Ogni anno sono milioni i pasti consumati nelle mense scolastiche italiane. ORICON, l’Osservatorio sulla Ristorazione Collettiva e Nutrizione, nel 2014 ne ha stimati un totale di 299 milioni. Una cifra considerevole, che apre la strada a numerose riflessioni sull’importanza e la responsabilità di chi ha il compito di definire come si alimentano centinaia di migliaia di utenti al giorno.
Ma chi decide il menu a scuola? Chi sono gli attori coinvolti in questo delicato processo e quali competenze hanno? Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Dall’elaborazione del menù al piatto servito in mensa
L’assunzione del pasto nelle scuole implica la definizione di normative, l’organizzazione di luoghi adeguati e di personale addetto, l’avvio di procedure per l’assegnazione di servizi di produzione e di distribuzione dei pasti, l’adozione di sistemi di controllo sulla qualità e di gestione degli scarti. Implica anche che operatori provenienti da settori diversi debbano lavorare in sinergia per un fine comune, che dovrebbe sempre essere orientato verso l’etica e la trasparenza del servizio in favore della salute e della qualità del cibo.
Prima di arrivare sulle tavole della mensa scolastica, dunque, ogni pasto è stato ideato, misurato, calendarizzato, cucinato, confezionato, distribuito, controllato da qualcuno. Ma da chi?
Committente, gestore del servizio, ASL e Commissione mensa
Un documento del 2010 diffuso dal Ministero della Salute, che vale come testo di riferimento a livello nazionale in materia di ristorazione scolastica, ci dice chi sono gli attori principali coinvolti nella ristorazione scolastica:
- Ente committente (Comuni o scuole paritarie)
- Gestore del servizio di ristorazione
- Azienda Sanitaria Locale
- Utenza (bambini e loro familiari)
- Istituzioni scolastiche
- Commissione mensa scolastica
All’ente committente spetta la responsabilità di definire i requisiti della gara d’appalto, decidere la tipologia del servizio, quante risorse assegnare e come impiegare l’investimento. Si occupa inoltre della stesura del capitolato, ovvero dell’atto tecnico allegato al bando in cui vengono specificati i dettagli della fornitura e i requisiti esatti di composizione del menù. La committenza è inoltre tenuta a sorvegliare l’andamento complessivo del servizio con controlli sulla qualità merceologica e il rispetto delle proporzioni degli alimenti, sulla buona organizzazione complessiva e sul grado di soddisfazione dell’utente.
Fino a poco tempo fa la committenza del servizio mensa faceva capo principalmente al singolo comune oppure, nel caso di istituti equiparati, alla direzione della scuola. Nell’ultimo anno, invece, sempre più spesso le procedure di gara sono state affidate alle Centrali Uniche di Committenza (C.U.C.), soggetti appaltanti che aggregano più comuni e costituiscono per l’azienda fornitrice un’interfaccia unica e specificamente strutturata.
Se questo da un lato può snellire le procedure e garantire che a gestire l’appalto e i rapporti con i fornitori sia un organismo centralizzato, competente e sempre aggiornato sulle normative (nei piccoli comuni è invece spesso un funzionario generico, armato solo di molta pazienza, a doversene occupare), dall’altro lato può portare ad uno scollamento tra il servizio ottenuto e le esigenze locali del Comune.
Per fare un esempio concreto, i Comuni potrebbero trovarsi nella situazione di dover accettare un fornitore scelto dalla C.U.C., legato ad un contratto decennale, anche se nel frattempo fra le parti sono intercorsi dei problemi. Il Comune, infatti, anche se sollevato dalla gestione operativa degli appalti, rimane pur sempre il soggetto firmatario del contratto ed è chiamato in causa nel caso di controversie legali.
Il Gestore, ovvero l’azienda selezionata tramite bando di gara, è tenuto a svolgere in modo corretto il servizio nel rispetto delle normative vigenti e dei termini contrattuali. Al Gestore viene anche chiesto di perseguire alti standard qualitativi e di provvedere alla formazione e all’aggiornamento costante del personale addetto.
Spesso l’azienda fornitrice assume un ruolo importante anche nella definizione dei termini di contratto attraverso proprie figure professionali interne, esperti e tecnici nutrizionisti, i quali possono suggerire migliorie al menù, nel rispetto delle normative nazionali vigenti. Il feedback continuo che un’azienda, soprattutto se di lunga esperienza, riceve dagli utenti della mensa (grado di soddisfazione, pasti avanzati, alimenti rifiutati o, al contrario, particolarmente apprezzati) può rivelarsi una fonte preziosa di informazioni della quale il committente può decidere di avvalersi per orientare i requisiti di una gara.
L’attività dell’ASL è principalmente concentrata sulla sorveglianza delle caratteristiche igienico-nutrizionali dei pasti fornendo le direttive per la stesura di menù corretti ed equilibrati da inserire nei bandi di gara. L’ASL territoriale può inoltre condurre ispezioni e verifiche sul campo per valutare l’adeguatezza e la sicurezza degli ambienti e dei prodotti e la conformità delle tabelle dietetiche adottate.
Nella definizione del menù le ASL devono attenersi alle normative vigenti in tema di nutrizione espresse dalle linee guida nazionali. Le tabelle LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia), che indicano le esatte quantità e le diverse tipologie di alimenti necessarie per una corretta ed equilibrata alimentazione, sono lo strumento di riferimento nazionale per elaborare un buon menù o per valutare l’adeguatezza di una programmazione dietetica.
Chi scrive il menù?
Il menù deve rispondere a precisi requisiti di varietà, stagionalità e qualità nutrizionale, e viene elaborato da un dietologo o da un nutrizionista incaricato dalle amministrazioni comunali (per le scuole pubbliche) o dalla direzione scolastica (per le paritarie). Il nutrizionista prepara un calendario a rotazione su un periodo di almeno 4/5 settimane per evitare il ripetersi dello stesso pasto e per diversificare il periodo autunno-inverno e primavera-estate. Nel menù sono contenute indicazioni precise sulle porzioni e sulle grammature di ciascun alimento definite in base al fabbisogno giornaliero per fascia d’età. Deve essere data anche preferenza alla produzione locale, stagionale e biologica e, per quanto è possibile, alle tradizioni locali, al fine di promuovere l’educazione e la cultura del cibo.
L’importante ruolo della Commissione mensa
L’apparente perdita di controllo sul pranzo dei figli può infatti destare qualche preoccupazione, ma conoscere le varie tappe che il piatto percorre prima di arrivare sul tavolo della mensa scolastica può dare ai genitori, ai docenti e agli addetti ai servizi dei validi strumenti per intervenire in casi di dubbia gestione o, viceversa, per riconoscere quando un menù è corretto in termini nutrizionali, sensoriali (ovvero di percezione e gradimento da parte dei bambini) e di sicurezza alimentare.
Inoltre, attraverso la Commissione mensa, genitori e docenti possono partecipare attivamente al controllo del servizio. I membri di questo importante organo di rappresentanza – adottato dalla maggioranza delle scuole, ma non da tutte – si mettono a disposizione in qualità di volontari e, capitolato e tabelle nutrizionali alla mano, possono accedere ai refettori durante l’orario mensa, controllare la qualità del pasto assaggiandolo di persona, verificare il buon funzionamento delle attrezzature utilizzate, valutare il livello di gradimento dei bambini e proporre all’Istituto scolastico e all’ASL territoriale degli interventi specifici.
Adesso che vi siete fatti una idea di come funziona il processo che definisce come si nutrono milioni di utenti all’anno nelle mense scolastiche, cosa si potrebbe fare secondo voi per ottimizzarlo rendendolo più efficiente? Quali sono le vostre idee?