Care lettrici e cari lettori del Giornale del Cibo,
inizia oggi la rubrica “Pubblicamente a Tavola” che riprende un argomento che vi aveva già visto molto partecipi alcuni mesi fa. L’interesse (e la vivacità!) che una mia “provocazione” aveva acceso ha spinto la redazione a creare uno spazio permanente dove discutere questi temi.
Milioni di italiani mangiano tutti i giorni fuori casa in tavole pubbliche: bambini nelle scuole, giovani nelle università, anziani
nelle case di riposo, pazienti negli ospedali. Alcune di queste istituzioni non sono strettamente pubbliche ma di fatto, lavorando in regime di convenzione, lo sono. Le pause pranzo dei lavoratori sono solo in parte pubbliche, ma lo spirito del servizio lo è: consentire a chi lavora un nutrimento sano e a un costo accessibile. Fuori casa mangiano anche i militari, i carabinieri, i poliziotti, i vigili del fuoco; e in un certo senso mangia fuori casa anche chi sta scontando la propria pena in un carcere! Si tratta di 1,8 miliardi di pasti all’anno, per una spesa che sfiora gli 8 miliardi di euro. Ecco perché ci riguarda tutti (nella nostra veste di genitori, figli, lavoratori, pazienti – speriamo mai di carcerati!) e perché un grande mezzo come “Il Giornale del Cibo” non può fare a meno di parlarne.
Soprattutto perché la Compagnia del Cibo Sincero, un gruppo di attivisti nato su queste pagine, ha come suo obiettivo quello di trovare, favorire, promuovere, pubblicizzare soluzioni che consentano di coniugare i prodotti naturali e rispettosi dell’ambiente, la buona cucina, il servizio cortese e la legalità con prezzi ragionevoli e abbordabili da tutti.
Il problema c’è anche nelle tavole pubbliche. Molte richieste dei bandi tendono a far lievitare i costi delle mense scolastiche o ospedaliere senza apportare nessun vero beneficio agli utenti. Abbiamo in passato compilato un vero “stupidario” di tali richieste: dal sale della Normandia all’abbacchio scozzese a un irreperibile cavolfiore locale a ipertecnologie inutili e così via. Tutte cose che minano la possibilità stessa dell’esistenza della Tavola Pubblica, in un momento di crisi economica dove invece essa dovrebbe tornare centrale.
La crisi economica cambia tutto il discorso sul cibo. Dal mio punto di osservazione vedo che ci sono tavole pubbliche che continuano imperterrite a commettere gli errori di cui dicevo prima cedendo a una inutile sofisticazione (e facendola pagare a un cittadino che, non avendo più i soldi per pagarla comincia, per esempio, ad andare a prendere il bimbo a scuola alle 12,30 e a riportarlo il pomeriggio) e altre che stanno passando a mense dal contenuto poverissimo. In entrambi i casi una impostazione equilibrata, frugale, ecosostenibile sarebbe una soluzione: ma una parte della burocrazia pubblica (e del giornalismo d’opinione che la influenza) è impreparata. A volte si tratterebbe solo di usare un po’ di buon senso: ma ce n’è poco in giro.
Sapete cosa temo? Che questa crisi economica porti una divaricazione per me inaccettabile: cibo di qualità per pochi e cibo spazzatura per molti. Anche nella Tavola Pubblica. Tra gli obiettivi di questa rubrica c’è allora anche quello di contribuire a trovare soluzioni che consentano al cibo di qualità di essere disponibile per il maggior numero di persone possibili, e non solo per i ricchi o per “raffinati” gourmet. Ci sono tanti produttori, trasformatori, cuochi, ristoratori, divulgatori, giornalisti – e donne e uomini nella propria cucina di casa! – che lavorano per questo: e questa rubrica vuole dare loro voce.
A presto.
Giuliano Gallini