Alla stessa maniera del Duomo, del Teatro alla Scala, del Castello Sforzesco e dello Stadio di San Siro, a Milano esistono delle istituzioni di carattere culinario. C’è il risotto con l’ossobuco, la cotoletta, la cassœula, il panettone… e ci sono anche i mondeghili. Meno noti, ma altrettanto degni di rappresentare la tradizione di Milano a tavola, sono una specialità che vanta la De.Co. (Denominazione Comunale) del comune meneghino.
Ma cosa sono questi mondeghili? Perché si chiamano così? E soprattutto, come si fanno?
Troverete qui di seguito tutto quello che serve a soddisfare la vostra curiosità… e magari anche il vostro appetito.
Per tutti sono polpette, per i milanesi sono i mondeghili
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In un paese dal variopinto universo enogastronomico come l’Italia, ogni territorio ha i suoi prodotti e piatti identitari. Alcuni di questi, addirittura, cambiano nome e ricetta nello spazio di pochi chilometri, come la caponata siciliana. Ma sono poche le specialità universalmente riconosciute come tali. Un esempio, in questo senso, sono le polpette. Al netto delle tante interpretazioni locali, per “polpetta” s’intende infatti una sfera di carne tritata più o meno grossolanamente, impastata con pane, uova, aromi e spezie a piacere. Ci sono poi quelle col pesce al posto della carne, oltre alle varianti vegetariane e vegane.
Ma quando dici “polpetta”, in genere, intendi quella cosa lì. Concetto che vale pressoché ovunque, tranne a Milano, dove invece ci si riferisce a un involtino di verza ripieno di carne, mentre quella che altrove si chiama polpetta qui è… anzi, sono i mondeghili.
Da eredità della dominazione spagnola a specialità De.Co. di Milano
I mondeghili sono eredità della dominazione spagnola a Milano, ovvero il periodo dal 1525 al 1700 circa. È il nome stesso a rivelare questa connessione. Mondeghilo, che raramente si sentirà pronunciare al singolare, sembra derivare da una storpiatura di albondiga – il corrispettivo spagnolo di “polpetta” – o del suo diminutivo albondeguita (polpettina), a loro volta mutuati dall’arabo al-bunduq. Quest’ultimo sta per “nocciola” e fa riferimento all’uso di confezionare una sorta di palla di carne impastata con pane. Si tratta, in ogni caso, di un altro esempio di cucina del recupero, nato dall’esigenza di non sprecare gli avanzi di carne arrosto o bollita e di dargli quindi nuova vita e nuova forma.
Le prime tracce storiche che riguardano la preparazione dei mondeghili risalgono all’Ottocento. In particolare, Francesco Cherubini nel suo “Vocabolario Milanese-Italiano” del 1839 li descrive come “specie di polpette fatte con carne frusta, pane, uovo, e simili ingredienti”. E in un’altra pubblicazione di qualche anno più tardi, ovvero “La cucina degli stomachi deboli” di Angelo Dubini, l’autore scrive chiaramente: “Mai mangià i mondeghilj a l’osteria”. Il riferimento è, con ogni probabilità, al non sapere cosa ci finisse dentro quelle polpettine di carne e magari anche al modo di friggerle. All’epoca poi c’era anche chi rimpolpava l’impasto con le patate. In ogni caso, la ricetta s’è evoluta nel tempo e sempre più spesso oggi s’incontrano reinterpretazioni che giocano sull’aggiunta di nuovi elementi, come il burro chiarificato, e soprattutto che impiegano tagli di carne meno poveri. Aspetto che ha contribuito a farne una specialità molto ricercata nei locali di cucina tradizionale milanese. È il rovescio della medaglia di quel processo che ha portato tante ricette nate povere a essere riscoperte e valorizzate, come il boreto alla graisana. A suggellare l’appartenenza dei mondeghili alla tradizione meneghina ci ha pensato lo stesso Comune di Milano, che il 17 marzo 2008 ha creato una De.Co. ad hoc, con tanto di ricetta ufficiale.
Come sono fatti i mondeghili? Forma, dimensioni e ripieno
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Una precisa caratteristica dei mondeghili, che li distingue dal più generico concetto di polpetta, è la forma. Non sono mai del tutto sferici, ma piuttosto ovali, ellittici o semplicemente schiacciati come una sorta di mini-hamburger. A proposito di “mini”, altro aspetto importante sono le dimensioni: al netto delle varie interpretazioni, in genere il mondeghilo è piccolo e compatto, da affrontare ed esaurire in uno o due morsi.
E poi c’è un’altra peculiarità a rafforzare la tesi che si tratti di una specialità di recupero, ovvero il fatto che si prepara a partire da carni già cotte. Su questo aspetto, però, si apre un mondo. Siamo infatti nell’ambito delle specialità popolari, che proprio per questo si sono tramandate di famiglia in famiglia, come abbiamo visto nel caso del cacciucco livornese, con diversi modi di interpretarle e farle proprie. Il disciplinare stesso della De.Co. definita dal Comune di Milano non specifica il tipo né il taglio di carne. Tradizionalmente nei mondeghili ci finivano avanzi di manzo bollito e/o arrosto. In questo senso è importante che si tratti di pezzi con una buona distribuzione di tessuto connettivo, che nelle lunghe cotture si scioglie tra le fibre muscolari regalando quindi tenerezza al morso. Decisiva nel dare una spinta di gusto è però l’aggiunta della carne di maiale: salsiccia, salame crudo e mortadella, specie di fegato. Non mancano le personalizzazioni di chi, ad esempio, ci mette del cotechino o della mortadella di Bologna IGP. Soprattutto nelle moderne trattorie milanesi, poi, si usa spesso come base di partenza il vitello in luogo del manzo.
Ad ogni modo la carne passata al tritacarne va impastata insieme a pane ammollato nel latte, uova, meglio ancora con gli albumi montati a neve, prezzemolo, aglio o cipolla e un po’ di scorza di limone. Quest’ultimo accorgimento rimanda a un’altra specialità come l’ossobuco, che nella cucina meneghina si accompagna al risotto allo zafferano e che si condisce con la cosiddetta gremolada (un battuto di aglio, prezzemolo e scorza di limone). Altre aggiunte comuni sono il Grana Padano e la noce moscata, oltre alla già citata patata lessa: un tempo usata soprattutto per dare volume quando si aveva poca carne a disposizione, apporta morbidezza, ma anche un effetto più pastoso e asciutto in bocca.
L’ultima fase è la frittura, che per tradizione si esegue in padella col burro. Oggi è in uso farlo dopo un passaggio nel pangrattato oppure nel panko, per assorbire meno olio e accentuare al contempo “l’effetto crunch”. Una concessione alla modernità, com’è del resto anche l’utilizzo del burro chiarificato, che col suo punto di fumo più alto rende bene coi fritti, ma che è rinnegato dai puristi. Del resto ci sono generazioni di milanesi per cui i mondeghili sono una religione e per i quali il burro è il burro, quello che quando frigge imbiondisce e schiuma un po’.
Dalle gastronomie allo street food fino alla cucina gourmet: i mondeghili protagonisti a tutto campo
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I mondeghili rientrano in quella categoria di alimenti per cui vale il motto “uno tira l’altro”. La loro fragranza attira, soprattutto quando sono caldi… anche a rischio di ustionarsi il palato. La doratura esterna è un involucro di tenera croccantezza, che lascia sprofondare il morso in un cuore carnoso, succoso e sapido. Se qualche anno fa erano poco conosciuti, forse perché considerati espressione di una cucina povera e casalinga, oggi hanno riguadagnato notorietà, fino a essere praticamente onnipresenti nei menù di ristoranti e osterie di cucina tipica milanese.
Qui la creatività degli chef a volte osa scelte insolite: azzardi più o meno riusciti a seconda dei gusti, ma che rappresentano comunque delle interessanti variazioni sul tema. C’è chi, ad esempio, unisce all’impasto il brodo e le verdure in cui è stata fatta bollire la carne, così da dare al boccone diverse sfumature di consistenza e di gusto. E c’è persino chi punta su particolari tagli di carne, come il wagyu, partendo da una base cruda e sconfessando quindi la tradizione che vuole i mondeghili preparati a partire da carne cotta. Infine, c’è chi li serve con una salsa di pomodoro, facendo storcere il naso ai puristi. Perché i mondeghili si usa assaporarli in purezza o al più accompagnati da qualche salsa con una componente acida per stemperare un po’ il sentore di fritto, come la maionese o la senape.
Spesso proposti come antipasto, più raramente come secondo piatto, sono un perfetto street food e non di rado vengono serviti come stuzzicheria da aperitivo. Si trovano facilmente anche presso i banchi delle numerose gastronomie cittadine, con particolare riferimento a quelle a conduzione famigliare. Qui è più probabile, infatti, imbattersi in una versione frutto di una ricetta antica, che meglio racconta e fa toccare con mano con mano la tradizione dei mondeghili.
La ricetta dei mondeghili secondo la De.Co. di Milano
Dopo averla citata, non resta che proporvi la ricetta dei mondeghili direttamente ispirata a quella descritta dalla De.Co. del Comune di Milano. Eccola di seguito:
Ingredienti per 4 persone
- 300 g di avanzi di carne tritati
- un uovo
- una mollica di rosetta di pane
- q.b. prezzemolo tritato
- q.b. scorza di limone
- q.b. sale
- q.b. burro
- q.b. latte
- q.b. pangrattato
Ingredienti facoltativi
- q.b. Grana Padano DOP grattugiato
- qualche spicchio d’aglio o di cipolla
- q.b. noce moscata
Procedimento
- Ammolla la mollica di pane nel latte, dopodiché strizzala e passala al setaccio.
- Uniscila in una ciotola alla carne tritata, all’uovo, al prezzemolo, alla scorza di limone (solo la parte gialla) e al sale. Aggiungi eventualmente anche il Grana Padano, lo spicchio d’aglio e una grattugiata di noce moscata. Impasta tutto con le mani.
- Una volta amalgamato l’impasto, ricavane delle pallottole della dimensione di una noce e schiacciale da due lati.
- Disponi il burro e scioglilo in una padella a fiamma vivace.
- Quando il burro inizia a imbiondire, disponi nella padella le palle d’impasto e friggile qualche minuto, girandole di tanto in tanto, fino a completa doratura.
- Dopo averle lasciate scolare un po’ su carta assorbente, servile calde.
Come ogni frittura, la sua buona riuscita è legata ad alcune accortezze. Qui, in particolare, occorre curare che, una volta messo sul fuoco, il burro non diventi subito troppo scuro (nel caso, abbassa la fiamma). Allo stesso modo, è importante prestare attenzione al colore dei mondeghili, che devono risultare ben dorati su ogni lato.
Vi abbiamo offerto con piacere un assaggio della tradizione milanese, che gode forse di minore notorietà rispetto a capisaldi quali la cotoletta, il risotto giallo o l’ossobuco, ma non meno stuzzicante. Non trovate? Avevate già sentito parlare dei mondeghili?
Immagine in evidenza di: Grazziela/shutterstock