Giornale del cibo

Nasce La Legge Salva Made In Italy!

Di Silvia Salomoni.

La Commissione Agricoltura della Camera ha approvato all’unanimità il decreto legislativo 2260, ovvero le “Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari”. Un provvedimento fortemente voluto da Coldiretti e dalle altre confederazioni agricole da oltre 10 anni e già ribattezzato “Legge salva made in Italy”! L’etichetta che indica l’origine di tutti i cibi adesso è obbligatoria per legge, sia per i prodotti trasformati che non. Una misura di trasparenza a tutela del consumatore finale che dovrebbe riuscire a debellare l’insidia delle frodi alimentari.

Niente più mozzarelle dichiarate napoletane che tradiscono la propria vera origine teutonica diventandocesto pieno di uova blu! La provenienza degli alimenti deve essere specificata obbligatoriamente nell’etichetta. Per i prodotti non trasformati il luogo di origine è il paese di produzione, mentre per quelli trasformati il luogo di riferimento è quello in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione o allevamento della materia prima agricola prevalentemente utilizzata. Chi immette in commercio prodotti privi dell’indicazione d’origine rischia sanzioni fino a 9.500 euro. È inoltre diventato obbligatorio esplicitare l’eventuale utilizzazione di organismi geneticamente modificati (Ogm) in qualunque fase della catena alimentare, dal luogo di produzione a quello di consumo finale.
In precedenza, l’obbligo di dichiarare la provenienza vigeva in Italia solo per alcune tipologie di prodotti (carne bovina, pollo, uova, olio extravergine di oliva, miele, latte, frutta e verdura, passata di pomodoro), questa nuova legge lo estende oggi a tutti i prodotti trasformati e non, ad esempio le carni di maiale, agnello e coniglio, gli yogurt, i formaggi e gli altri prodotti lattiero-caseari, oltre ad altri prodotti freschi mono-ingrediente.

Queste le disposizioni contenute nell’articolo 4 della legge, quello centrale, ma ce ne sono di altrettanto interessanti anche nel resto della normativa. Ad esempio l’obbligo di dichiarare la vera origine degli alimenti anche nella comunicazione commerciale: basta barare sulla reale origine geografica degli ingredienti utilizzati nella presentazione dei prodotti, niente pubblicità con panorami della Sicilia se i succhi di frutta contengono arance brasiliane!

Oppure il divieto di inserire in etichetta il nome di formaggi Dop se si tratta di miscele, in questi casi può comparire solo tra gli ingredienti e solo a patto che la sua presenza non sia inferiore al 20%. Gli allevatori di bufala, poi, sono obbligati a rilevare il latte prodotto giornalmente, per assicurare la piena trasparenza ai consumatori. E ci sono anche disposizioni rivolte direttamente alla grande distribuzione: i grandi marchi commerciali, tra le altre cose, sono tenuti a specificare il nome di chi effettivamente produce i prodotti da loro messi in vendita. È stato inoltre introdotto l’obbligo di inserire nell’etichetta il profilo nutrizionale completo del prodotto, che ne specifichi in modo leggibile sia le quantità di grassi, acidi grassi saturi, zuccheri e sale, che quelle di proteine, carboidrati, fibre e grassi artificiali, con tanto di tabella delle linee guida sulle quantità giornaliere ottimali per un adulto. I prodotti che hanno più di 10 grammi di grasso ogni 100 non possono fare pubblicità con slogan nutrizionali o salutistici.

Entro i prossimi 2 mesi i Ministeri dello Sviluppo Economico e delle Politiche Agricole dovranno deliberare dei decreti interministeriali per consentire e agevolare il pieno dispiegamento della nuova normativa, definendo le modalità di indicazione obbligatoria e le disposizioni di tracciabilità dei prodotti agricoli di origine o di provenienza del territorio nazionale. Per i prodotti stranieri la legge seguirà iter differenziati, con negoziati specifici per ogni tipologia di prodotto.
L’unico vero ostacolo a questo attesissimo provvedimento è che, una volta tanto, l’Italia è troppo avanti rispetto al resto d’Europa! La legge potrebbe rivelarsi incompatibile con la normativa comunitaria ed è a rischio bocciatura da parte dell’Unione Europea che, si sa, è sempre un po’ contraria a provvedimenti che frenino la libera circolazione delle merci. La direttiva comunitaria 2000/13/CE, infatti, prevede solamente un’etichettatura su base volontaria per la generalità dei prodotti, ad eccezione di quei casi in cui si induca in errore il consumatore. Ma tra i recenti casi di clamorose frodi alimentari e l’allarme diossina per le uova e la carne di maiale in Germania, possiamo forse sperare di dare noi per primi il buon esempio! La tracciabilità non è un vincolo, ma una garanzia di trasparenza.

 

Exit mobile version