Gettare un’aragosta viva in acqua bollente pare sia il modo migliore, se non l’unico, per gustarne le carni, anche se recentemente questa pratica violenta è stata messa in discussione, ad esempio in Svizzera. Che cosa ci bevete insieme? Penso una buona bottiglia di Chablis da almeno 200 euro, di meno sarebbe un’offesa a tutta la sofferenza provata dal povero crostaceo.
Battute a parte, che cosa esce dal magazzino della vostra memoria se pensate ad Aragosta e Chablis? I vostri neuroni amazoniani cosa stanno trasportando fuori da scaffalature polverose? Forza, forza…
Ma gli androidi sognano pecore elettriche: adesso avete la connessione? State attenti a come rispondete, perché potreste essere individuati come androidi, ovvero replicanti, e essere ritirati dall’infaticabile Rick Deckard, alias Harrison Ford, o viceversa.
Ma gli androidi sognano pecore elettriche: il test dell’aragosta
Vi sto parlando del grande libro di Philip Dick, Ma gli androidi sognano pecore elettriche, uscito nel 1969 che nel 1982 è stato portato sugli schermi come Blade Runner da Ridley Scott (nel 2017 il sequel di Denis Villeneuve). “Sta leggendo un romanzo scritto ai vecchi tempi, prima della guerra. I personaggi sono al Fisherman’s Wharf di San Francisco. Hanno fame e così entrano in un ristorante famoso per il pesce. Uno di loro ordina una aragosta, e lo chef tuffa il crostaceo in una pentola d’acqua bollente sotto gli occhi di tutti”, questo uno dei passaggi del test di Voigt-Kampff che Deckard usa per smascherare gli androidi (replicanti). Rachael risponde: “Che orrore! Facevano davvero così? Che perversi! Ma davvero una aragosta viva?”. Se avete visto il film, e magari anche il suo recente sequel, e non avete letto il libro da cui tutto questo nasce precipitatevi in libreria e compratelo. Non ne rimarrete delusi.
[elementor-template id='142071']È diverso dal film: ci sono almeno un paio di aspetti che in Blade Runner sono stati espunti completamente. D’altra parte, Philip Dick in una intervista disse che se si fossero dovuti sceneggiare tutti gli intrecci del libro di film ce ne sarebbero voluti due o tre. Ma leggendolo coglierete ancora meglio il significato del film, e di certo non vi annoierete.
Nella stessa intervista che ho citato, Philip Dick parla di quella che è stata la sua idea, “una delle poche idee originali con cui ho contribuito alla fantascienza, ossia che un tizio possa essere un androide senza saperlo”. Ne aveva parlato per la prima volta in un suo racconto del 1953, Impostore, e in seguito in Le formiche elettriche. Due testi indimenticabili. Oltre a questi, Philip Dick ha scritto numerosi romanzi. Il più memorabile è, secondo me, UBIK, del 1969.
Per chi è uno scrittore come Philip Dick? Per chi ama la fantascienza, è ovvio. Ma anche per coloro a cui piace precipitare da una irresistibile comicità alle più serie problematiche esistenziali quasi senza accorgersene.