il quadro piuttosto confuso».

Il Disegno di legge in materia di reati agroalimentari mette per la prima volta al centro la tutela dei consumatori. Cosa ne pensate? Secondo voi la sua approvazione dovrebbe essere una priorità nell’agenda politica italiana?

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