Sono ormai passati mille giorni da quando il Parlamento ha approvato la legge 199/16, ricordata come “legge Martina” o nuova legge sul caporalato, che ha introdotto alcune importanti novità. In particolare, contiene delle specifiche misure per la tutela dei lavoratori stagionali e ha esteso sia le responsabilità che le sanzioni per caporali e imprenditori. L’entrata in vigore di questa norma ha avuto, negli anni successivi, un effetto domino che ha portato, per esempio, all’approvazione di alcune leggi regionali come quella del Lazio e all’istituzione di task force che uniscono enti pubblici, forze dell’ordine e associazioni dei territori per agire concretamente contro il fenomeno.
Sono ancora migliaia i braccianti sfruttati in Italia, ma qualcosa sta cambiando come sottolineano i dati presentati lo scorso novembre a Roma durante il convegno “Mille giorni contro il caporalato e lo sfruttamento del lavoro” organizzato da Anmil (l’associazione nazionale dei lavoratori mutilati e invalidi del lavoro) e Aic, l’associazione italiana coltivatori.
I mille giorni contro il caporalato
Sono aumentati del 260% i controlli sulle aziende, soprattutto in campo agricolo e dell’edilizia, a partire dall’entrata in vigore della legge. Questo il dato più significativo emerso dal report presentato che sottolinea, dunque, come siano state oltre 28 mila le aziende controllate. Molte anche le denunce e gli arresti per caporalato e sfruttamento del lavoro.
Sempre più chiare anche le stime del numero di braccianti e lavoratori coinvolti, da Nord a Sud. Secondo l’Aic il numero totale di ingaggi irregolari supera la quota di 300 mila lavoratori, cifra arrotondata al ribasso secondo la Cgil: secondo il sindacato, sarebbero ben 400 mila le persone che subiscono il fenomeno del caporalato.
Un problema ancora molto diffuso, dunque, e lontano dall’essere debellato anche perché complesso. È difficile, infatti, considerare l’esigenza di contrastare lo sfruttamento dei braccianti, senza agire anche sulle tutele sanitarie, sulle opportunità abitative, sui rischi che le persone corrono sulla strada verso il lavoro e anche le misure di accoglienza che, talvolta, portano nei campi persone prive di un’alternativa regolare e, di fatto, più vulnerabili.
[elementor-template id='142071']Questioni di sicurezza e violenza sulle donne
Durante il convegno romano è emerso, infatti, come in questi “mille giorni contro il caporalato” siano migliaia anche le denunce in maniera di sicurezza sul lavoro e la rilevanza del tema dello sfruttamento femminile. Secondo quanto riportato, infatti queste ultime vedono la loro paga decurtata del 20% rispetto al bracciante uomo e sono, complessivamente, più esposte a ricatti e forme di sfruttamento. Spesso, quest’ultimo, assume tonalità drammatiche e sfocia nella violenza di genere. Alcune importanti inchieste giudiziarie e giornalistiche, infatti, hanno portato alla luce episodi di violenza sistematica contro le braccianti impegnate nella raccolta di uva e fragole, soprattutto nel ragusano.
Un recente inchiesta dei carabinieri di Agrigento ha portato a otto fermi per caporalato proprio tra il capoluogo e Licata. Erano circa un centinaio i braccianti coinvolti, tutti comunitari provenienti dall’Est Europa, che venivano portati nei campi a lavorare, senza soste, per giornate intere. La paga era inferiore ai 3 euro all’ora, senza alcuna tutela né forma di riposo, anche nelle giornate in cui le condizioni climatiche erano più avverse. Si legge, poi, negli atti delle forze dell’ordine che una donna, parte del gruppo, ha addirittura subito un aborto mentre lavorava nei campi, causato anche dalla fatica.
I dati dei Carabinieri: arresti raddoppiati nel 2019
Nel mese di novembre sono stati presentati anche i dati del Comando Tutela Lavoro e dei Nas nel contrasto al lavoro nero, l’utilizzo dei minori e le altre forme di sfruttamento. Interessante la comparazione tra il 2018 e il 2019: dal punto di vista degli arresti, il numero è raddoppiato passando dai 56 dello scorso anno ai 108 effettuati quest’anno fino alla fine del mese di ottobre.
Durante i controlli effettuati dai Nuclei Ispettorato del Lavoro su quasi 30.000 aziende, è emerso che 16.596 erano i lavoratori “assunti” in nero su un totale di 94.784 controllati. Inoltre è emerso l’impiego illecito di 460 minori su 956 controllati, nessuno vittima di tratta.
Gli sfruttati, invece, appartengono a nazionalità diverse e, differentemente da quanto viene spesso immaginato, il fenomeno del caporalato e delle agromafie non attecchisce soltanto nel mondo agricolo del Sud Italia. Tra il 2018 e il 2019, i paesi di provenienza più rappresentati tra i casi individuati dai Carabinieri sono Romania, Pakistan, Cina, Marocco e Bangladesh.
Sono cresciuti, dunque, in questi 1000 giorni della legge contro il caporalato gli arresti e i controlli, ma anche le azioni positive di contrasto del fenomeno. Lo sfruttamento è arrivato anche sulle prime pagine dei giornali ed è emerso anche all’interno del dibattito pubblico. “La legge è stata molto utile – ha commentato Tommaso Nannicini, membro della commissione Lavoro del Senato a conclusione del convegno di Anmil e Aic – se la viviamo come punto di partenza perché ha favorito l’emersione di un reato che mette in luce ora la sua effettiva ramificazione. Dobbiamo puntare adesso i riflettori su questa ramificazione”. Un primo passo durato 1000 giorni, dunque, che potrebbe condurre ad un ulteriore riduzione del fenomeno del caporalato e dello sfruttamento in agricoltura.
Avevate già letto questi dati?