Licata è una città piena di vita, di storia, di gente; di appartenenze che si sovrappongono senza annullarsi mai. Ve ne avevamo già parlato a proposito della granita siciliana e dei piatti della tradizione che si portano in spiaggia, ma non vi avevamo ancora detto tutto. Ad esempio, che Licata è anche la città di Rosa Balistreri. Rosa è colei che ha urlato la sua terra senza compromessi, che ha preso in mano la chitarra e ha iniziato a cantare parole prima ancora di saperle scrivere; conoscerla è importante perché in lei è racchiuso un significato più ampio, come se Rosa, con tutte le sue contraddizioni, fosse la metafora della Sicilia intera.Il suo quartiere era la Marina, dove ancora sbarcano ogni giorno i pescatori alla banchina del porto: oggi vi parleremo di loro, insieme ad uno dei piatti a base di pesce più diffusi: gli Mpalavittati, secondo l’antica ricetta della Trattoria Donna Rosa.
Pesce e pescatori di Licata
A Licata non solo il mare è sempre fresco (provate a farvi un bagno e sentirete la temperatura fredda dell’acqua, per via della posizione a mare aperto e delle sue correnti), ma anche il pesce. Infatti, tutti i giorni verso le tre del pomeriggio, i pescatori fanno ritorno alla banchina al porto con il pescato della notte: triglie, polpi, gamberi, crostacei, sogliole, merluzzi, spigole, dentici. È un mare ricco il nostro, dicono sempre! Eppure, proprio le sarde, ingrediente principale di questa ricetta, non vengono più pescate a Licata, ma solo nella vicina Sciacca, per questioni di licenze. Infatti, ricordiamo che esistono tre licenze di pesca che si autoescludono: c’è quella per i pesci a strascico; quella al cenciolo per il pesce azzurro; e infine a tre maglie per le varietà più pregiate.
Il pescato viene venduto nei vari baracchini sparsi per la città, dove clienti e ristoratori sono sempre in attesa per la prima scelta: quella che si trova da Trattoria Donna Rosa, dove ci hanno raccontato la ricetta degli mpalavvitati.
Trattoria Donna Rosa
La Trattoria Donna Rosa vive di una memoria antica, con piatti e storie che si tramandano da generazioni e generazioni. Erano infatti gli anni Cinquanta, ben 68 anni fa, quando Donna Rosa aprì questa trattoria con il marito Calogero Cicatello: una vecchia putìa, dove si vendevano pane e vino, in particolare fresco perché furono tra i primi ad avere il frigorifero; e poi fave cotte, trippa, frittura di paranza e vario pesce povero. Alla mattina, molti si fermavano qui per fare colazione con la zuppa di pane e fagioli. Quanti ricordi! Poi una disgrazia e il marito Calogero viene a mancare prematuramente a soli 46 anni; così, Rosa, si ritrova da sola con sette figli piccoli. L’ultimo nato, Giacomo Cicatello, decide di prendere in mano le redini del locale, trasformando trent’anni fa quella putìa in un ristorante di pesce di qualità. Dopo la sua morte, oggi è sua moglie Erminia, insieme al fratello, al padre e a vari amici a portare avanti con estrema dedizione e fedeltà tutte le sue ricette, proprio come lui avrebbe voluto. Una di queste sono proprio gli Mpalavittati.
Mpalavvitati: la ricetta
Le sarde in Sicilia non mancano mai: pesce povero, che imbottito di altri ingredienti, sempre poveri, forse ha l’illusione di diventare ricco. Gli Mpalavvitati non sono poi così diversi dalle più note sarde beccafico, diffuse soprattutto a Palermo, ma si differenziano per cinque motivi:
- non vengono arrotolate, ma appunto mpalate, cioè messe l’una sopra l’altra;
- non è presente l’uva passa;
- non ci sono i pinoli;
- al posto del succo d’arancia si usa il succo di limone;
- non c’è il miele.
Ingredienti per 3 persone
- 15 sarde
- 300 g pan grattato
- 1 aglio
- 3 cucchiai di olio evo
- 2 limoni
- qb alloro
- qb pepe
- qb sale
- qb prezzemolo
- qb olio
- qb acqua.
Procedimento
- Lavate e pulite bene le sarde, poi apritele a metà.
- Unite e mischiate in una ciotola pan grattato, sale, prezzemolo, pepe, parmigiano grattugiato, olio evo, spremuta di limone, aglio frullato e un pizzico di acqua.
- Mettete il ripieno ottenuto dentro la sarda aperta e coprite con un’altra sarda sopra facendo pressione con le mani in modo che siano bene mpalavittate, appunto. Questo passaggio è quello della ricetta moderna differisce da quella antica, che invece prevede di chiudere, cioè di mpalare, le due sarde con ago e filo, in modo da esser certi che il ripieno non fuoriesca durante la frittura.
- Impanate nella farina di grano duro e friggete in olio di semi con una foglia di alloro per circa cinque minuti finché entrambi i lati non sono dorati.
- Infine, consumate a piacimento sia calde che fredde.
Durante il vostro pasto non dimenticate di ascoltare in sottofondo uno dei pezzi di Rosa Balistreri: vi sembrerà davvero di essere lì, nel suo quartiere, alla Marina, sempre definito un labirinto dove perdersi; ma in realtà alla Marina ci si ritrova sempre, perché si ritrova un senso di appartenenza più alto, che porta più a ritrovarsi che a perdersi.
Ci siete mai stati?