La Commissione Europea ha recentemente vietato l’uso all’aperto di tre pesticidi neonicotinoidi, che potranno ora essere impiegati soltanto all’interno di serre. Si tratta di sostanze nocive sia per le api mellifere che per quelle selvatiche, di cui avevamo recentemente parlato affrontando il tema della crisi del miele italiana e mondiale: nei venti anni circa in cui questo tipo di pesticidi è stato utilizzato in Europa, le popolazioni di insetti impollinatori hanno, infatti, subito un drastico calo. Vediamo ora come cambia l’uso dei neonicotinoidi dopo il divieto dell’UE e cosa ne pensano le associazioni in difesa dell’ambiente.
Neonicotinoidi, il divieto dell’UE
Imidacloprid, clothianidin e tiamethozam sono le tre sostanze che da dicembre 2018 non potranno più essere impiegate nelle coltivazioni all’aperto. All’interno delle serre, però, i pesticidi potranno ancora essere utilizzati, poiché la Commissione sostiene che “il divieto completo dell’uso dei tre neonicotinoidi non è giustificato, in quanto non c’è alcun rischio per le api in tutti quei casi in cui le piante sono trattate esclusivamente all’interno delle serre e rimangono al loro interno durante tutto il ciclo vitale”.
Gli stati membri si sono detti, tranne alcune eccezioni, a favore della disposizione contro i neonicotinoidi. Questi tre pesticidi erano già stati colpiti da alcune restrizioni nel 2013, riguardanti le coltivazioni impollinate dalle api come mais, colza e girasoli. Il gruppo Bayer e il gruppo Syngenta, che producono e commercializzano le sostanze in questione, avevano presentato ricorso al Tribunale dell’Unione Europea, che lo aveva però respinto sulla base dei dati raccolti dall’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che dimostravano la pericolosità di tali pesticidi. L’autorità si era espressa nuovamente nei mesi scorsi, confermando il rischio relativo a clothianidin, imidacloprid e thiamethoxam.
Un pericolo per l’apicoltura mondiale
Il recente divieto relativo all’utilizzo all’aperto di pesticidi neonicotinoidi, per il quale si è votato lo scorso 27 aprile, è senza dubbio un grosso passo in avanti compiuto dall’UE in difesa della biodiversità. I neonicotinoidi, il cui uso in agricoltura è massiccio, sono risultati, infatti, molto tossici per gli invertebrati, come gli insetti, e in particolare il loro effetto sulle api si è rivelato devastante. E, come ormai ben sappiamo, la salute di questi insetti è un indicatore molto importante dello stato di benessere del pianeta. Inoltre il ruolo che le api rivestono è fondamentale: secondo i dati forniti dalla FAO, infatti, oltre il 75% delle colture dipende dall’impollinazione.
Le reazioni delle associazioni ambientaliste
Sia Slow Food che Greenpeace e Coldiretti hanno accolto il divieto europeo come una grande vittoria, sottolineando, però, come l’impiego di neonicotinoidi sia ancora permesso all’interno di serre permanenti, per cui auspicano una messa al bando totale da parte dell’Unione Europea. La responsabile della campagna Agricoltura di Greenpeace, Federica Ferrario, ha sottolineato che “i danni di questi neonicotinoidi sono ormai incontestabili. Bandire questi insetticidi è un passo necessario e importante, il primo verso una riduzione dell’uso di pesticidi sintetici e a sostegno della transizione verso metodi ecologici di controllo dei parassiti”. Anche Carlo Petrini, presidente di Slow Food, ha commentato la notizia del divieto dicendo che “si tratta di una vittoria importante non solo per le api, ma per l’intera società. Questo voto è un chiaro messaggio indirizzato alla politica e all’intero sistema agricolo industriale: la nostra salute e quella del pianeta prevarranno sugli interessi finanziari delle multinazionali. Siamo di fronte a un passo fondamentale verso un’agricoltura buona, pulita e giusta”.
Dopo questo fondamentale segnale positivo da parte dell’Europa, però, c’è bisogno di altre decisioni forti: al di fuori dell’UE, infatti, queste sostanze continuano a essere utilizzate senza remore, tanto che il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, afferma: “Non è accettabile che alle importazioni sia consentito di aggirare le norme previste in Italia e in Europa, anche grazie agli accordi di libero scambio, ed è necessario, invece, che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro”.
E tra i prodotti che l’Italia importa massicciamente (prevalentemente da Ungheria e Cina) c’è proprio il miele, in annate come quella appena passata che non sono state molto produttive: questo ci espone anche a rischi alimentari, perché in molti Paesi controlli e normative sono differenti e meno restrittive di quelle italiane.
Voi cosa ne pensate? Cosa fate per tutelarvi quando fate la spesa? Siete sensibili a queste tematiche?
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