Il Natale nelle tradizioni gastronomiche armene: alla scoperta delle usanze e dei piatti

natale armeno

 

Il mondo della cucina armena continua ad affascinarci in modo particolare. Sarà perché, a causa della diaspora, gli armeni sono emigrati in tutto il mondo, unendo tradizioni d’origine a usanze del posto. È un po’ quello di cui vi avevamo già parlato a proposito del lavash, il tipico pane tradizionale, ma che emerge ancor di più con i piatti di Natale, che per altro festeggiano in giorni diversi a seconda della religione. Per gli armeni apostolici, come la nostra cuoca Shaké Pambakian, ad esempio, la Vigilia è il 5 gennaio e il Natale il 6, che ricorda contemporaneamente la nascita e la manifestazione (epifania) del Bambino. Per il mondo ortodosso e i copti egiziani invece si scala di un giorno, mentre per gli armeni cattolici le date sono i canonici 24 e 25 dicembre. Ma c’è qualcosa che per tutti gli armeni nel mondo non cambia mai: ovvero quello che si mette in tavola!

Le tradizioni armene a tavola del Natale

Come vi abbiamo anticipato, a causa della diaspora, a influire molto sulla cucina è il paese dove in cui gli armeni vivono. Shaké, ad esempio, nostra fonte di preziose informazioni che vive da anni a Milano, è nata e cresciuta in Italia e ci racconta che a casa sua il panettone non manca mai. “E diciamo che non è tipicamente armeno!” scherza.

Foto di Francesco Fraliga

Innanzitutto, Shaké ci spiega che il Natale è preceduto da dieci giorni di digiuno rituale,  durante i quali ci si astiene dal consumo di tutto ciò che è legato direttamente all’uccisione di un animale, dalle carni alle uova. Il 5 gennaio, invece, non si mangia proprio nulla dalla sera precedente per prepararsi alla messa della vigilia, che segna la fine del periodo di preparazione. “Un’altra differenza, è che la messa è all’imbrunire e non a mezzanotte come nel mondo cattolico” continua Shakè. Al rientro vi è il primo festeggiamento, di solito con qualche piatto a base di pesce. Inoltre, un’altra caratteristica è che per gli armeni il Natale è una festa fortemente religiosa, mentre il Capodanno, sempre il 31, è più pensato come un momento di riunione familiare, con una festa di ben 12 giorni durante i quali si distribuiscono regali ai propri cari.

Ma torniamo al Natale: come nel caso del meze diffuso in tutto il Medio Oriente, anche qui il pasto si divide in una parte fredda dove ci sono formaggi, verdure, legumi, sottaceti. Non manca mai l’abukht, una bresaola aromatizzata con peperoncino, o il salamino tradizionale armeno di carne bovina speziata, o ancora donagan gangar, i carciofi in umido con cipolle e patate e ovviamente il pastet, un fantastico rotolino di fagioli borlotti, burro e noci di cui vi daremo la ricetta. Questa parte si trova già esposta a tavola insieme a dolci e frutti una volta entrati in casa. Poi, c’è la parte calda, che la padrona di casa illustra brevemente, in modo che ognuno possa già decidere in che quantità servirsi.

La quantità dei piatti presenti varia a seconda del paese, della famiglia, dello stato sociale, ma Shaké ci racconta che ci sono alcune portate che non mancano praticamente mai, e che sono quelli di cui vi daremo la ricetta. Vediamo quali!

Natale armeno: i piatti che non mancano mai

Sicuramente, il primo piatto immancabile del Natale armeno sono le deliziose sfogliatine chiamate zalik: “si fanno in vari formati, con pasta sfoglia o pasta fillo, e sono ripieni di formaggio o carne trita, poi cotti al forno o fritti. Non se ne fa mai solo un tipo, la tavola deve essere piena di tutte le varietà possibili”. C’è anche lo “zalik della nonna”, di cui vi parleremo successivamente, la cui preparazione però non è legata esclusivamente alle festività natalizie o occasioni speciali.

Altro piatto sempre presente sono gli involtini di foglie di vite o di verza ripiene di carne e riso, i dolma, di cui vi avevamo già parlato nel nostro approfondimento sugli involtini libanesi.

Portata centrale è il donagan ieghinz, un riso pilaf che si prepara con abbondante frutta essiccata quali albicocche, prugne, uvetta, raramente castagne e frutta oleosa (mandorle e pinoli raramente noci). La stessa ricetta si può anche presentare servita in una zucca cotta al forno, come nella versione che vi proponiamo oggi: in questo caso si chiama ghapama donagan ttum. Quest’ultimo è uno dei piatti più scenografici per le feste, talmente importante che gli hanno persino dedicato una canzone.

Foto di Eva Carozzi

In alternativa si può trovare l’hashlama, un bollito misto con pomodori, patate, peperoni e cipolle che vengono messi a cuocere per ore insieme a pezzi di carne non disossata. La particolarità di questa cottura è che le verdure vengono lasciate intere (solo pelate le patate e le cipolle) e poggiate a strati in una pentola alta, senza altro condimento, se non pochissimo sale e pepe e niente acqua. Il coperchio viene sigillato e cuoce almeno per una notte intera, a fuoco bassissimo; in questo modo ogni ingrediente rilascia i suoi umori e si ottiene un trionfo di verdure e carne morbidissima in poco sugo. Tradizionalmente la pentola era messa tutta notte nel tonir, il forno interrato armeno, e veniva estratto il giorno 6 dopo la messa. Spesso c’è anche un brodo con i mante, dei raviolini armeni, o una minestra con yogurt, tanabur, entrambi due piatti che segnano il passaggio tra la parte salata e dolce.

I dolci armeni natalizi 

Come anticipato, la tavola dei dolci si trova già allestita al momento dell’arrivo degli ospiti. Si tratta di una parte molto ricca con abbondante frutta fresca, essiccata, a guscio e candita.

Tra tutti, trionfa il gata: “ogni villaggio ha la sua ricetta, e molte tradizioni sono legate alla sua preparazione. Di base si fa impasto friabile, neutro che racchiude una farcitura di burro zucchero e farina” continua Shakè.

Non può poi mancare il pakhlava, composto di strati di impasto farciti da noci o mandorle o pistacchi, speziato e irrorato di sciroppo di zucchero o miele. Sulla falsariga del pakhlava si preparano anche molti altri dolci, in abbondanza e varietà sulla tavola: i madig (le dita), i triangul (i triangoli), i kadaif, con l’omonimo impasto, o i maghi vra, più simili a biscotti, e anche in questo ogni famiglia ha i suoi. Essendo un lavoro lungo, vengono cotti in anticipo e passati nello sciroppo all’ultimo.

pakhlava
Foto di Carlo Manzo

Ci sono poi i dolci a base di latte, riso e latte dolce, come il gatnabur e il budino di latte e mastice. Fanno la loro comparsa sulla tavola anche dei dolci preparati in occasione del Capodanno, tra cui l’anush abur, un budino dolce di frumento cotto con uvetta, mandorle, albicocche e aromatizzato di acqua di rose, e il zerdé, un budino di riso, latte zuccherato e zafferano, ovviamente beneaugurante per il suo colore dorato. Ma ora, vi abbiamo già fatto venire abbastanza l’acquolina in bocca, quindi non ci resta che passare a mettere le mani in pasta per preparare alcuni di questi piatti con le ricette di Shakè!

Misov Zalik, le sfogliatine ripiene di carne

Zalik in armeno significa “piegati” e si tratta di sfogliatine simili ai borek turchi. A seconda del luogo e del periodo cambiano ingredienti, ma per tutti gli armeni lo zalik del cuore è quello della nonna con  formaggio (quello che c’è), uova e prezzemolo (che vedete in foto, delizioso!). Proprio perché si tratta di uno dei più diffusi anche durante l’anno, a Natale si predilige quello di carne, a maggior ragione considerando che si viene da dieci giorni di digiuno. Dunque, ecco la ricetta di Shaké dello zalik di carne pensata per quattro persone!

zalik carne
Foto di Giulia Ubaldi

Ingredienti per 4 persone

  • 1 rotolo di pasta sfoglia (circa 230 grammi)
  • 150 g di carne trita (meglio se grassa)
  • 100 g di cipolla tritata
  • 1 cucchiaio di burro
  • q.b. di sale
  • q.b. di pepe
  • q.b. di peperoncino
  • 1 uovo
  • q.b. di sesamo per decorare

Procedimento 

  1. Partite dalla preparazione del ripieno, preferibilmente il giorno prima. In una padella dal fondo spesso rosolate la carne nel burro, muovendola e schiacciandola continuamente per sbriciolarla.
  2. Quando cambia colore, aggiungete la cipolla tritata, abbassate la fiamma, aggiustate di sale, pepe e peperoncino, coprite con un coperchio e cuocete fino al completo assorbimento del liquido rilasciato dalla cipolla. Infine, lasciate raffreddare.
  3. Tagliate la sfoglia in quadrati di circa 8 cm di lato, mettete all’interno di ogni quadrato un cucchiaio del ripieno, chiudete a triangolo, premendo bene per sigillare i lati, spennellate con un poco di uovo la superficie della sfogliatina e spargete un poco di sesamo.
  4. Cuocete in forno statico a 220 °C fino a doratura e infine servite.

Pastet, il rotolo di fagioli

Fa sempre parte della “parte fredda” questo rotolo meraviglioso che, di solito, si serve tagliato a fette e se ne mangia una. Piatto tipico delle campagne armene, è molto diffuso nel periodo invernale, soprattutto quando ci sono ospiti, quindi anche in altri giorni oltre al Natale. “L’importante è che faccia molto freddo perché sostanzioso per la grande quantità di burro, ma allo stesso tempo si tratta di un piatto comunque sano” ci spiega Shaké. Ecco qui la sua seconda ricetta, che ha imparato da Nariné, una signora armena che gliel’ha insegnato.

Foto di Shaké Pambakian

Ingredienti 

  • 100 grammi di fagioli borlotti lessati, freddi e scolati bene
  • 1 patata lessa
  • 70 g di burro
  • 70 g di noci tritate
  • q.b. di sale
  • q.b. di pepe

Procedimento 

  1. Lessate e schiacciate grossolanamente con una forchetta i fagioli, poi aggiungete la patata lessa, salate e pepate. Deve risultare un impasto sodo e omogeneo, nel quale si vedono i pezzi di buccia dei fagioli quale decoro.
  2. Montate il burro ammorbidito e spennellate di burro la carta da forno.
  3. Stendete l’impasto di fagioli e patate formando uno strato di circa 3 millimetri, spalmateci sopra il burro montato in uno strato di 3 millimetri ancora e, infine, distribuite omogeneamente le noci.
  4. Arrotolate dal lato lungo l’impasto, con cautela per non romperlo.
  5. Mettetelo in frigo a solidificare finché il burro non si solidifica in modo da poterlo poi tagliare a fette.
  6. Tagliate a fettine di circa un centimetro di altezza e servite freddo.

Ghapama Donagan Ttum, il riso delle feste con la zucca

Come vi abbiamo già anticipato, ci sono tantissime varianti di questo riso. Il donagan ttum si può fare anche per farcire un cosciotto di agnello, chiamato lezvaz karnug, poi lessato e cotto al forno. Oppure nella zucca, come nella versione che vi proponiamo oggi e in questo caso si chiama ghapama donagan ttum.

Per proseguire con questa ricetta Shaké consiglia una casseruola a fondo spesso, munita di coperchio.

ghapama
Foto di Carlo Manzo

Ingredienti 

  • 250 g di riso (meglio parboiled)
  • 500 g di acqua bollente leggermente salata
  • 60 g di olio o burro
  • 1 strofinaccio pulito
  • 5 prugne secche tagliate a dadini
  • 5 albicocche secche tagliate a dadini
  • 5 fette di mela secca tagliate a dadini
  • 5 cucchiai di uvetta
  • 20 mandorle pelate
  • 20 grammi di pinoli
  • q.b. di cannella
  • q.b. di peperoncino (dolce o piccante secondo i gusti)
  • q.b. di cumino in polvere
  • q.b. di sale
  • q.b. di pepe
  • 1 zucca di 1 kg

Procedimento 

  1. Mettete in una casseruola di dimensioni adeguate 30 grammi di olio (o burro) e il riso: rosolate fino a che i chicchi non risultano traslucidi.
  2. Aggiungete metà dell’acqua (attenzione a non ustionarvi), abbassate la fiamma al minimo e coprite con il coperchio avvolto nello strofinaccio.
  3. Cuocete fino al completo assorbimento dell’acqua, spegnete il fuoco e, senza aprire il coperchio, lasciate riposare per almeno dieci minuti.
  4. In una padella sciogliete il burro e rosolate la frutta secca e le mandorle fino a che non iniziano a dorarsi. Aggiungete i pinoli, il sale e le spezie rosolando ancora per un attimo e versate subito sul ttum, il riso.
  5. Durante la cottura del riso, aprite la zucca, svuotatela dai semi e, se necessario, togliete un po’ di polpa.
  6. Inserite il riso all’interno della zucca, aggiungete l’acqua rimanente, coprite la zucca e spennellatela con un po’ di miele all’esterno. Coprite con abbondante carta di alluminio e infornate a 200 °C per un’ora e mezza.
  7. Estraete la zucca con il riso dentro e tagliate a fette, in modo tale che ogni persona abbia una porzione di riso con un pezzo di zucca. Vedrete che successo questo piatto super scenografico!

Anushabur, il budino dolce di frumento

Infine, non poteva mancare questo dolce, simbolo di Natale e Capodanno. C’è anche una versione più povera e popolare con gli stessi ingredienti, una sorta di brodo-minestra con frumento e uvetta, da mangiare la sera. Questo budino, invece, richiede 2-3 giorni di lavoro, quindi non si tratta affatto di una preparazione semplice e veloce, ci avvisa Shakè. “Ma per il suo gusto delizioso, vi assicuro che ne vale davvero la pena!”

anushabur
Fanfo/shutterstock.com

Ingredienti 

  • 50 g grano o orzo perlato
  • 50 g albicocche secche chiare
  • 50 g uvetta sultanina chiara
  • 50 g mandorle spellate
  • 50 g zucchero
  • 700 ml acqua
  • 1 cucchiaio  maizena
  • q.b. di acqua di rose

Procedimento 

  1. Lavate e reidratate separatamente per alcune ore in acqua tiepida il frumento e la frutta.
  2. Cucinate il frumento con l’acqua in pentola a pressione per mezz’ora, spegnete e lasciate gonfiare coperto per una notte.
  3. Aggiungete l’acqua della frutta e cucinate a fuoco lentissimo mescolando continuamente, fino a che il frumento sia quasi completamente disfatto.
  4. Aggiungete la frutta, poi quando anche quest’ultima è cotta lo zucchero e cucinate altri 45 minuti, sempre mescolando continuamente.
  5. Dissolvete la maizena in poca acqua fredda, aggiungetela alla preparazione, date un ultimo bollore, aggiungete anche l’acqua di rose e spegnete.
  6. Versate l’anushabur in una sola volta nel vassoio in cui poi verrà servito e non muoverlo fino a completo raffreddamento, altrimenti si rompe la superficie.
  7. Decorate con melograno, cannella e noci.

Dunque, vi siete spaventati dalla complessità di queste ricette o vi cimenterete nel portare qualcuno di questi meravigliosi piatti armeni sulle vostre tavole per un Natale, o un’Epifania, differente dal solito?

 

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