Se l’Emilia-Romagna può essere considerata a pieno titolo patria del mangiar bene, Parma e la bassa parmense ne rappresentano un indiscusso fiore all’occhiello. Non a caso proprio Parma ha ottenuto, nel dicembre 2015, il riconoscimento Unesco di “Città Creativa per la gastronomia”. Ma è l’intero territorio parmense a essere una vera e propria miniera di specialità riconosciute e apprezzate a livello mondiale: da Sua Maestà il Parmigiano Reggiano al più pregiato degli insaccati, ovvero il Culatello di Zibello, prodotti che, insieme al celebre Prosciutto di Parma, si fregiano del marchio DOP. Alle spalle di questi giganti c’è però tutto un proliferare di IGP, come il Salame Felino, la Coppa di Parma, il Fungo di Borgotaro, solo per citare alcuni esempi. Il viaggio che vi proponiamo di seguito è proprio un itinerario tra alcuni di questi sapori e piaceri, scandito da qualche suggerimento su dove mangiare tra Parma e la bassa parmense.
Parma e la bassa parmense, culla di sapori e tradizioni
Dall’area appenninica, coi suoi fitti boschi e le generose valli, alle campagne fertili della pianura compresa tra il Po e il Taro e solcata da tanti corsi d’acqua minori, come lo Stirone: è qui che molti dei prodotti più rappresentativi di questa provincia trovano le condizioni ideali per esprimere al meglio quelle caratteristiche di gusto che li rendono unici. Il resto lo fanno la tradizione culinaria di un popolo dalle fiere origini contadine e la passione per quel mangiar bene e sano, considerato un valore irrinunciabile. Un bene da trasmettere di generazione in generazione e che trova ancora oggi espressione nelle paste fresche, tirate a mano come una volta e protagoniste di molti primi piatti, o in golose specialità da accompagnare a un tagliere di salumi e a un buon bicchiere di vino, come la torta fritta.
[elementor-template id='142071']Nel cuore della bassa: 3 locali da provare
Quando si parla di bassa parmense o, più semplicemente, “la bassa”, si intende quell’area pianeggiante che si estende dalle sponde del Po fino al cuore della provincia, abbracciando la città capoluogo. Un fitto tessuto di comuni, spesso frammentati in frazioni di poche case appena, disseminato di agriturismi e di aziende agricole, che producono in proprio e che sono spesso dotate di uno spaccio dove vendono direttamente i loro prodotti. La bassa parmense è, infatti, meta di un crescente turismo enogastronomico, con avventori in cerca di posti dove assaporare le specialità più note e attratti dalle tante iniziative che animano il territorio. Dalla rassegna November Porc (che ogni novembre celebra la cultura del maiale, con osterie e ristoranti che propongono menù a tema), a Caseifici Aperti, organizzata due volte all’anno (generalmente una in primavere e una in autunno) dal Consorzio per la tutela del Parmigiano Reggiano DOP per far conoscere da vicino come si produce il formaggio più famoso e imitato al mondo. Per non parlare poi del ricco calendario di sagre e feste di paese, tra le quali la più conosciuta e rinomata è probabilmente la Festa del Culatello di Zibello, che nel 2020 taglierà il traguardo della 35° edizione e che ogni anno fa da richiamo per appassionati buongustai da tutta Italia e anche dall’estero.
Insomma, quando si cerca un buon posto dove mangiare, cascar male qui è davvero improbabile. E altrettanto lo è stilare una classifica dei posti migliori, cosa da cui ci guardiamo bene: ciò che ci limitiamo a fare, quindi, è citare alcuni dei locali che ci hanno positivamente colpito e che vi suggeriamo per una piacevole esperienza di gusto nella bassa parmense.
Osteria Ardenga
Poco fuori dal centro storico di Soragna, grazioso comune sviluppato intorno a quel piccolo gioiello che è la Rocca Meli Lupi, s’incontra la frazione Diolo. Qui, proprio a ridosso del museo dedicato a Giovannino Guareschi, il papà di Don Camillo e Peppone, che di queste terre è fiero e illustre figlio, si trova l’Osteria Ardenga, un locale nel segno di una tradizione che più tradizione non si può. A partire da come si presenta, con una saletta dove si trovano il bancone e qualche tavolo per gli avventori abituali, che frequentano l’osteria anche solo per il rito di bere il caffè e dare una sfogliata al giornale, per non parlare poi degli arredi in stile rustico, con tanto di attrezzi agricoli appesi alle pareti. Qui, la tradizione trova espressione anche nella proposta culinaria, con un menù circoscritto a poche proposte, molte delle quali variabili in funzione della stagione.
Tra i cavalli di battaglia dell’Ardenga, gli antipasti caldi della casa, una fantasia di mini-quiche, tortine salate e bruschette a base di verdure e funghi, con la giardiniera di verdure (di produzione propria) e gli sfiziosi crostini di polenta fritta in accompagnamento. Altro antipasto irrinunciabile è il tagliere di salumi, in cui spiccano il Culatello di Zibello e la Spalla di San Secondo, fatti stagionare nella piccola cantina a vista, che si può ammirare dalla sala principale. Tra i primi, regnano i tortelli (di erbe o di zucca), rigorosamente fatti a mano, i pisarei e faśö e gli anolini in brodo. Per quanto riguarda i secondi, invece, oltre agli arrosti (immancabile l’anatra, servita con un gustoso contorno di patate), ai bolliti e ai filetti di manzo e di maiale, da segnalare il tris di porcini. Presente solo nella stagione di raccolta, permette di assaporare il re del bosco in tre diverse declinazioni: impanato e fritto, trifolato con aglio e prezzemolo e servito all’interno di cestini di pasta brisèe e in forma di cappella ripiena. Un crescendo di sapori, da accompagnare a uno dei vini di produzione propria (quali il Lambrusco Nobile o il più amabile Fortana del Taro) e che trova degna conclusione nei dolci della casa. Il prezzo non è modico, ma resta nella media e soprattutto trova giustificazione nella qualità e nella generosità delle portate. Difficilmente si esce dall’Ardenga insoddisfatti.
Trattoria dai Sibani
Eccoci in Località Chiusa Ferranda, una minuscola frazione di Fidenza. È qui che si trova uno dei locali storici della provincia, la Trattoria dai Sibani. Risalente agli anni venti del secolo scorso, nasce come tipica osteria di campagna di una volta, caratterizzata quindi dall’essere allo stesso tempo tabaccheria, bottega, stazione di posta e luogo di ristoro. La nuova gestione a conduzione familiare, attiva da tre anni, è ispirata da un profondo rispetto di questa antica tradizione, pur non disdegnando qualche innovazione.
Il punto forte della Trattoria dai Sibani è la cura nella selezione delle materie prime, con lo Chef Fabio Moseriti a occuparsi in prima persona delle forniture. Una garanzia di qualità e territorialità dei prodotti, come i salumi forniti da Croce e Delizia della vicina Soragna, che aderisce al marchio “Antichi Produttori del Culatello”, le carni provenienti unicamente dalla Macelleria Brianti di Medesano (altro comune della bassa parmense) e i funghi solo nostrani e di stagione. A tutto questo, si aggiungono vere e proprie chicche, su tutte: lo Zafferano dell’Aquila DOP (uno dei più rinomati a livello nazionale e non solo) e il Parmigiano Reggiano 100 mesi della pregiata razza Bianca Modenese. Protagonisti del menù, tra gli antipasti, oltre ai già citati salumi da accompagnare con l’ottima torta fritta, troviamo le quiche e le torte salate di verdure, gli sformatini di parmigiano e le fette di polenta alla piastra con Spalla di San Secondo e mostarda prodotta in proprio con essenza di senape. Tra i primi, da segnalare le tagliatelle fatte in casa con ragù di pasta di salame e parmigiano, i tortelli d’erbetta, tortelloni ripieni di faraona, oltre a un piatto del giorno, che viene sempre proposto fuori menù. Riguardo i secondi, invece, i piatti forti sono la trippa di vitello alla parmigiana, la tagliata d’anatra al Grand Marnier e il salame fresco fritto, ovvero pasta di salame giovane affettato, sfumato con vino bianco e fatto saltare in padella. A questo, si aggiungono le serate a tema, come quella con protagonista la carne di Wagyu (la nota e apprezzata razza bovina giapponese), e proposte fuori menù, che spesso includono anche opzioni a base di pesce, come il polpo arrosto su letto di crema di patate viola.
Paradiso del Sapore
Ci spostiamo nell’area nord della bassa, quella a ridosso del fiume Po, oltre il quale si sconfina in Lombardia. È qui che si trova Zibello, località nota per il famoso culatello, e proprio nel suo centro storico, sotto i portici di Piazza Garibaldi, c’è un piccolo locale che è sia bottega che osteria. All’interno del Paradiso del Sapore, l’occhio è subito attratto dalle file di insaccati appesi a pareti e mensole e dai tanti prodotti esposti sugli scaffali in legno che danno un’impronta rustica all’arredamento. Ovviamente, i salumi che sono protagonisti dell’offerta culinaria, a partire dal pregiato Culatello di Zibello proposto in taglieri che includono altre specialità del territorio, come il Parmigiano Reggiano con gocce di Aceto Balsamico di Modena e una torta fritta alla sua massima espressione (un perfetto connubio tra friabilità e fragranza, golosa senza risultare mai unta). Al Paradiso del Sapore trovano però spazio anche primi della tradizione, come gli anolini in brodo, i tortelli alle erbe o le tagliatelle al ragù di strolghino. Tra i secondi, immancabili i bolliti e la trippa, con la carne regina assoluta, anche in altre interessanti proposte, come lo stinco di maiale al forno con patate della casa e le grigliate proposte settimanalmente con delle serate a tema. A completare il tutto, una buona selezione di dolci di produzione propria e una carta dei vini di tutto rispetto.
Parma, città patrimonio Unesco per la gastronomia
Dalla bassa ci spostiamo al cuore del territorio. Parma è nota come città ducale, con la sua storia legata alla creazione dell’omonimo Ducato da parte di Papa Paolo III (1545), e lo è anche per essere sede di una delle università più storiche del nostro paese. In anni più recenti, però, il nome della città si è però legato soprattutto al suo ricco patrimonio enogastronomico e a quella cultura del mangiar bene, che, come abbiamo detto all’inizio, le sono valsi il riconoscimento di “Città Creativa Unesco per la gastronomia”. Titolo che, insieme alla recente investitura come “Capitale italiana della cultura 2020”, le ha portato una notorietà a livello internazionale, al punto da renderla, insieme alla sua provincia, meta turistica ideale per buongustai in cerca di posti dove assaporare le specialità più note. Andiamo a conoscerne, qui di seguito, alcuni.
Osteria del Teatro
A pochi passi dal Teatro Regio, affacciata su piazza San Bartolomeo, ecco questa osteria tipica parmigiana dallo stile tradizionale e con un ambiente interno pieno di richiami a Giuseppe Verdi, figura iconica della città, e alle sue opere. Il menù vanta una proposta davvero ricca, che sa esaltare le specialità tipiche del territorio anche in vesti inconsuete. Se i taglieri di salumi sono capisaldi, tra le sfiziosità trovano spazio anche lo squisito tortino di zucca bruciata su vellutata di gorgonzola, o l’ottimo flan di funghi porcini di Borgotaro, servito con vellutata di patate rosse di Rusino e culaccia croccante. Tra i primi, oltre a tortelli e anolini, ci sono i risotti (da segnalare quello con porcini, asparagi e culatello), ma anche gli gnocchi alla zucca su vellutata di zola e porri croccanti e l’ottima Zuppa Don Peppone, a base di zucca, lamelle di funghi porcini e crostini di pane nero al rosmarino. Come secondi, si spazia dal guancialino di maiale brasato al Lambrusco alla millefoglie di manzo con crema e lamelle del pregiato tartufo nero di Fragno, fino alla cosiddetta Trilogia di Sua Maestà il Maiale, un piatto che include assaggi di cotechino, zampone e prete (taglio del muscolo anteriore del suino). Notevoli anche i dolci della casa, tra cui la piastra al cioccolato, una sorta di millefoglie, con lastre d’impasto cioccolato e nocciole alternate a strati di mousse al cioccolato al latte e confettura di lamponi. Una nota di colore nel servizio, con dischi di vinile 33 giri usati come sottopiatti, per rifarsi all’atmosfera verdiana del locale.
La Filoma
Restando sempre nel cuore di Parma, e più precisamente in Borgo XX Marzo, troviamo un altro locale storico della città. Si tratta de La Filoma, presente sin dagli anni venti del 1900 con lo stesso nome, dedicato alla signora Filomena, moglie di Augusto Cacciamani colui che nel 1915 rilevò questa vecchia osteria, dandole l’impronta che tutt’oggi conserva. Una continuità garantita dagli attuali titolari, la soprano Antonella Manotti e suo marito Alessandro Zoppi, che si occupa in prima persona della cucina. La proposta gastronomica è improntata alla tradizione, con primi piatti tutti di pasta fresca impastata e tirata a mano, come una volta, tra cui tortelli d’erbetta, cappelletti in brodo di manzo e cappone, lasagne al ragù di strolghino e pappardelle ai funghi di Albareto. Tra i secondi spiccano, invece, la punta ripiena, lo stracotto di manzo con polenta al parmigiano e il rollè di coniglio con verdure pastellate. Ma una menzione speciale la meritano anche gli antipasti, con gli immancabili taglieri di salumi, cui si aggiungono proposte sfiziose e accattivanti, quali lo strudel di verdure guarnito con veli di culatello o lo sformato di parmigiano, con porcini trifolati e avvolto da una corona di prosciutto crudo. Tra i dolci, da non perdere il semifreddo La Filoma, una sorta di millefoglie con crema di zabaione e chantilly, impreziosita da perle di cioccolato.
La missione di proporre una cucina tra tradizione e innovazione con l’eleganza di un locale che si rifà ad atmosfere da belle epoque parigina è perfettamente compiuta!
Osteria I Tre Porcellini
Restiamo nel cuore della città ducale, tra i vicoli che conducono verso il centro cittadino. Qui, in Borgo del Correggio 60, c’è un grazioso locale che ha raccolto l’eredità di una vecchia osteria tipica. Si tratta de I Tre Porcellini, la cui nuova gestione ha dato (a partire dal 2001) un’impronta nuova. Se la tradizione la si ritrova soprattutto nella selezionata qualità dei salumi protagonisti dei vari taglieri, nel menù c’è anche tanta innovazione. Restando agli antipasti, trovano infatti spazio i formaggi, con ad esempio una selezione di erborinati da piccole produzioni locali, oppure il piatto la burrata e il mare, che dà modo di accompagnare alla burrata pugliese una specialità ittica a scelta tra alici marinate, filetto di sgombro o salmone selvaggio affumicato.
Tra i primi, se anolini e tortelli tengono saldo il vessillo della cucina classica parmigiana, gli spaghettoni cacio e pepe rappresentano la volontà di dare spazio anche ad altre eccellenze della cultura gastronomica italiana. Riguardo i secondi, oltre alle proposte di carne, che vanno dalla tagliata di manzo romagnolo bio a quella di maialino nero iberico, con spazio anche a roast-beef e tartare, c’è sempre un’opzione vegetariana, come l’hamburger di verdure. Restando in tema, gli hamburger sono protagonisti di una sezione a parte del menù: i Tre Porcellini ne propongono una discreta e accurata scelta, tra cui il Maledetto Toscano (con spallaccio toscano croccante alla griglia), il Barba Blu (con toma blu, insalata e miele d’acacia) e il Devil Man (manzo di razza marchigiana, pancetta, cipolla caramellata e pasta di peperoncino piccante). Chi lo gradisce, può provare anche una delle pizze gourmet, con impasto di farina di grani antichi bio, cereali 100% italiani e lievito madre: si va dalla classica margherita alle Antica Parma (con prosciutto crudo 36 mesi da allevamento all’aperto) e Re della Bassa (con Culatello DOP e scaglie di parmigiano), che rendono omaggio al territorio.
Queste, dunque, le nostre proposte su dove mangiare tra Parma e provincia, un territorio che è culla di prodotti enogastronomici d’eccellenza e, soprattutto, di quella cultura del fare le cose a mano, simbolo di genuinità e di un saldo legame con la tradizione. Conoscete altri locali, ristoranti e osterie che vi sono rimaste nel cuore?