Giornale del cibo

Mense negate Corsico: il punto di vista del Sindaco

In un articolo precedente abbiamo visto come la vicenda delle mense negate a Corsico abbia assunto un valore emblematico sul tema del diritto dei bambini alla refezione scolastica. Il Comune dell’hinterland milanese è stato bersaglio di accese critiche da parte dell’opinione pubblica e della stampa per la sua lotta agli inadempienti, sfociata nella decisione da parte del Sindaco di sospendere la mensa scolastica ai figli dei morosi ‘recidivi’.

Mensa scuola Galilei

Come sempre, quando si tratta di bambini, una soluzione facile non c’è. Se, infatti, tutelare i più piccoli deve rimanere la preoccupazione prioritaria da parte di tutte le componenti della società (vedi a questo proposito l’intervista che ci ha rilasciato qualche giorno fa Save the Children), è anche vero che i Comuni si trovano nella difficoltà di garantire servizi complessi e costosi a fronte di risorse sempre più esigue.

Abbiamo chiesto a Filippo Errante, Sindaco di Corsico, di aggiornarci sullo stato delle cose.

Può riassumerci brevemente i fatti attorno alla vicenda delle mense scolastiche?

Nel luglio del 2015, pochi giorni dopo il mio insediamento, nelle casse del Comune è stato rilevato un mancato introito della tariffa relativa alla mensa scolastica pari a oltre 1 milione e 200 mila euro per il periodo 2009-aprile 2015. Ho chiesto una serie di azioni di recupero crediti, dando anche la possibilità di rateizzare il debito. Molti sono corsi subito ai ripari, ma alcuni non hanno nemmeno risposto alle nostre raccomandate. Ai recidivi è arrivato infine l’avviso di sospensione del servizio mensa dei figli.

Perché una decisione così drastica?

Ci ha preoccupato non tanto e solo il valore assoluto dell’ammanco, ma il fatto che la tendenza a non pagare fosse in aumento e non vi fosse una risposta soddisfacente ai continui solleciti dei nostri uffici a regolarizzare la posizione, eventualmente anche aggiornandola in base alla propria diminuzione reddituale.

Molti sostengono che il provvedimento abbia colpito soprattutto le famiglie in difficoltà. Come risponde a questa accusa?

I controlli che abbiamo effettuato hanno permesso di rilevare che molti non pagavano per partito preso: “Siccome so che non paga la mamma di quella bimba, allora non pago anch’io”. Oppure: “Non pago, e lo dico, perché voglio proprio vedere se il Comune fa i controlli”. Situazioni paradossali, ma purtroppo vere e accertate. Abbiamo inviato una lettera a luglio chiedendo alle famiglie dei morosi di regolarizzare la propria posizione in tre rate a settembre, ottobre e novembre, altrimenti sarebbe stato sospeso il servizio. Salvo le famiglie realmente in difficoltà, che sono sempre state escluse da qualunque provvedimento. Quindi la notizia che il Comune abbia deciso di togliere il pasto alle famiglie povere è falsa. Anzi, più volte ho ribadito che il provvedimento era rivolto esclusivamente ai “furbetti”, cioè a quelli che non vogliono pagare un pasto completo per i propri figli.

Quante famiglie ad oggi sono ancora interessate dal provvedimento di sospensione del servizio?

Dopo la decisione dal 7 gennaio di sospendere il servizio a circa 500 persone – alle quali è stato comunque garantito il pasto in seguito a un accordo fatto poco prima di Natale con la società che prepara e distribuisce i pasti (la Camst, n.d.r.) – c’è stata la rincorsa alla regolarizzazione, e il numero, in poco tempo, si è drasticamente ridotto. Tanto che oggi, con cifre altalenanti, si potrebbe affermare che “i recidivi” sono una trentina, su 2.400 pasti preparati ogni giorno per un costo complessivo annuo di circa 2 milioni e trecentomila euro. 

In seguito alle misure adottate, che cifra è riuscito a recuperare il Comune rispetto agli ammanchi mensa?

Rispetto alle situazioni pregresse, sono stati attivati 208 piani di rateizzazione per un totale di 460mila euro. A oggi, tra cifre pagate subito e cifre rateizzate, sono stati recuperati 87mila euro (circa il 19%). Per quest’anno scolastico, fino a febbraio 2016, il tasso di morosità è stato di circa il 12% (quindi da settembre a febbraio sono stati incassati 1.163.000 euro e restano ancora da recuperare 144mila euro, anche se il dato è altalenante, perché la settimana scorsa erano 155mila); a loro verrà inviata nei prossimi giorni una lettera di messa in mora, così come prevede la procedura per il recupero crediti.

Come si sono organizzate per il pasto le famiglie a cui è stato sospeso il servizio? Dove mangiano i bambini che portano il pasto da casa e quanti, invece, hanno deciso di far mangiare il figlio altrove?

A quanto risulta al Comune, i bambini mangiano tutti nelle proprie scuole. Ogni dirigente si è organizzato a propria discrezione. Alcuni hanno allestito degli spazi a fianco del locale mensa per i pochi bambini che si portavano il panino da casa, altri hanno deciso di farli mangiare insieme agli altri.

Come hanno reagito gli istituti scolastici alla sua decisione?

Il provvedimento ha suscitato un ampio dibattito nazionale, con l’intervento anche dell’Ufficio scolastico regionale e milanese, preoccupati soprattutto della diminuzione del tempo scuola: se i bambini vanno a casa per il pranzo, cosa che succede nella stragrande maggioranza delle scuole italiane, vengono meno le 40 ore, con un inevitabile ridimensionamento dell’organico. Però, anche su questo ho precisato che occorreva essere chiari sul reale problema, nella consapevolezza che l’ente locale, il quale carica sulla fiscalità generale già circa 400mila euro per la mensa scolastica (soldi, cioè, pagati anche da famiglie che non hanno figli che frequentano le scuole), non può garantire un servizio a domanda individuale, quindi non obbligatorio, a chi non è disposto a dare nemmeno un piccolissimo contributo. 

Ciò che le viene contestato dall’opinione pubblica, più che la legittimità di un’azione di recupero crediti, è la situazione di disagio che in ogni caso si troverà ad affrontare il bambino allontanato dalla mensa…

I pasti di chi non ha aderito a piani di rientro anche di 10 euro al mese per 20/30 anni non possono essere caricati sugli altri genitori o sui conti del Comune. È una questione di equità. Si è fatto anche un monitoraggio puntuale, affiancando al personale scolastico direttamente nelle scuole alcune assistenti sociali comunali, per guidare le famiglie anche verso il percorso della completa esenzione

Quali risultati ha dato il conto solidale da lei aperto per le famiglie bisognose?

Non ha dato i risultati sperati, perché su questo c’è stata anche una presa di posizione politica di alcuni partiti di opposizione, che lo hanno ritenuto uno strumento poco efficace. Il mio obiettivo era di recuperare fondi per aiutare quelle famiglie in difficoltà che avevano comunque deciso di rientrare dei debiti pregressi, anche se con piccole rate di 10 euro al mese. Questi debiti non possono essere infatti cancellati, come aveva chiesto un preside, perché il Comune e i suoi amministratori rischierebbero l’intervento della Corte dei Conti. Il sindaco e gli altri amministratori hanno versato circa 1.000 euro; altrettanti la banca dove è stato aperto il conto e i commercianti. È stato raccolto anche del denaro durante una serie di manifestazioni o direttamente dai commercianti del centro storico, titolari del nuovo conto corrente, per un totale a oggi di circa 5mila euro. Il conto verrà chiuso presumibilmente alla fine dell’anno scolastico e un’apposita commissione deciderà la distribuzione dei fondi.

Il Comune di Corsico non è un caso isolato. Le notizie di mense scolastiche negate arrivano anche da altre città e da altre parti d’Italia. Voi cosa ne pensate? I Comuni dovrebbero fornire il pasto anche se i genitori non pagano? Chi dovrebbe coprire le spese dei pasti non pagati?

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