Mario Soldati E I Soldatini Della Letteratura Gastronomica
Adriana Angelieri
Mario Soldati ha vissuto lungo tutto il Novecento. E’ nato nel 1906, ed è morto nel 1999. Fu scrittore, regista, sceneggiatore, critico d’arte, autore televisivo ed enogastronomo. Un genio poliedrico e innovatore che ebbe anche la fortuna di essere apprezzato in vita forse proprio perché ha abbracciato quel secolo. Oggi, negli anni della super-specializzazione, probabilmente sarebbe guardato con sospetto, come uno che sa fare troppe cose per farle bene tutte, che ne ama troppe perché i suoi sentimenti siano sinceri.
Scrittore e gastronomo nel medesimo momento. Soprattutto questo, oggi, sarebbe guardato con sospetto.
Secondo i pregiudizi correnti, uno scrittore deve rivolgersi alla gastronomia solo per usarla come ingrediente marginale delle sue opere. Soldati, invece, ebbe l’ardire di promuovere il cibo e il vino al ruolo di protagonisti. I prodotti tipici e la cultura del territorio non sono semplici argomenti-comparsa ma oggetto dell’attenzione primaria dello scrittore che elevò al rango di soggetti letterari temi allora come adesso considerati distanti dalla “vera cultura”.
Altrettanto audace e innovativa (anche per i tempi attuali, cioè dopo 50 anni) fu la sua attività di documentarista televisivo. “Viaggio nella Valle del Po. Alla ricerca dei cibi genuini” del 1957 fu il primo programma nella storia della televisione italiana a occuparsi di cibo e di cucina. Soldati vestiva i panni del giornalista-intervistatore e tra una bevuta cantina e la visita a un caseificio, con il pretesto della ricerca dei prodotti perduti dettava i fondamenti di quella cultura del territorio che tutti gli dobbiamo.
Ci vollero quasi vent’anni prima che un altro grande intellettuale della cucina e del vino, Luigi Veronelli, raccogliesse l’eredità televisiva del maestro con il programma “A tavola alle 7”, del 1974, e poi con “Viaggio sentimentale nell’Italia dei vini” nel1979.
Successivamente, questo modo di fare televisione dedicato più alla scoperta della civiltà contadina italiana che allo spot turistico fu raccolto dai primi conduttori di “Linea Verde”. Sandro Vannucci forse è l’ultimo anchor-man“soldatiano” di questa trasmissione storica. I successivi Del Noce e Brosio hanno dato l’impressione di occuparsi di cibo e agricoltura solo per contratto e non per autentico interesse.
Della scuola di Soldati documentarista, comunque, si sono perse le tracce. Tranne poche eccezioni (mi vengono in mente “Eat Parade” e “Linea Blu”), oggi è solo tele-spadellamento convulso. Da “Uno mattina” con Vissani, il cuoco sempre in onda e sempre in guerra con la nostra bella lingua, alla “Prova del cuoco” dove insegnano a fare un pranzo completo con lasagne, stracotto e dessert in soli 20 minuti e 10 euro di spesa. Cioè i miracoli.
Fra gli eredi di Mario Soldati scrittore e gastronomo, in prima fila troviamo ancora Luigi Veronelli, che sancisce la sua discendenza intellettuale dal maestro con i magnifici volumi “Guide all’Italia piacevole” e “Vino, terra e libertà”. Entrambi i libri sono contenitori di belle emozioni e passioni sincere oltre che di informazioni rese più gradite dalla formula narrativa del racconto di viaggio. Le scoperte eno-gastronomiche nel territorio italiano sono riportate senza saccenteria, vera rarità, anzi alleggerite da inaspettati soffi poetici.
Sulla stessa lunghezza d’onda, ma con un piglio più da reporter che da narratore, è Davide Paolini, giornalista del Sole 24 ore e autore di una guida annuale ai ristoranti italiani. La stessa testata ospita nel magazine “Ventiquattro” i racconti golosi della scrittrice Camilla Baresani, piacevolissima narratrice di esperienze gastronomiche. Come lei, il giornalista e scrittore Beppe Severgniniracconta sul Corriere della Sera i piaceri delle tavole italiane concentrandosi non solo sui piatti ma anche sulle persone che in quei piatti hanno trasposto la loro cultura e la loro storia.
Con questi chiuderei la brevissima lista degli scrittori-gastronomi “soldatiani” che amano raccontare più che giudicare, coinvolgere più che consigliare e sconsigliare. Tutti gli altri che scrivono di cibo (a parte gli storici come Montanari, Capatti, Rebora) hanno preferito ispirarsi al modello “revisonionista” di Edoardo Raspelli, ex cronista di nera e fondatore della critica gastronomica in Italia. Raspelli ha preferito rivedere l’insegnamento soldatiano puntando dritto alla “sostanza” di quanto si trova nel piatto di un ristorante, a quanto costa, e ad altri dettagli squisitamente pratici come la professionalità di camerieri e sommelier e la frequentabilità delle toilette. E ha fatto scuola.
A lui si ispira la quasi totalità dei critici gastronomici tutti tendenti, alla fine, ad attribuire un tot di stelle, cappelli, forchette e via siglando. Sono scritti colmi di informazioni, dritte e giudizi. Pratici e poco o punto letterari. Ma per chi preferisce sacrificare qualche indirizzo al piacere della lettura ci sono i pochi discendenti diretti di Mario Soldati che, chissà, vista la pletora dei distributori di cappelli, magari cresceranno. (Ringraziamo per le foto l’Archivio Mario Soldati)